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14/11/2010

Notizie in Famiglia- 14 dicembre 2010

Sommario

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La parola del Padre generale

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Davanti al presepio con San Michele Garicoïts

Quando contempla il Mistero della Natività, il nostro Padre San Michele Garicoïts fissa gli occhi su Gesù Bambino, piccolo, povero, fragile e indifeso.Povero bimbo! Piccolo, tenero Gesù, sei appena nato per me (DS 106). Lo contempla così com’è, una piccola creatura che si accontenta di una mangiatoia e di grossolane fasce (DS 251). Lo guarda, nel suo intimo e nel suo aspetto.
Esteriormente, è un Bambino che si muove: “uno sposo che esce dalla camera nuziale, un prode felice di percorrere la via” (Salmo 18,6). Passa dal seno del Padre a quello di Maria, dal cielo alla sua culla, si apre il cammino, si lancia, corre, va dritto davanti a sé, rabbrividisce, piange e grida: Eccomi… .
Lo sguardo contemplativo di San Michele penetra fino al cuore del Bambino-Dio per scoprirvi i sentimenti, le pulsioni e le motivazioni che lo hanno condotto là dove è ora: sopporta il freddo, l’umiliazione, i disagi e le avversioni (DS108); appare annientato e sacrificato (DS 43), docile e contento.
Il suo Eccomi esprime una radicalità senza condizioni; è pronto a fare tutto e a sopportare tutto, con una generosità immensa ma composta: composta perché egli assolve il suo dovere nella posizione in cui si trova; immensa perché dà prova della sua generosità sia in una mangiatoia che altrove.
Questo sguardo profondo permette a San Michele Garicoïts di comprendere questo fatto così manifesto e pressante del Verbo fatto carne per unirci al Padre (DS110). Rendere grazie al Padre e compiacerlo è il motivo di tutto ciò che lui compie (DS 283-284). L’altro motivo è  ognuno di noi: si è donato per il suo amore per noi. Per ricondurre gli uomini al ricordo e all’amore del  Creatore, Nostro Signore Gesù Cristo offre al loro sguardo la divinità resa visibile e palpabile in tutta la sua umanità. Eccola, nel Presepio e avvolta nei veli eucaristici.
San Michele Garicoïts contempla anche Maria e Giuseppe, e li vede come due povere creature, semplici e dignitose. Nel loro intimo sono due esseri che rispondono all’amore di Dio con modestia, umiltà e riconoscenza (DS 107). San Michele scopre la comunione che esiste tra l’Ecce venio di Gesù e l’Ecce ancilla di Maria, sua Madre. Vi è la stessa umiltà, la stessa carità e sconfinata obbedienza.  Li accomuna lo stesso sentimento, la stessa gioia, nella stessa dedizione e vocazione (DS 42).
Il demonio si scandalizza davanti al Bambino Gesù del presepio, prostrato ed ubbidiente. Io, un angelo tanto potente…., dovrei obbedire al figlio di un falegname ed adorarlo dentro una mangiatoia! Io non voglio servire! (Ger 2,20). Ho sentito l’ordine: Che tutti gli angeli di Dio l’adorino (Eb 1,6; Sal 98,5). Adorare questa umanità, riconoscere in lui un superiore! Mi rifiuto di servire, non ubbidirò! (DS 212).
I pastori, loro, non sono scandalizzati alla vista di un bambinello in estrema povertà… Come stupirsi, come indignarsi nel vedere le umiliazioni e le sofferenze del loro Signore? Al contrario, i pastori accorrono in adorazione perché sono stimolati dalla lezione del Verbo fatto carne, perché Nostro Signore è disceso dal cielo per insegnarci a compiacere il Padre e a soddisfare le sue volontà, perché a quelle stesse umiliazioni e sofferenze noi si attribuisca il valore che il mondo riserva agli onori, e perché noi si cerchi la croce con passione maggiore di quella con cui gli uomini del mondo cercano la gloria in terra (DS 111). Cosa possibile perché, come Maria e Giuseppe, i pastori accolgono nel loro cuore Gesù Cristo e la sua vita divina, e perché nel loro cuore riflettono, meditano, rimuginano e gustano la parola santa (DS 111).
Nessuno parla, tutti restano attoniti, contemplano, e affascinati adorano il mistero dell’Amore di Dio che si è fatto uomo. Non vi è che una sola Parola, quella del Padre che si dona nel suo amato Figlio, questo piccolo vulnerabile Bambino nel quale Egli ci ha detto tutto, secondo San Giovanni  della Croce. Questo è il mio amato Figlio. Ascoltatelo! (Mc 9,7). Questa Parola viene ricevuta in silenzio. E l’angelo messaggero rompe questo silenzio per annunciare ai pastori una buona novella, una grande gioia per tutto il popolo: il nuovo nato, appena venuto alla luce, avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia, è il vostro Salvatore, il Messia, il Signore (Lc 2,10-12). E tutte le schiere celesti al suo seguito, nel cuore della notte, trasformano la silenziosa adorazione in un canto di lode: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama (Lc 2,14). Il silenzio contemplativo è anche rotto dal tramestio dei pastori che giungono davanti alla  culla. Vi arrivano in premura, commentando tra loro ciò che del bambino era stato detto loro (Lc 2,17). Un altro trambusto s’allontana, quello degli stessi pastori: gioiosamente se ne vanno, rendendo gloria a Dio e riferendo ciò che hanno visto e udito, gustato, toccato e sentito (Lc 2,20).
San Michele Garicoïts contempla anche l’arrivo dei Magi, quali ricercatori a  caso del volto di Dio: non ne sanno nulla, ma vanno e dicono “Abbiamo visto la stella”….Non bisogna tralasciare neppure queste vaghe indicazioni della Provvidenza; occorre seguirle con zelo e perseveranza, seguirle fino a che la stella si fermi: “Abbiamo trovato Gesù Cristo”(Gv 1,41); lui è la roccia, e chi dimora in lui resta in piedi (DS 184).

