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28/12/2021

TAPIE Jean (Padre)

Tarbes, 26 agosto 1926 – Bétharram, 2 novembre 2021 (Francia)

P. Jean Tapie scj

Dall’omelia di P. Jean-Luc Morin,
Superiore Regionale,
per le esequie di P. Jean Tapie

La storia di P. Jean Tapie è quella di un uomo, di un fratello, di uno zio e d’un prozio, d’un Padre di Bétharram, legato alle sue radici bigordine e, più profondamente, alla sua famiglia. Cresciuto all’ombra del tribunale, appassionato ascoltatore di udienze pubbliche, di cui ne ha conservato il gusto per l’eloquenza e l’abitudine ad imparare a memoria le omelie. Tuttavia, il giovane Jean Léon difenderà la migliore delle cause: intercedere presso Dio a favore degli uomini e perorare la causa degli uomini presso Dio. Divenuto betharramita, amerà tornare nella sua Betania di Tarbes, per coltivare i vincoli di affetto.

Come religioso, P. Tapie era l’uomo della fedeltà e dell’obbedienza. Fedele alle sue origini, fedele nell’amicizia, fedele soprattutto alla sua consacrazione: 70 anni di professione, 65 anni di vita religiosa, e sempre questo entusiasmo degli inizi, questa capacità di non soffermarsi mai su se stesso e di cercare costantemente di guardare in alto, e volgere i cuori verso Dio, l’Amico, il Solo. Fedele alla preghiera della Chiesa, sul suo letto di dolore il suo breviario rimaneva aperto. E quando gli mancavano le parole, indicava il soffitto con sorprendente energia. “Dio sa. Dio fa. Dio tutto, io niente e al mio posto”, come diceva San Michele. Perché aveva la fede incastonata nel suo corpo, accettava tutto, si abbandonava al Padre con gioiosa semplicità e vivacità.

Obbediente, non discuteva gli ordini, ma li eseguiva: aveva il senso del dovere e una dedizione esemplare. Era proprio dove Dio voleva che fosse. È stato responsabile della disciplina presso i Collegi di Bétharram e di Limoges, poi cappellano del MEJ (Mouvement Eucharistique des Jeunes. Il MEJ è un movimento cattolico di educazione umana e spirituale. Il progetto educativo si fonda sullo sviluppo integrale della persona affinché ogni giovane possa fare sintesi tra la vita e la fede) e poi dei Carmeli (per molti anni, in momenti diversi, nei Carmeli di Nazareth e di Betlemme). La missione non aveva importanza: l’importante era servire, anche in posti poco apprezzati. Perché allora poteva mettere più amore nel dedicarsi ai compiti meno piacevoli: un amore vissuto, più che proclamato, a furia di lottare contro se stesso. Preciso e vivace di natura, a volte poteva apparire tagliente o pignolo; era perché era desideroso, più di ogni altra cosa, di dire e fare bene. Aveva il pudore dei suoi sentimenti, e una libertà sorprendente quando parlava dei sentimenti di Dio: della sua bontà, della sua tenerezza, della sua misericordia...

Da quando si è ritirato a Bétharram nel 2007, P. Tapie è stato un po’ l’uomo della Maison-Neuve, lo spirituale dell’EHPAD (“Établissement d’Hébergement pour Personnes Âgées Dépendantes” - Residenza Sanitaria Assistenziale). Dalla preghiera attingeva le grazie di un ministero di carità vissuto nel quotidiano. Non aveva bisogno di uscire per interessarsi degli altri. Nella sua stanza, abbiamo trovato un quaderno di scuola pieno di appunti su argomenti tanto diversi come i cristiani in oriente, il diabete, la riproduzione assistita, la maternità surrogata e i divorziati risposati... Viveva la cura pastorale con ammirevole diligenza e delicatezza: nato sacrestano, nominato confessore, amava visitare gli ammalati, amministrare i sacramenti, onorare il primo venerdì del mese. Aveva poche relazioni all’esterno, tranne i suoi cari che gli hanno fatto un ultimo e più bel dono: celebrare il primo battesimo di una pronipote a 95 anni, nel Santuario.

“Sono sempre stato felice e non ho rimpianti”, ha ripetuto P. Tapie alla fine della vita. Così se n’è andato, felice, in pace, nonostante la malattia. Vedeva la sua fine come il ritorno a Dio, l’incontro tanto atteso, il compimento del suo eccomi. Ultimamente ho fatto visita al mio vecchio Surge (abbreviazione di “Supervisore Generale”), catechista per breve tempo, confratello discreto e Padre benevolo. Appena tornato dall’ennesimo ricovero, mi confidò, con gli occhi lucidi: “Ciò che non posso fare, lo farà Dio. Se la sbrighi Lui! Facciamo quello che possiamo, al resto penserà lui. Oh ragazzo, se non capisco, pazienza! È più intelligente di noi. Sono in buone mani”. Cos’altro possiamo chiedere per noi? La sua umiltà, la sua fiducia, questa obbedienza per amore...

Ecco. È stata la nostra storia con P. Jean Tapie, la sua storia santa ora rivelata, celebrata. Ha servito, appassionatamente, ha creduto intensamente. Ora sa, vede, vive nella gioia del suo Maestro. La prima lettura ci aveva avvertiti: Coloro che sono fedeli rimarranno con lui nel suo amore, perché Dio concede grazia e misericordia ai suoi eletti. Ci conceda, a nostra volta, di essere uomini e donne di fede e di carità concreta. Come Michele Garicoïts, Miriam Baouardy e il nostro caro P. Tapie!!

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