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14/12/2015

Le nostre case di formazione

Formazione: situazione attuale

Le nostre case di formazione

All’inizio di questo anno 2015 sulla NEF ci siamo poste tre questioni per introdurre il racconto delle nostre case di formazione nelle varie Regioni: Dove sono collocate? Chi sono i nostri formatori? Come vengono espletati e vissuti i punti di attenzione della formazione? Questo ci ha portato a fare un lungo viaggio in vari continenti.
Pur nel riferimento comune alla Ratio Formationis betharramita, ogni luogo deputato alla formazione incarna uno “stile” proprio, legato alla propria cultura e alla realtà ecclesiale in cui vive.
In quest’ultimo articolo, P. Laurent Bacho scj, Consigliere Generale per la formazione, ci aiuta a fare sintesi di tutto quanto abbiamo ascoltato e ci presenta anche le sfide che riguardano la formazione nel suo insieme (permanente e prima formazione) che, come dice citando un articolo della RdV: “esige una totale adesione della persona a Cristo. Questa conversione dura tutta la vita.” È una sfida che continua per ciascuno di noi…

All’inizio di questo anno 2015 sulla NEF ci siamo poste tre questioni per introdurre il racconto delle nostre case di formazione nelle varie Regioni: Dove sono collocate? Chi sono i nostri formatori? Come vengono espletati e vissuti i punti di attenzione della formazione? Questo ci ha portato a fare un lungo viaggio in vari continenti.

Pur nel riferimento comune alla Ratio Formationis betharramita, ogni luogo deputato alla formazione incarna uno “stile” proprio, legato alla propria cultura e alla realtà ecclesiale in cui vive.

In quest’ultimo articolo, P. Laurent Bacho scj, Consigliere Generale per la formazione, ci aiuta a fare sintesi di tutto quanto abbiamo ascoltato e ci presenta anche le sfide che riguardano la formazione nel suo insieme (permanente e prima formazione) che, come dice citando un articolo della RdV: “esige una totale adesione della persona a Cristo. Questa conversione dura tutta la vita.” È una sfida che continua per ciascuno di noi…

Negli ultimi numeri, la NEF ha dato la parola alle case di formazione. Il mese prossimo, il 28 gennaio i formatori sono invitati a Roma per una sessione di 10 giorni; si tratta, in qualche modo, della continuazione dell’esperienza del luglio 2007 a Adiapodoumé. Siamo più che consapevoli del periodo di aridità che stiamo attraversando in Europa, ma siamo contenti di accogliere lo sviluppo di cui siamo testimoni negli altri tre continenti. Questo stato di cose rende possibile la presenza di 8 religiosi delle “realtà emergenti” nelle nostre realtà “più datate”. Una Ratio formationis rinnovata e arricchita è in via di completamento con le necessarie traduzioni. Questo strumento riguarda tutti i religiosi che devono sentirsi portatori di una proposta vocazionale: “La nostra testimonianza di religiosi del Sacro Cuore di Gesù, lieti di vivere la propria vocazione in una comunità fraterna e apostolica, è un invito a seguire Cristo sulle orme di san Michele Garicoïts” (RdV 139).

È naturale che questo strumento riguardi in primo luogo i formatori. Questo lavoro, però, è talmente ingrato che questi ultimi hanno bisogno di sentirsi sostenuti da tutti i fratelli. Inoltre, la formazione permanente, ben lungi dall’essere una semplice appendice alla prima formazione, ne è un prolungamento essenziale. Per ogni religioso la formazione deve proseguire durante tutta la vita, perché la vita consacrata «esige una totale adesione della persona a Cristo. Questa conversione dura tutta la vita. Si tratta di assimilare progressivamente i sentimenti del Figlio nella sua offerta al Padre» (RdV 136). Sappiamo bene, per esperienza, che siamo sempre in cammino.

È bene anche che tutti i religiosi conoscano le sfide che le case di formazione devono affrontare e che saranno materia di riflessioni durante la sessione per formatori a Roma.

Oggi si sono fatti molti passi in avanti nella valorizzazione delle persone; la realizzazione della persona fa parte dei progressi che siamo contenti di constatare nello sviluppo umano. È difficile che un uomo pieno di complessi possa testimoniare la “bellezza della sequela di Gesù” (RdV 137). Senza una corretta stima di sé, sarebbe difficile diventare un “uomo nuovo autenticamente libero” (id.). Nelle nostre case di formazione si sta producendo un certo sforzo per invitare alla responsabilità; si organizzano stage diversificati affinché ogni giovane scopra un campo d’azione dove poter impiegare i suoi talenti.

