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14/04/2015

Le nostre case di formazione

Per amore della vita comunitaria

Comunità formativa di Adrogué

Entrare nella vita religiosa betharramita, significa anche affermare il proprio amore per la vita comunitaria fraterna. A Villa Bétharram (Adrogué), casa di noviziato per la Regione P. Etchecopar, la comunità di formazione lo ricorda ogni giorno, sia nelle parole, sia nei gesti, sia nel silenzio. Qualunque sia la decisione che prenderanno verso la fine dell’anno, i novizi Sergio Leiva (Paraguay) e Mariano Surace (Argentina) vivono da oltre un anno un’esperienza che li aiuta a costruirsi nella fede.

 

Sergio : Abbiamo iniziato questo secondo anno con la seconda settimana di esercizi spirituali. Per questo, con tutti gli elementi che Sant’Ignazio ci offre e con i frutti del cammino finora percorso, siamo in grado di fare la scelta dello stato di vita. Nel mio caso ho optato per la vita consacrata e la vita religiosa qui a Bétharram, perché ho cominciato a capire che stavo vivendo in prima persona l’esperienza spirituale di San Michele e mi stavo identificando con essa fino al punto da volerla vivere, perché ho scoperto che è il modo migliore per vivere la mia vita.
Per questo mi propongo, in questa fase del noviziato, di vivere pienamente la scelta che ho fatto, vivendo ogni momento come consacrato, forgiando così la mia identità di consacrato betharramita, confermando dunque la volontà di Dio.

Mariano: Questo secondo anno di noviziato va di pari passo con il primo anno in cui ho lavorato intensamente su me stesso, sul mio io profondo. Lì ho scoperto, con la grazia di Dio, le virtù, le paure, le ferite e la presenza di Dio nella storia della mia vita. Questo è stato fondamentale. Infatti mi ha aiutato a conoscermi e ad accettarmi come sono, e così sperimentare la misericordia di Dio vissuta con intensità nella prima settimana degli esercizi.
E in questo secondo anno, a partire dall’esperienza di cui ho parlato, desidero vivere intensamente il carisma della Congregazione. Perché il carisma? Perché nel carisma intravvedo la Volontà di Dio. In questo carisma scorgo il Signore che mi invita, liberamente, a vivere senza avere progetti personali e a stare sempre disponibile a collaborare ai progetti della Congregazione, avendo l’Amore come unica ragione.
Così, come nel primo anno l’obiettivo è stato quello di conoscere, accettare e integrare tutto il mio mondo interiore, in questo secondo anno desidero: conoscere, accettare, vivere e integrare pienamente il carisma betharramita nella mia vita. In sostanza, essere un religioso che continua quello slancio generoso del Cuore di Gesù al fine di amarlo e seguirlo sempre più.

P. Daniel, che cosa cambia rispetto al primo anno di noviziato?
Sergio e Mariano hanno iniziato il loro noviziato nel mese di marzo 2014 e quello che definiamo “noviziato canonico” lo hanno iniziato il 27 giugno, nella solennità del Sacro Cuore. I primi mesi del noviziato (la prima tappa) li abbiamo dedicati più intensamente a costruire la comunità, alla conoscenza personale, a sviluppare la dimensione umana che è stata oggetto di attenzione prioritaria nel postulandato. Si è anche dedicato del tempo per prendere coscienza, per impregnarci, per appassionarci al cammino da compiere e per pianificare il loro percorso personale e di comunità. Per questa ragione abbiamo sviluppato il PCA (Progetto Comunitario-Apostolico) e il PVP (Progetto di Vita Personale).

All’inizio della seconda tappa del Noviziato (1° fase del noviziato canonico), abbiamo sviluppato più intensamente la dimensione spirituale. Su questa dimensione si sono vissute la prima e la seconda settimane degli esercizi spirituali (l’esperienza della Misericordia, l’opzione per Gesù e la scelta dello stato di vita).

Nella terza e quarta tappa del Noviziato, abbiamo lavorato di più sul carisma, la vita religiosa e la fraternità, spazio in cui si verifica il processo vissuto. In questa tappa sono essenziali le esperienze della terza e della quarta settimana di Esercizi Spirituali e il noviziato apostolico vissuto al di fuori della comunità del noviziato.

Come è coinvolta la comunità nel noviziato?
Penso che dovremmo riformulare la domanda, poiché la comunità stessa è formatrice, pertanto tutti sono coinvolti con l’altro, ovviamente ciascuno a partire dal suo ruolo. Vale a dire che insieme costruiamo il nostro PCA, ne parliamo, lo valutiamo e lo adattiamo a seconda delle necessità.
Potremmo porre la domanda in questo modo: ogni confratello che cosa porta al processo formativo dei novizi?

Prima di tutto la vita condivisa con le luci e le ombre che ognuno ha. Questo è il tesoro più grande che ciascuno possiede e dal quale più si impara.
In secondo luogo ognuno ha un servizio nella comunità, uno di carattere apostolico e l’altro formativo; li descrivo brevemente in questo ordine:
Padre Paco: è il superiore e il padre della casa, è il cappellano e svolge dei corsi sulla Regola di Vita.
Padre Badie: è il patriarca e il nonno di casa, è il confessore e tiene delle conferenze sulla storia di Bétharram, sui compagni di San Michele e sui primi Betharramiti.
Fr. Juan Pablo: è l’economo e il fratello maggiore; è il referente religioso nel Collegio San José di La Plata e tiene dei corsi sulla Bibbia (questa settimana sul Kerigma nei Vangeli, in sintonia con il tempo liturgico che stiamo vivendo in preparazione alla terza e quarta settimana degli Esercizi Spirituali).
Padre Daniel: è il maestro dei novizi, Vicario (del Vicariato di Argentina e Uruguay, ndt), e condivide incontri di formazione settimanali e svolge l’accompagnamento del percorso personale dei novizi.
In terzo luogo, si parla dell’apporto dei novizi: Fr Sergio è infermiere-accompagnatore di P. Badie, catechista e Vincenziano (visita le famiglie più povere), dà prova di un servizio silenzioso; Fr Mariano si occupa delle spese per la casa, è assistente dell’economo e svolge il servizio dell’accoglienza, dà prova di accoglienza del fratello che bussa alla porta.

Dopo qualche anno di esperienza come Maestro dei Novizi, quali sono le maggiori difficoltà che trovi nel raggiungere gli obiettivi prefissati dalla Regola di Vita?
Penso che la più grande difficoltà nel seguire Gesù, con tutto ciò che comporta, è quella di impegnarsi a seguirlo anziché voler trovare se stesso e seguire se stesso. Vale a dire che è essenziale, nel postulandato, lavorare sulla dimensione umana; verificare le motivazioni che stanno spingendo il giovane nella ricerca; favorire e controllare il processo per uscire da una autoreferenzialità e mettersi sulle orme del Signore... Qualora fosse così, rimane solo da percorrere la strada, con tutto quello che ciò implica; se non fosse così, il percorso non solo diventa difficile, ma impossibile. È quanto dice San Michele: “L’amore, ecco ciò che conduce l’uomo; ecco la molla segreta che bisogna scoprire nei postulanti e nei novizi; se manca...”, sappiamo per esperienza come continua la storia.

Daniel González scj

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