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14/09/2015

La Parola del Superiore Generale

Vivere il presente con passione

La Parola del Superiore Generale

Per vivere con passione la nostra vocazione e la nostra missione betharramita, dobbiamo vivere, come San Michele Garicoits, l’esperienza dell’incontro con la persona del Verbo Incarnato, “Gesù annientato e obbediente” e far sì che questo incontro imprima un nuovo orientamento alla nostra vita (Deus Caritas Est,1). La Regola di Vita, dal 1969, esprime chiaramente il riferimento al Vangelo, riprodurre, manifestare e prolungare lo slancio generoso del Cuore di Gesù, il Verbo Incarnato. Mai prima di allora era stato espresso in modo così chiaro il carisma di San Michele Garicoïts. Padre Etchécopar ne sarebbe molto felice perché sempre aveva conservato l’Ecce Venio nella Regola approvata dalla Santa Sede. Dopo la sua morte, nella RdV del 1901, l’Ecce Venio non compariva più.

San Michele Garicoïts non si accontentava che la Società del Sacro Cuore fosse un’associazione di vita apostolica; voleva, invece, un istituto di vita consacrata: vita comunitaria, voti, nessun possesso di beni, Superiore generale eletto dai religiosi. Ancora oggi ci sono religiosi con uno stile di vita molto individualista: non danno valore alla comunità, non rendono conto, lasciano in eredità ai nipoti i beni conseguiti come religiosi. Ma ci sono anche comunità che programmano, elaborano e verificano il progetto comunitario, e religiosi che si sforzano di condividere la vita, la fede e i beni. E questo li aiuta a impegnarsi con passione e con gioia nella missione. Ci sono Vicariati che curano la Formazione permanente, ci sono religiosi che fanno difficoltà a trovare il tempo per coltivare un rinnovamento interiore.

Il presente vissuto con la passione missionaria dell’eccomi:
P. Yesudas scj e P. Sa-at scj

“Ciò che ci deve caratterizzare è lo spirito d’obbedienza… Se l’obbedienza manca, manca la ragion d’essere” (RdV 60). Ho trovato questa obbedienza ogni volta che ho dovuto chiedere a qualcuno dei religiosi più giovani la disponibilità per la fondazione in Vietnam o per formare le comunità internazionali chieste dal Capitolo generale. In alcuni Vicariati, la mancanza di obbedienza è un ostacolo per mantenere gli impegni assunti con le Chiese locali. Rifiutare un cambio di comunità, cercare di essere inseriti in una comunità di proprio gradimento, non accettare di andare in nessuna comunità perché in tutte c’è qualche religioso con il quale l’interessato non va d’accordo, sono tutti atteggiamenti che deteriorano la vita di un vicariato o di una regione.

La storia della Congregazione mostra come lo Spirito Santo ha mantenuto vivo il dinamismo missionario della nostra famiglia e l’aiuta a progredire. In questi giorni stiamo aprendo la nostra presenza in Vietnam. È una grazia che permette al carisma di san Michele Garicoïts di continuare a essere vivo e operante nel mondo.

Oggi abbiamo difficoltà a gestire noi da soli le grandi opere educative che sono parte della nostra storia, – a Bétharram, in Argentina e in Uruguay – e che continuano ad avere una funzione sociale e missionaria. Grazie al lavoro portato avanti negli ultimi quarant’anni con i laici, iniziandoli al carisma e alla missione di Bétharram, abbiamo potuto affidare loro responsabilità che in passato erano riservate ai religiosi.

In altri vicariati, la testimonianza dei religiosi ha suscitato nei laici che vivono con loro, il desiderio di condividere la spiritualità e di bere alla stessa fonte dell’esperienza carismatica di san Michele Garicoïts. È un aiuto per vivere con fedeltà il Vangelo nella vita quotidiana.

A partire dal Concilio, la missione si è molto orientata verso le parrocchie, dove si continua a fare un ottimo lavoro. Oggi però si mette molto in discussione la nostra presenza nella pastorale ordinaria. In alcuni vicariati sono i Vescovi che si sono ripresi le parrocchie, in altri siamo noi a lasciarle perché non possiamo più prendercene cura. Qualche vicariato ha acquisito uno stile più missionario, dopo aver lasciato le parrocchie.

D’altra parte, i religiosi sono più sensibili verso una missione tra i poveri. In Tailandia e in Centrafrica, la nostra missione si svolge esclusivamente tra i poveri. Lo stesso possiamo dire per la comunità di Hojai nel nord-est e le case di accoglienza per ragazzi di strada in India, delle missioni popolari e la Casa del Niño in Argentina, la Ferme pédagogique di Tchanfeto in Costa d’Avorio.

Il progetto PAPETRA a favore dei tossicodipendenti in Paraguay, La Casa Famiglia di Monteporzio, il Centro San Michele di Bouar, il dispensario di Niem in Centrafrica, l’impegno di alcuni religiosi come cappellani in alcuni ospedali in Italia, permettono una presenza missionaria tra i malati che è nuova nella Congregazione. La RdV del 2012 ha aperto una serie di possibilità di servizi nella missione, manifestando così la fantasia della carità (che) non ha conosciuto limiti ed è stata capace di aprire innumerevoli sentieri per portare il respiro del Vangelo alle culture e ai diversi ambiti della società (Papa Francesco, Lettera ai consacrati, I,2).

Oggi ci troviamo di fronte alla sfida di uno stile più internazionale. Nel rispetto della differenze di età, di formazione, di cultura, etc… siamo chiamati a costruire l’unità attorno all’esperienza di fede, di vocazione e di missione. Questa unità ci permette di coltivare la nostra identità e la nostra appartenenza, mentre, nello stesso tempo, si va arricchendo il carisma che s’incarna in culture differenti.

Le comunità internazionali non sono una novità. Esistevano soprattutto nei paesi di missione: Tailandia, Terra Santa, Costa d’Avorio, Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile. Come sta cambiando la direzione della mobilità missionaria dei religiosi, così si stanno formando altre comunità a Olton, Great Barr, Droitwich, Mendelu, Pau-Bétharram, Pibrac, Nazareth, Bouar, Montevideo-Tacuarembo. Formare queste comunità non è un compito facile se non si costruiscono a partire da quel nuovo orientamento che l’esperienza dell’incontro con “Gesù annientato e obbediente” ha dato alla nostra vita di religiosi.

In questi ultimi anni, il Signore ci ha donato molti fratelli che hanno fatto la professione perpetua e sono stati ordinati sacerdoti, soprattutto in India, Tailandia, Costa d’Avorio, Brasile, Argentina e Paraguay. Ci preoccupa, però, il fatto che alcuni abbandonino la Congregazione poco dopo aver fatto la professione perpetua e che, nei Vicariati d’Europa, non abbiamo nessun giovane in formazione.

Si sta dando molta importanza alla formazione iniziale seguendo la RdV e la Ratio Formationis rinnovata: un incontro di formatori a Adiapodoumé nel 2007, ogni due anni la sessione di Bétharram per i religiosi vicini ai voti perpetui, i progetti di formazione di ogni Regione, la formazione dei formatori, un solo noviziato in ogni Regione, lo scolasticato unico della Regione Etchécopar. L’insistenza sulla maturità umana, l’esperienza di fede, l’accompagnamento personale, gli esercizi ignaziani, la fraternità evangelica, la missione come parte dell’esperienza spirituale, mirano all’essenziale. Per consolidare quello che c’è di positivo e per esaminare quello che non funziona, ci incontreremo con tutti i formatori nel gennaio del 2016 a Roma.

Gaspar Fernández Pérez, scj
Superiore Generale

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