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P Andrea Antonini
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14/12/2015

La Parola del Superiore Generale

La misericordia del Cuore di Gesù

La Parola del Superiore Generale

Papa Francesco nella cattedrale di Bangui e nella Basilica di San Pietro, e tutti i vescovi nelle loro rispettive diocesi, hanno aperto recentemente la Porta Santa, per dare inizio al Giubileo della misericordia. Tutti gli uomini possono incontrarsi con la persona di Gesù, il Verbo Incarnato, morto e risorto. In lui potranno riconoscere il volto misericordioso del Padre e sperimentare la tenerezza del suo amore gratuito.

Lungo quest’anno, San Michele Garicoïts può guidarci con il suo messaggio e la sua testimonianza mentre facciamo esperienza della misericordia. Ecco come la presenta:

Quale atteggiamento straordinario della Provvidenza! Dopo che la la legge naturale, che aveva scolpita nei cuori, ne è stata cancellata, l’ha scolpita su tavole visibili di pietra… Dà un re a questo popolo, che non accetta la sua signoria. Si offre, si adegua alla debolezza della sua creatura; la segue, per così dire, nella sua iniquità, e lì le presenta i frammenti di salvezza che è ancora in grado di afferrare, per condurla a salvezza.
Questo si vede soprattutto quando Dio, simile a una madre che si fa piccola e si china sul suo bambino, vedendo il cuore dell’uomo e tutto l’uomo diventato carne, si abbassa fino al fango della nostra carne, e si fa carne come lui, per elevare l’uomo fino a Dio: E il Verbo si fece carne
(MS 142)

Questa citazione di san Michele esprime bene cos’è la misericordia: Avvicinare il cuore alla povertà. Chinarsi, abbassarsi, inginocchiarsi davanti a chi è prostrato nella miseria per sollevare la sua umanità minacciata, per riscattarlo, per restituirgli la sua dignità. Il movimento parte dal cuore di Dio che si sporca (iniquità, il fango della nostra carne) e non teme il rischio di contagiarsi con la miseria alla quale è ridotto il cuore dell’uomo (che si è fatto carne, il fango della nostra carne). Da questa prospettiva, il mistero dell’Incarnazione è il mistero della misericordia.

Il Vangelo ci dice che Gesù, il Figlio di Dio, si annienta, non considera un privilegio l’essere uguale a Dio, si fa uomo; si inginocchia per lavare i piedi ai suoi discepoli; libera dai demoni, cura le malattie, perdona i peccati, consola gli afflitti. Come buon Samaritano si commuove, si avvicina, cura e si fa carico dell’uomo mezzo morto sul ciglio della strada; come il Buon Pastore si carica la pecora smarrita sulle spalle, come il Padre abbraccia e copre di baci il figlio che si era allontanato.
San Michele Garicoïts associa sempre l’umiliazione o l’annientamento con la donazione di sé, “dévouement”. “Un Dio annientato e donato”. L’umiltà, l’annientamento e l’umiliazione sono compatibili con la donazione di sé che, se è responsabile, è capace di generosità: fare il massimo per il bene del prossimo. E il massimo è quando Gesù dona la sua vita sulla croce perché tutti abbiano la vita in abbondanza. Il grado massimo di misericordia coincide con il grado massimo di umiliazione. Si tratta di non accontentarsi di buone intenzioni, di belle parole, di grandi progetti, bensì di fare tutto quello che è nelle mie possibilità, come il Buon Samaritano che, dopo essersi commosso della situazione del “rifiutato” sul bordo della strada, compì tutte queste azioni: gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno” (Lc. 10, 33 – 35).

La misericordia quindi si attiva. Anche Mt 25, 35-36 invita ad agire: “Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi».

La Chiesa, da parte sua, che è Madre e Maestra, nel compimento della sua missione si è resa conto che esistono altri bisogni legati alla dimensione spirituale dell’uomo e per questo chiede che mettiamo in pratica anche le opere di misericordia spirituali: insegnare agli ignoranti, consigliare i dubbiosi, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

Il Papa Francesco sta riproponendo l’autentica pratica cristiana e con le sue azioni in favore dei poveri fa risplendere il messaggio evangelico: le docce in Piazza San Pietro, il parrucchiere per i poveri, il dormitorio per trenta persone allestito vicino a San Pietro… Un esempio imitato in molte parrocchie e in altre istituzioni della Chiesa. Papa Francesco faceva già questo a Buenos Aires come gesto quaresimale destinando le offerte per un’opera sociale al servizio dei poveri della diocesi, ogni anno in una vicaria diversa.

Affinché le nostre comunità betharramite vivano intensamente questo Anno Santo della Misericordia, affinché rendiamo i nostri cuori più sensibili alle situazioni umane di povertà, affinché tocchiamo con mano la carne di Cristo nei poveri, guardandoli negli occhi, propongo vivamente che ogni comunità betharramita preveda ogni mese nel suo progetto comunitario la pratica di un’opera di misericordia, affinché impariamo a vivere con realismo la nostra fede, la quale ci insegna che “c’è più amore nelle opere che nelle parole” (S. Ignazio di Loyola).

Gaspar Fernández Pérez, scj
Superiore Generale

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