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15/07/2015

La Regola vissuta

Di nuovo, l’obbedienza

La Regola vissuta

Ancora gli articoli 64 e 65! Perché tanta insistenza? San Michele in persona ci risponde: “Sotto pena di rinnegare la nostra professione di Preti ausiliari del Sacro Cuore di Gesù e di schierarci sotto la bandiera di Satana, tutto, nella nostra condotta deliberata, deve rispondere allo Spirito Santo e ai nostri superiori: ‘Eccomi’” (DS). La dottrina sull’obbedienza del nostro fondatore è rigorosa come quella di Sant’Ignazio, commenta P. Duvignau, ma non dimentichiamo che “l’obbedienza religiosa, lungi dal diminuire la dignità della persona umana, la conduce a maturità” (Perfectae Caritatis). Tuttavia questa rubrica vuole raccontare il vissuto dei nostri fratelli. Il vissuto? Eccolo!

P. Osvaldo Caniza scj, 24 anni di professione religiosa

L’unica parrocchia rurale del Vicariato del Paraguay è situata nella Colmena, Dipartimento di Paraguarí, a 130 km dalla capitale del Paraguay. È qui che svolgo la missione, che mi è stata affidata dall’obbedienza religiosa. Visito le 29 comunità cristiane, con il cuore animato da una totale fiducia nella grazia di Dio, cercando di scorgere negli avvenimenti e nelle persone le chiamate di Dio, sotto la protezione di san Francesco Saverio, patrono della Parrocchia.
Come sacerdote betharramita, ormai da 19 anni vivo giorno per giorno con ferma volontà la fedeltà all’ “Ape aime”; mi sforzo di rispondere con gioia alle esigenze della fede, lasciandomi sorprendere per tutto quello che ancora il Signore mi fa scoprire lungo il cammino, approfondendo la mia vocazione al servizio dei sofferenti esistenziali della zona rurale.

Nei miei itinerari di pastore attraverso i sentieri di campagna, accompagno i malati, specialmente donne e uomini anziani, che con tanta umiltà e semplicità si rivolgono al Signore con profonda devozione. Rimango impressionato nel vedere la loro forte esperienza di fede e questo mi aiuta giorno per giorno a rafforzare la mia fedeltà alla preghiera e lo zelo verso la missione che i superiori mi hanno affidata. In questo modo avanzo con sempre maggiore sicurezza e decisione lungo il cammino del servizio al prossimo che vive nella periferia e nell’abbandono rurale. In questo servizio c’è solo bisogno di parole semplici, come ci insegnano la Vergine Maria, nostra Madre, e il nostro Padre Fondatore, San Michele Garicoits, parole che sono state la loro risposta alla chiamata del Signore: “Eccomi”.

 

P. Stervin Selvadass scj, 16 anni di professione religiosa

È così bello ripetere questa parola di Dio: “L’ obbedienza è meglio del sacrificio”. Mi rendo conto che l’obbedienza evangelica rappresenta sempre una sfida. Come giovane prete, ho sentito questo in modo forte in due momenti del mio ministero sacerdotale. La prima volta, quando, dopo aver terminato il corso per formatori, mi è stato chiesto di andare in Inghilterra, in una parrocchia. Poi quando, rientrato in India, mi è stato chiesto di andare in Francia. Era così difficile, in quei momenti, discernere la volontà di Dio. Ero confuso. Ho messo in dubbio lo scopo della mia formazione. Ma ho sempre risposto in modo positivo e sono rimasto disponibile nei confronti dei superiori. In questa situazione, ecco uno degli insegnamenti che ho tratto: “L’obbedienza che nasce dal cuore, richiede qualche sacrificio. Il sacrificio non rappresenta un problema per chi sa quanto grande è la generosità di Dio”. Sì, è il Signore che, nella sua generosità, mi ha chiamato e consacrato nella famiglia di Betharram per essere al servizio della Chiesa.

La mia risposta positiva e la missione affidatami, mi hanno sempre incoraggiato a prendere seriamente in considerazione i talenti che il Signore mi ha dato per metterli gioiosamente al servizio degli altri. Non è stato facile. Come dice la nostra Regola di Vita, questo ha accresciuto il mio desiderio di essere fedele e gioioso senza preoccuparmi del successo. Mi sono care le parole di Madre Teresa: “Ricerchiamo la fedeltà e non il successo”. Sì, l’obbedienza evangelica continua a nutrire la mia gioia e la mia fedeltà.

 

P. Jean Tapie, scj, 69 anni di professione religiosa

Regola vissuta ? Uno stato d’animo.

Passato dal Liceo di Tarbes al noviziato nel gennaio 1945, ho seguito il curriculum betharramita; non me ne sono mai pentito, nemmeno per un millesimo di secondo.

Ho trascorso 3 anni allo scolasticato di Betlemme, quasi 30 anni nei nostri collegi di Betharram e di Limoges, e quasi 30 anni nelle nostre residenze di Betlemme e di Nazareth, come cappellano delle Carmelitane, e occupandomi dell’accoglienza dei pellegrini.

Per tutta l’eternità ringrazierò il Signore di avermi fatto vivere per 30 anni nella sua terra.

Ho fatto la spola tra le nostre due residenze di Nazareth e Betlemme, secondo le necessità. Ed ecco che un giorno qualcuno mi ha posto la domanda : « Insomma … abiti a Nazareth o a Betlemme ? » - « Senti, non so cosa dirti. I miei Superiori non sanno dove collocarmi … »

Dio non mi ha mai chiesto il mio parere. Sa cosa è meglio per noi, e quando. Lasciamoci condurre : sia fatta la sua Volontà ; molto semplicemente. – F.V.D: qui c’è tutto.

Ho 89 anni. L’età della … « retraite ». A Betharram.

E dopo ? Recentemente , il Signore mi ha detto : « Sto ricevendo molte persone. Puoi venire anche tu; vedrai: vale la pena traslocare. » - D’accordo.
« Avanti », sempre !

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