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Calamuchita 1
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14/04/2015

In memoriam...

✝ Padre Jean Laclau, scj

Bérenx (Francia), 17 giugno 1923 - Bétharram, 19 marzo 2015

 

Omelia per le esequie di P. Jean Laclau, scj (Bétharram, 21 marzo 2015)

(Sap 2,23-3,1-6.9 | Gv 15,1-8) Credo che questo Vangelo sgorga direttamente dalla sorgente, per uno che, per 30 anni, è stato parroco di Saint-Estèphe. Aveva elevato l’arte del vino, se non ad arte divina, almeno ad arte di vivere: una festa per liberare i sensi e condividere l’amicizia.

E questo con buona pace di quelli che sorridevano divertiti per i suoi rituali domestici (bicchiere con stelo, bistecca con tralci di vite, buona scelta di vini e di parole). Pur tenendoli distinti nella conversazione, non voleva separare la delicatezza di un gesto con quella di un gusto, la dolcezza della fede, la dolcezza della speranza e carità, e le piccole dolcezze della vita quotidiana tanto discrete quanto preziose.

In occasione di un’ultima visita, mentre tentavo invano di ricordarmi una citazione che gli era molto cara, e che celebra le sue origini, con un fil di voce mi ha rimproverato, sgranando gli occhi: “Ti sbagli. Bisogna dire: Orthez la carina, dolcezza e gioia, e alta cucina!” Può sembrare irrilevante, ma era il suo modo di congedarsi, con aria indifferente, senza far pesare la sua sofferenza sugli altri…

Padre Laclau era un falso ingenuo, un vero modesto, un esteta sui generis. Non perdeva tempo nel giustificare il suo amore per la vita, per le persone; era troppo impegnato a raccogliere piccole gioie, troppo interessato alla musica e ai sapori. Non appena ti avvicinavi a lui, il suo sguardo si faceva luminoso e frizzante. Ti salutava con un “Adi gouyat!” che racchiudeva tutta la cordialità di un prete del Sacro Cuore. In ogni circostanza, con eleganza faceva del suo meglio senza prendersi troppo sul serio. Stando con lui, si capiva meglio perché umore comincia come umiltà e finisce come amore.

Questa filosofia dell’esistenza e questa fine intelligenza, erano perfettamente in sintonia con il professore di filosofia, con la persona saggia e molto umana nei suoi difetti e nelle sue passioni. Dopo Bétharram e Ozanam, dopo Foucault, dove era stato così felice, anche dopo il suo ritiro dall’insegnamento, continuava a essere pedagogo e pastore. Anche isolato, anche senza far parte di una comunità, viveva uno spirito fraterno, era religioso nel significato originario del termine, cioè “colui che unisce”. Sì, padre Laclau era naturalmente, e anche soprannaturalmente dotato, per unire la terra e il cielo, la ragione e l’orazione, il corpo e l’anima, e unire anche i cuori tra loro.

A questo titolo e in questo momento, Padre Laclau è tra coloro di cui parla il libro della Sapienza: “coloro che confidano nel Signore comprenderanno la verità; i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui, perché grazia e misericordia sono per i suoi eletti.” Grazia, misericordia, amore, eccoci trasportati al cuore del Vangelo!

Nella sua predicazione, il Cristo utilizzava volentieri immagini di crescita, parabole che evocano la natura, il granello seminato e che cresce di giorno e di notte. Qui, con la vigna, tocchiamo l’apice. Tutto dipende da questa rivelazione straordinaria raccolta dal discepolo che Gesù amava: ciò che unisce Gesù ai discepoli è sostanzialmente uguale a quello che unisce Gesù al Padre. Si tratta dello stesso flusso vitale, la stessa linfa, lo stesso amore. Ed è lo stesso Spirito!

Il tralcio può vivere solo se unito alla vite. Senza questo legame, è morto. Similmente, il discepolo può vivere solo se profondamente unito al Cristo. Senza di lui, non possiamo fare nulla. Unito al tronco della vite, tutto il Corpo della Chiesa si alimenta e cresce. In questo modo, la vita di Dio si sviluppa lentamente in noi. Giorno dopo giorno, in modo misterioso ma reale, ha la meglio sugli ostacoli, si espande con un flusso di eternità.

Innestata in Cristo, la nostra esistenza è chiamata a crescere e a diventare feconda. Progressivamente, ci si scopre capaci di portare frutto, un frutto di giustizia e di pace. A condizione di dimorare in Lui, con la preghiera, i sacramenti. A condizione di coltivare questa relazione unica dove uno sa di essere conosciuto e amato e si sente chiamato ad amare a sua volta. A condizione di accogliere questo Amore incondizionato, che si offre in ogni Eucaristia. A condizione di vivere e di far vivere molti altri di questo amore.
Questi altri che ci assomigliano, impossibile ricordarli tutti. Formano la nostra assemblea: parenti, confratelli, fedeli della Gironda, amici di Casablanca, di Pau e d’altrove, senza dimenticare i beneficiari di remissione di pena del Purgatorio più o meno generosa in cambio di un servizio reso, di una parola gentile, di un favore reciproco. Nemmeno io resisto al piacere di un ultimo aneddoto.

Padre Laclau, lo rivedo come fosse ieri: curvo nella sua giacca indistruttibile, le mani dietro la schiena, camminava, annoiato, con passo monotono lungo il chiostro di san Michele o lungo i corridoi della Maison Neuve. Qualcuno - i superiori! - l’avevano strappato dalla sua parrocchia del Médoc, e P. Laclau non riusciva ad accettarlo completamente, anche se non era un illuso: a 80 suonati, l’incarico di parroco era come la sua giacca, un po’ abbondante, un po’ troppo pesante per lui.

“Sono stufo …”, ripeteva a chi voleva ascoltarlo. Voleva dire: “Ho voglia di trascorrere un momento con te. Dimmi, ritornerai?” E poco prima di morire, in quel letto dove era ormai arrivato alla fine, raccolse le sue ultime energie per mormorare: “Sono stufo.” Bisognava interpretare: “Le mie forze vengono meno. Chi placherà la mia sete di pienezza? Chi rianimerà il mio gusto per la Vita? Non vedo l’ora di contemplare le vigne del Signore! …”

Ci sei arrivato, caro Padre, e noi ci rallegriamo insieme a te dei frutti che hai portato. Arrivati a maturazione, passati attraverso il torchio del dolore, versati nella coppa dell’Alleanza, portati in piena luce, scorrono ormai in te, per te, a gloria del Padre.

Jean-Luc MORIN,scj

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