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14/10/2015

Vita della Congregazione

Expositus

Vita della Congregazione

La Repubblica Centroafricana ha conosciuto in questi ultimi anni una crisi politica che ha precipitato il paese, già fiaccato da una situazione difficile, verso un livello ancora più basso di povertà. In questi giorni, dopo un periodo di calma apparente, alcuni episodi di violenza sono di nuovo scoppiati a Bangui, la capitale. La gente ha cercato rifugio nelle parrocchie. Come la popolazione del paese, anche le nostre tre comunità di Bouar e Niem sono esposte e vulnerabili, ma fratel Angelo Sala scj, ripartito solo alcuni giorni fa alla volta del Centrafrica, ci ricorda che Bétharram è presente proprio là dove altri, forse, non vorrebbero ritornare.

Il tutto ha avuto inizio la notte dal 25 al 26 settembre, quando un giovane musulmano è stato ucciso in un quartiere della capitale e il suo corpo è stato portato alla moschea centrale di Bangui. Questo fatto ha acceso la scintilla che ha scatenato nuovamente gli scontri tra musulmani e cristiani.

Credo sia bene precisare che la crisi non è religiosa, ma solo una scusa per approfittare di queste condizioni di mancanza di sicurezza e di una presenza affidabile da parte delle istituzioni governative per far emergere le armi nelle strade e darsi a un saccheggio globale, seminando il panico tra la popolazione.

Purtroppo, non si può negare che, questi ultimi eventi che si sono verificati, sono il segno che gli ideali evangelici non sono penetrati profondamente nel popolo centrafricano al punto da cambiare le loro reazioni. Questo però non ci deve portare a un senso di scoraggiamento, ma ci deve dare la forza di trovare nella fede e nella speranza una fonte di entusiasmo e una motivazione in più per restare e continuare la nostra opera di evangelizzazione.

I religiosi della nostra congregazione, si trovano a operare in una situazione difficile. Dobbiamo farci carico dei bisogni della popolazione, viaggiare su strade dove non esiste sicurezza, con il timore di essere fermati e depredati della vettura e del denaro. La difficoltà di reperire gli alimenti, di rifornirci di carburante per il funzionamento dei gruppi elettrogeni e per le auto, la difficoltà di far arrivare i farmaci, soprattutto gli antivirali, che sono indispensabili, nel nostro centro “St Michel”, per i 750 pazienti che seguiamo quotidianamente. In questa situazione sociale molto fragile è spesso difficile avere uno sguardo di speranza. La domanda è dunque la seguente: “perché restare”?

È chiaro che il nostro compito non è facile, soprattutto quando il male e la morte sembrano sopraffare la speranza di un cambiamento, ma noi abbiamo deciso di restare accanto alle comunità cristiane e alle persone appartenenti ad altre confessioni ed etnie perché, come ci ricorda spesso Papa Francesco, la Chiesa deve mettersi al servizio dei più poveri e delle persone che soffrono.

Come religioso bétharramita, non posso negare che più volte ho pensato a S. Michele e al suo voler un campo volante di preti e religiosi pronti ad andare in quei luoghi dove altri rifiutavano di andare.

Personalmente non avrei mai immaginato che la vita religiosa potesse chiamarmi a vivere situazioni del genere, dove percepisci che la tua scelta è messa a dura prova.
Tutto quello che stiamo vivendo in Centrafrica in questo momento, va visto nel mistero della croce di Cristo morto e risorto, che ci chiama a rispondere con un grande amore verso il prossimo.

Il nostro obiettivo primario è quello di continuare ad annunciare il Vangelo in questa giovane chiesa, per cercare di radicare nei cristiani e in tutto il resto della popolazione, composta da differenti confessioni ed etnie, i valori fondamentali di pace, di onestà, di giustizia e di verità. Questi fondamenti sono indispensabili per promuovere un dialogo e una convivenza pacifica tra le diverse religioni e gruppi etnici e possono portare a una coesione sociale che è la chiave per costruire un futuro migliore per il popolo centrafricano.

Angelo Sala scj

La missione continua grazie all’aiuto dei laici volontari:
In questi giorni è in partenza il prossimo container dall’Italia a destinazione di Bouar e Niem

“Cosa mandiamo” ? Padre Piero invia cose necessarie come le attrezzature di ogni tipo, attrezzature ospedaliere, attrezzature di arredo, materiale edile, ecc...
Noi del Gruppo Arcobaleno lo sosteniamo inviando materiale didattico, materiale sanitario, indumenti selezionati e prevalentemente da bambino e soprattutto rispondiamo alle singole richieste dei missionari:
* Ad esempio Fr. Angelo ci fa sempre la lista delle cose che servono al Centro di cura St Michel (le cose più varie che spaziano dalle puntine da disegno, alle cucitrici, alla carta per stampare, articoli da cancelleria, fino ai detersivi, disinfettanti e alla gelatiera; quest’anno ad esempio mi ha chiesto se riesco a trovare anche qualche biberon per i bimbi che perdono la mamma e devono essere sfamati con il latte artificiale, poi sono sempre graditi gli sciroppi, gli antibiotici. Più difficile ma molto utili gli antivirali...
* Padre Arialdo predilige il materiale didattico, cappellini e palloni e il caglio per fare il formaggio che gli forniamo ogni anno... .
* Padre Beniamino, oltre al materiale didattico, è felice se riusciamo a recuperare qualche strumento musicale come ad esempio le pianole o le chitarre. Serve anche qualche vestitino da neonato per il progetto delle ragazze madri e qualche gioco di intrattenimento per il centro giovanile.
Noi del gruppo missionario prepariamo tutto perché sia pronto per essere caricato sul container (pacchi pesati, catalogati con numero, descrizione sintetica e descrizione generica). Molti altri volontari aiutano portando tante altre cose da inscatolare. Quando arriva Padre Piero a prendere con il furgone i nostri pacchi qui è festa, sembra di essere in Africa, i bambini vogliono aiutare e c’è tanta gioia...

Paola Ruele
(Gruppo Missionario Arcobaleno, Provincia di Trento)

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