Giunti alla fine della nostra contemplazione con il nostro Padre San Michele Garicoïts, riflettiamo e tiriamone profitto per la nostra vita, e per la vita della Congregazione, a cinque mesi dal Capitolo generale a Betlemme:
1. Quale scuola e quale maestro! quale forza e quale dolcezza negli insegnamenti che ci offre  questa culla….! Quali infinite attrattive per conquistare i più grandi peccatori! (DS109).
2. Che vi è di meglio per infiammarci d’amore per lui e renderci generosi? “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4,13). (108)
3. Sentiamoci orgogliosi di essere discepoli di questo Bambino, amiamo veramente, crediamo, gustiamo le cose di Dio, corriamo, voliamo sui passi di Nostro Signore Gesù Cristo (DS 111).
4. La Provvidenza non si manifesta con meravigliose profferte o con superbi proclami; non promulga ciarlatanerie. La Provvidenza inizia con una piccola culla e un bambinello. Un angusto cammino ancora senza meta, tante piccolissime cose che sembrano non condurre a niente. Poi tutto questo comincia a funzionare, funziona ancora, lentamente e silenziosamente, per trent’anni, a Nazareth. E poi il grano di senape diventa un grande albero che stende i suoi rami su tutta la terra (DS 183-184).

Si può concludere con un colloquio individuale, pensando a ciò che si deve dire alle tre Persone divine, al Verbo eterno incarnato, alla Madre del Verbo e Nostra-Signora (o a San Giuseppe, a un pastore o ad uno dei Magi) seguendo il proprio sentimento, per imitare più fedelmente Nostro Signore quasi Egli si fosse incarnato per me. Terminare poi con la recita del Padre Nostro.(Esercizi Spirituali, 109).