Tuttavia, è compito dei formatori riconoscere tutto quello che è una ricerca esagerata di gloria umana, che il Papa qualifica spesso come «autoreferenzialità». È vero che questa tendenza è legata alla natura umana di tutti i tempi e a tutte le latitudini. Il rischio dell’egocentrismo era già richiamato da San Michele: «La preoccupazione dell’io, l’io, il fine di tutto… Uno non vede che se stesso, non pensa che a se stesso; questa l’origine di tutte le preoccupazioni materiali in cui le persone del mondo si perdono» (DS § 60). Come inoltrarsi più profondamente in questa mistica dell’annientamento, «imitare Gesù annientato e obbediente» cogliendo l’ascesi che questo implica?

Oggi è normale rallegrarsi dell’utilità dei mezzi di comunicazione, che facilitano gli scambi e che si rivelano un valido strumento per l’apostolato. Nelle nostre case di formazione è stata avviata un’educazione all’utilizzo di questi mezzi. Ci sono dei rischi reali che richiedono la nostra vigilanza per salvaguardare l’interiorità, il senso della sobrietà a fronte di molte sollecitazioni, l’importanza della relazione umana personale sia in comunità sia all’esterno, che le relazioni virtuali su uno schermo non potranno mai sostituire. C’è una battaglia da combattere contro il relativismo e il soggettivismo del mondo moderno che possono influenzarci e che richiedono educazione e vigilanza per non essere sopraffatti (E.G. 88).

Ci rallegriamo degli impegni definitivi assunti dai nostri giovani fratelli in certe realtà e ci dispiace che manchino altrove! È una grazia del Signore vissuta nelle nostre case di formazione che pervade tutta la congregazione. Siamo colpiti anche dagli abbandoni che avvengono anche solo a distanza di qualche mese o qualche anno dopo l’impegno definitivo.

Come formare il giovane a una maggiore perseveranza e a vivere l’obbedienza anche quando il religioso si trova disorientato? È quindi lecito domandarsi se quei giovani hanno valutato in modo sufficiente la gravità dell’impegno insito nei voti e nell’ ordinazione. Non si tratta semplicemente di un contratto ma di una consacrazione davanti a Dio e davanti alla Chiesa. Nel giorno della professione abbiamo proclamato «voglio vivere, in comunità, la gioia della consacrazione…» (RdV 153); abbiamo riflettuto sulle difficoltà da superare e sulle frustrazioni che una tale fedeltà implica?

Senza voler certo scagliare la pietra contro quelli che hanno lasciato la congregazione, rimane una domanda che attende una risposta da parte di noi che restiamo; può esserci una fedeltà epidermica senza un pieno coinvolgimento del cuore. Sono rimasto colpito dalla denuncia del papa circa la mondanità spirituale che : «è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto» (E.G. 93). Il tema della fedeltà e della perseveranza riguarda tutti noi che siamo chiamati a «riprodurre e manifestare lo slancio del Cuore di Gesù, Verbo Incarnato» (RdV 2).

Durante la sessione, questi temi devono essere presi in considerazione non solo con uno sguardo umano, ma anche con un cuore pieno di speranza. Lo scopo della sessione è quello di offrire al formatore la possibilità di dare il meglio di sé, senza per questo essere assillato dal conseguimento di un risultato, proprio come san Michele che ha dato prova di un grande impegno verso Mons Lacroix senza poi ottenere il risultato previsto. “Facciamo ciò che Dio vuole, come lo vuole; e lasciamo che dicano quello che vogliono. E il successo? Non saremo giudicati in base a quello: il successo dipende da Dio, è affare suo: non immischiamoci in cose che Dio ha riservato per sé” (DS § 235).

Questo incontro dei formatori vuole anche alimentare l’impegno e l’entusiasmo di quelli che sono stati scelti dalla congregazione per un compito che è a volte ingrato ma anche esaltante poiché si tratta di trasmettere a una nuova generazione la nostra gioia di vivere secondo lo stile di san Michele (E.G. 84). E che tutta la congregazione, religiosi e laici, sia unita nella preghiera perché il formatore betharramita sia un seminatore secondo il Cuore di Gesù, un seminatore che “si prende cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania. Il seminatore, quando vede spuntare la zizzania in mezzo al grano, non ha reazioni lamentose né allarmiste” (E.G. 24).

Laurent Bacho, scj
Consigliere Generale per la formazione

Alla luce di ciò che vivo come formatore, a contatto con numerosi giovani, in dialogo con loro e con parecchi formatori, mi sento talvolta non all’altezza di fronte alla complessità del compito. Scopro sempre più la complessità di una vocazione. Tutto ciò che potrei dire e fare per discernere una vocazione e formare una persona alla vita religiosa sarà sempre inferiore a ciò che la grazia di Dio può compiere in chi vuole offrirsi al Signore. Tutto deve essere vissuto in un atto di fede e di misericordia. Lasciamo che la grazia faccia il suo cammino…
P. Sylvain Dansou Hounkpatin scj

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