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14/10/2015

La Regola vissuta

Attorno a Cristo Maestro

La Regola vissuta

Un momento di distensione? Ebbene, l’Orto degli Ulivi! Sì, ma tutti i discepoli si addormentano… Un momento di comunione? L’Ultima Cena!… Certo, ma il tradimento è in agguato. Vuol forse dire che anche i momenti di fraternità con il Cristo Maestro non sono mai perfetti?

La pozione magica della fraternità non esiste. Infatti non si può contare sulla magia, ma sullo sforzo, la pazienza, le piccole conversioni, quelle legate alla propria natura e a quelle del fratello, per far nascere e assaporare la gioia della fraternità.

 

Una volta, quando ero laico militante nella JuBe che si stava formando a Barracas, Buenos Aires, stavamo parlando di “amicizia e fraternità”. Fummo invitati quindi a scegliere un testo biblico che esprimesse qualcosa di noi stessi. Io scelsi questo testo: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto” (Rm 12,15). In quel periodo avevo molti amici (diversi dei quali conservo tuttora). Inoltre, avevo già subito la perdita di alcune persone care e avevo fatto esperienza del pianto e del lutto … Mi identificavo con quel testo e l’ho scelto. Alcuni mi dissero che avevo fatto quella scelta perché ero una persona gioviale e che questo modo di essere aveva a che fare con il Vangelo.. Non l’ho mai dimenticato, e mi proposi di viverlo con intensità.

Di fatto, oggi godo della compagnia di persone allegre, e sempre pronte allo scherzo… mi ritengono un tipo “tranquillo”, però riconosco che nel mio cuore c’è un bambino che si diverte con “i pagliacci e i giocolieri della vita”. Per questo ho vissuto momenti di grande allegria durante incontri, raduni, durante le uscite comunitarie: ho avuto occasioni per ridere e divertirmi.

Ho anche imparato che c’era un altro aspetto delle persone: quello che esige silenzio interiore, ascolto, rispetto. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di essere testimone del pianto di guarigione di molti religiosi e laici, che hanno così lasciato spazio alla consolazione dello Spirito Santo. Nel colloquio personale, infatti, emergono le ferite, le frustrazioni, i traumi, le strade sbagliate su cui ci siamo incamminati senza sapere troppo bene il motivo: però tutto questo è ancora lì e fa ancora male (o hanno fatto soffrire molti altri…).

Mi ricordo che in teologia, qualcuno una volta mi aveva detto: “Eri un ragazzo così allegro prima, e ora ... “. Quel commento mi ha preso alla sprovvista. Qualcosa in me era cambiato ... almeno per gli altri. Ero rimasto prigioniero di un’immagine esteriore apparentemente molto seria. Nascondevo molto di me stesso , pensando che alcuni tratti umani dovevano morire con “ il mio uomo vecchio “ (cfr Ef 4). Per fortuna, troviamo sempre alcuni “ profeti”, che ci aiutano a salvare la parte più genuina di noi stessi. Per me sono stati i miei formatori, i miei fratelli e alcuni laici qualificati.

Articolo 101
Affinché la nostra vita comunitaria sia vera e dia testimonianza, ogni membro della comunità si senta responsabile del clima di carità fraterna, necessaria all’equilibrio e alla piena maturazione dei religiosi.
La comunità è luogo di comunione, «dove le relazioni appaiono meno formali e dove l’accoglienza e la mutua comprensione sono facilitati. Si riscopre anche il valore divino ed umano dello stare insieme gratuitamente, come discepoli e discepole attorno a Cristo Maestro, in amicizia, condividendo anche i
momenti di distensione e di svago».

Articolo 104
La nostra comune vocazione, il rispetto delle persone e la fiducia reciproca, contribuiscono a superare le difficoltà legate a ogni vita comune. I gesti di perdono, le parole e i gesti di riconciliazione edificano la fraternità. Ognuno mette a servizio di tutti i doni e i talenti ricevuti da Dio.

Sì, quanto la comunità contribuisce ad assicurare l’equilibrio psico-spirituale-emotivo dei fratelli! È il fondamento su cui si costruisce la futura vita religiosa... Sanarsi porterà a non perdere il sorriso, la freschezza, la voglia di lavorare, e in qualche modo la stessa vocazione .

Ora, vorrei evocare quattro frasi di alcuni “eroi della mia vita”, che non ci sono più. I loro esempi di vita consacrata e alcune espressioni piene di saggezza, hanno lasciato in me un’impronta indelebile.
“Ehi, ragazzo, dire grazie mille è meglio che dire semplicemente grazie” (P. Juan Cravioti, scj).
“Quelli che si distinguono e sanno tenersi nascosti, vanno più lontano nella vita di quelli che stanno sempre sotto i riflettori…” (P. Barriuso, scj)
“Nella congregazione è povero, chi vuole essere povero …” (P. Darío Rodríguez, scj)
“Tu, va’ sempre avanti. Avrai pensieri cattivi fino alla tua vecchiaia. (P. Ceferino Arce, scj)

Come un’eredità immeritata, molte volte ho sentito questa saggezza trasformarsi in fraternità concreta. Con questo non voglio dire che Bétharram sia stato per me un paradiso. Conosco bene il calice della vita comunitaria. Ma posso affermare con convinzione, che il betharramita cordiale e gentile, che saluta ogni mattina e che dice “grazie mille”; che non guarda male il fratello, né mormora contro di lui, né complotta contro chi ha il ruolo dell’autorità (perché ha un’idea sana di se stesso e ama la posizione affidatagli dall’obbedienza); che dopo aver ricevuto tutto dalla comunità sa vivere in semplicità e scegliere determinate austerità per amore; che non si vanta della sua scienza, né della sua forza né delle sue qualità, ma “tiene a bada e modera i suoi desideri come un bimbo in braccio a sua madre” (Sal. 130): è lui che costruisce l’atmosfera di carità fraterna che ci siamo impegnati a vivere.

Questo fratello al quale non do nessun nome - è il grande artefice della gioia che ho vissuto in questi anni in Betharram. La gioia che Dio mi ha servito su un piatto, accompagnata da mate, tereré, caffè …(bevande tipiche dell’America Latina).

E l’altro? … Quello che mi ha reso la vita difficile, o che ho tradito con il mio modo di essere … Bene, anche di lui mi rallegro, perché esprime il realismo dell’incarnazione, che non fu estraneo al gruppo dei discepoli di Gesù. P. Joseph Mirande direbbe: “Questo è dei nostri, e ciò mi basta” (omelia).

Grazie, fratello difficile! Ti chiedo perdono: quando io sono stato difficile. Forse il miglior rimedio rimane Toujours content! di San Michele.

Gustavo Agín scj

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