TRIVELLI Fiorenzo (Fratello) - Italia
Bene Lario - Grandola ed Uniti, 14 dicembre 1940 - Carate Brianza, 23 febbraio 2021 (Italia)
Dall’omelia di P. Piero Trameri scj, Vicario Regionale...
"Siamo stati tutti chiamati –preti, consacrati e laici– a lavorare nella vigna del Signore. E ognuno è stato chiamato quando a Lui è piaciuto o quando Lui deciderà.
Fiorenzo è stato chiamato dal Signore di buon mattino, all’alba della sua vita, a 14 anni, a lavorare nella vigna del Signore. Prima a prepararsi, in seminario, a Colico e a Monteporzio, ad affinare la tecnica e lo stile di chi lavora per Lui. Stile che è sembrato da subito quasi innato in Fiorenzo, preparato dall’educazione semplice e solida ricevuta in famiglia. Lo stile descritto da Paolo nella Lettera ai Colossesi: “Rivestitevi (mettetevi addosso, come un vestito) sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità... la magnanimità di chi ha un cuore grande” (Col.3, 12-17)... A giudicare dai tantissimi messaggi ricevuti da confratelli e amici in questi giorni, posso dire che tutti hanno intravvisto e sottolineato questi tratti della persona di Fr. Fiorenzo. E penso sia per questo che tutti lo ricordano con tanto affetto.
Dopo la prima ora, dopo il periodo di formazione, Fr. Fiorenzo ha poi continuato a lavorare sodo nella vigna del Signore, tutte le ore della giornata della sua vita; e non solo in ambito spirituale e comunitario ma anche in modo concretissimo e pratico, viaggiando col suo trattore tra i filari della vigna e lungo i pendii dell’uliveto dell’azienda agricola della comunità di Monteporzio, che è diventata ed è sempre rimasta la sua casa del cuore. Nemmeno un terribile incidente d’auto, a 24 anni, con inevitabili conseguenze sul suo fisico, lo ha fermato. Ed ha lavorato senza pretendere più di un soldo dal Signore, rispetto a chi aveva lavorato un’ora sola. Senza pretendere particolari riconoscimenti ma gioioso di stare in comunità, di contribuire con il suo lavoro agli studi dei confratelli che si preparavano al sacerdozio. Felice di essere, come San Francesco, “fratello di tutti”, chiamato a ricordare anche ai confratelli preti il valore della comunità, della vita fraterna, valorizzando la sua vocazione specifica di “fratello”, tanto cara anche a San Michele Garicoïts, il nostro Fondatore. Il Signore lo ha chiamato a dare il suo aiuto discreto e fattivo anche in altri campi: come sacrestano al Santuario della Caravina, qui vicino... ad Albiate come aiuto nella casa d’accoglienza... e, pensate, anche in missione, lontano, in un posto sperduto della pampa argentina, a El Cimarron, ad aiutare un missionario d’altri tempi, burbero e piuttosto severo, ad accudire e a cercare di educare una schiera di ragazzini affamati di pane e di tenerezza, dove di certo Fiorenzo ha portato con dignità il vestito disegnato da San Paolo, indossato fin dalla prima ora e diventato la sua divisa.
Dopo i sessant’anni, Fiorenzo ha continuato ancora a servire il Signore: a Roma prima, in Casa Generale, svolgendo con semplicità e spirito di servizio tutto quanto richiesto dalla comunità, e soprattutto accogliendo, con la delicatezza e l’attenzione che gli erano proprie, tutte le persone –amici, confratelli, parenti, visitatori– che accompagnava con entusiasmo e competenza a gustare le bellezze della città eterna.
La missione, per la quale era stato chiamato fin dall’alba, Fiorenzo ha continuato a portarla avanti con lo stesso stile anche nelle ore della sera delle sua vita. Prima nell’amata Monteporzio, vicino con il cuore e il sorriso ai malati di aids, e poi ad Albiate per curare il proprio fisico stanco e per prepararsi a ricevere dal Signore il soldo promesso a tutti, perché generoso e buono come lui. Si è abbandonato nelle braccia del Signore, nei lunghi giorni della degenza all’hospice, senza un solo lamento e dicendo sempre a chi lo veniva a trovare: “tutto bene! E voi come state?”
Grazie, Fiorenzo. Voglio ringraziarti a nome di tutti noi, in particolare il Superiore Generale e Regionale e tutti i tuoi confratelli, per la tua limpida testimonianza. Mi pare di aver viste realizzate in te in maniera particolarissima le virtù del Sacro Cuore tanto care alla nostra dottrina spirituale: “disponibilità e obbedienza assoluta, perfetta semplicità e inalterabile mitezza”. Grazie del tuo esempio.
Ti ringrazio anche a nome dei tuoi nipoti -me lo permettete?– che ho visto tanto affezionati al loro zio (...).
Ti ringrazio anche a nome dei tuoi paesani di Bene Lario, il paesello natio indimenticato e da te tanto magnificato: mi pare ancora di sentire il tuo racconto sulle prodigiose ciliegie maturate già a marzo o aprile in virtù delle carezze di un sole speciale o il racconto delle scorribande sul lago ghiacciato del piano. Segni anche questi del tuo amore per la creazione e per il suo e tuo Creatore.
Ti ringrazio a nome dei nostri Missionari, che mi hanno scritto parole bellissime di saluto e di stima e riconoscenza nei tuoi confronti.
Ricordati ora, nell’ora della festa in mezzo ai filari della vigna del cielo –lascia stare il trattore e riposa– ... ricorda al Signore tutti quelli che ti hanno conosciuto e apprezzato... ricordati di noi, dei tuoi amici per i quali rimani sempre, “simpaticamente”, il nostro Capo."
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