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Gustavo India
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14/09/2015

La Regola vissuta

Continuando l’opera educativa del Fondatore

P. Arialdo Urbani scj

In 58 anni di professione religiosa e un giubileo d’oro sacerdotale (celebrato quest’estate), Padre Arialdo scj ha operato in quattro continenti: partito dall’Europa, ha trascorso 12 anni a Chiang Mai, 2 anni a Belo Horizonte, 6 anni a Katiola, prima che gli fosse affidata la nuova realtà betharramita del Centrafrica nel 1985.

In mezza alla savana, gli articoli della Regola di vita pongono subito qualche problema: l’articolo 118 va bene, certo, ma come metterlo in pratica? Nessun problema. Padre Arialdo si mette anzitutto in ascolto dei capi villaggio, dei bisogni, poi si rimbocca le maniche e… ecco che l’articolo 118 della nostra Regola si “incarna” in Centrafrica nelle scuole di villaggio.

 

Articolo 118 | La missione educativa fa parte della Missione della nostra Congregazione fin dall’origine. Essa è sempre voluta e incoraggiata dalla Chiesa: si tratta di una necessità e di un’urgenza. Si realizza nelle strutture scolastiche e in altre forme nuove di insegnamento o di promozione sociale; si esprime inoltre attraverso una pastorale rinnovata.

Siamo chiamati a condividere la nostra visione dell’uomo, resa coerente dalla nostra fede nel Figlio di Dio fatto uomo. Perché la missione educativa raggiunga veramente i bambini e i giovani, la nostra animazione pastorale coinvolge anche tutti i soggetti dell’educazione: innanzitutto i loro genitori, poi i loro insegnanti, i loro educatori e tutti quelli che li accompagnano.

La missione nel mondo dell’educazione è un punto importante nella Regola di vita. Il primo slancio in tal senso è stato dato dallo stesso Fondatore, San Michele.

Arrivando, quasi trent’anni fa, in questa nuova missione in Centrafrica, sono stato messo a confronto con questo problema: come evangelizzare un popolo analfabeta e senza istruzione? È da qui che nacque il progetto della scuola.

Non avevo nessuna intenzione di realizzare delle grandi strutture ma solo di mettere le basi perché questo popolo potesse avere un minimo d’istruzione. Mi ha aiutato in questo l’esistenza di un sistema molto rudimentale: le “scuole di villaggio”. I capi villaggio che volevano dare un’istruzione ai loro bambini cercavano sul posto una persona istruita che, stipendiata con qualche soldo o in natura, si mettesse a disposizione per istruire i loro figli. Costruivano una scuoletta, spesso semplicemente un hangar in paglia e bambù, per radunare gli alunni.

Al mio arrivo ho trovato due di questi hangar che funzionavano più o meno bene: riuscivano a funzionare tre quattro mesi l’anno e poi, con l’inizio dei lavori nei campi, a febbraio o marzo, la scuola finiva. Mi sono allora reso conto che ci voleva qualcosa di più solido e duraturo. Così ho cominciato a riunire i capi villaggio per una diversa organizzazione della scuola.

Ora la missione sostiene quindici scuole con più di 2500 alunni. Ho cercato dei giovani che avevano frequentato la scuola fino ad un livello soddisfacente, come la maturità (il BAC) o almeno un livello di quarta o quinta liceo (seconde ou première). Offrendo loro poi dei corsi di formazione, abbiamo potuto avere delle persone competenti per far funzionare le scuole, con dei risultati apprezzati anche dall’ispezione scolastica del ministero dell’educazione nazionale. I maestri sono attualmente 55 e sono pagati con un salario accettabile, secondo i canoni dell’educazione nazionale. Stipendi assicurati da un piccolo contributo dei genitori e completati dalle adozioni scolastiche di tanti benefattori, che contribuiscono a livello di € 60 annuali per alunno. Mettiamo anche a disposizione delle attrezzature scolastiche come lavagnette, quaderni e bic, con prezzi abbordabili per gli alunni.

Le scuole sono del villaggio, non della Diocesi né della Congregazione. E spero che un domani possano diventare delle scuole fondamentali governative, prese in carico dal ministero dell’educazione nazionale.

Sono contento d’aver dato, in questi venticinque anni, un’istruzione a migliaia di alunni, alcuni dei quali, più meritevoli, sono stati accompagnati fino all’università e anche all’estero. E i risultati sono buoni. Abbiamo ora dei diplomati in telecomunicazioni, giurisprudenza, economia e commercio, lingue e in campo infermieristico.

È forse solo una goccia ma è grande la soddisfazione di avere delle persone preparate e capaci, si spera, di aiutare il Paese a credere in un futuro migliore.

Penso che quanto leggiamo nell’art. 18 della RdV abbia avuto una realizzazione piccola ma importante in queste parrocchie sperdute nella brousse del Centrafrica, dove la scuola statale è molto trascurata e insufficiente.

Ringrazio quanti con tanta generosità contribuiscono a sostenere questo progetto.

Arialdo Urbani, scj

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