Gaspar Fernandez,SCJ


nef-etchecopar.jpgPadre Augusto Etchécopar scrive...
nel suo Diario intimo, Natale 1852

Pratichiamo il distacco  dalle cose della terra per non incorrere nell’errore degli abitanti di Betlemme. Ah! Se San Giuseppe e la Santissima Vergine fossero stati più presentabili, se avessero potuto offrire dell’oro, non avrebbero travato un rifiuto così netto quando cercavano ospitalità. Ma l’amore per le cose della terra chiude i cuori (… ). Non c’era posto per loro (Lc 2,7).
E così Gesù Cristo nacque in una povera stalla (…) in mezzo a poveri pastori. Fin dalla nascita, il Bambino Gesù è: 1° Nostro Salvatore. Sparge lacrime, trema, e ogni sua lacrima, ogni suo sospiro sarebbe più che sufficiente per redimere mille mondi. 2° Ma soprattutto è il nostro Maestro. Eccolo diventato, dal primo istante della sua vita, il nostro grande modello (…) Fin dalla nascita, questo maestro adorabile pratica le virtù che riassumono tutta la perfezione. L’umiltà, la povertà, la mortificazione nascono l’una dall’altra.
Gesù, nostra vita, mio tutto, staccami dalle cose di questa terra. La tua culla, il tuo annientamento, la tua povertà, ecco ciò che trovo ammirevole in te, quello che mi è profondamente caro. Mi prosterno ai tuoi piedi per adorarti! Mi faccio piccolo per unire le mie membra alle tue, o divino Bambino, perché tu mi santifichi e mi trasformi in te.


Testimonianza

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Grazie per quest’anno. Grazie per la comunità.

Vivere è cercarti, Signore,
facendo l’esperienza che ci sei,
adeguare la nostra vita alla tua Parola.

Vivere è lottare,
meritare e gioire di essere tuoi figli nel Figlio,
e cantare le meraviglie che stai compiendo.

Lasciare che il tuo Santo Spirito
canti e balli,
e tracci in noi il tuo cammino,
perché la pienezza che ci dai
sia fonte di gioia anche per i nostri fratelli.

Volgendoci indietro
per parlarti, Signore, di questo anno passato,
ti guardo dal cuore della mia comunità
facendomi portavoce del suo pensiero.

Ti riconobbero nello spezzare il pane (Lc 24,31).
Giorno dopo giorno abbiamo condiviso uniti
il Pane della tua Parola
e il Pane dell’Eucaristia.
Tu sei venuto tra noi
accompagnandoci,
animandoci,
amandoci.
La tua mensa ci ha riuniti,
e abbondante è stato il Pane quotidiano,
salvezza per il corpo
pace e gioia per l’anima.
L’incontro con te nella preghiera, Signore,
si è tradotto nel primo luogo di incontro con i fratelli.

Amatevi gli uni gli altri(Gv 13,34)
La comunità è stata il nostro secondo regalo.
Ci hai chiamati a Barracas.
Lì ci attendevi da sempre.
Lì ci hai invitati a dare tutto noi stessi,
e, in comunione con te,
accettare la sfida di costruire,
con anticipo e nascosti,
il Tuo Regno.

Come buon vignaiolo,
hai potato sentimenti e desideri,
e hai rafforzato la tua chiamata alla comunione.
Ci hai resi tua Chiesa,
la tua dimora quotidiana.

Andate, ammaestrate, battezzate, insegnate …
(Mt 28,19)
Ci hai inviati a proclamare il tuo Regno.
Ci siamo andati,
con tutto l’impegno che questo comporta:
come comunità,
per i compiti assegnati,
superando difficoltà e stanchezze,
tristezze e gioie.
Così, come la prima comunità cristiana,
dopo la tua Ascensione,
ha iniziato a camminare da sola,
noi abbiamo imparato a realizzare
le novità che ci hai chiesto:
missione, formazione, educazione.

Siamo stati illuminati dal tuo Spirito,
ci ha condotti,
e ci siamo lasciati condurre.
Nella nostra comunità educativa
abbiamo imparato parole grandi:
tabella,
presenza,
laici e la loro autonomia,
servizio,
rispetto …
Parole che ci hanno dato nuova vita
nuovi impulsi,
che ci hanno permesso di farti trasparire.

Grazie, Signore,
per questo anno che mi hai regalato.
Grazie,
perché mi hai chiamato a camminare al tuo fianco.
E perché mi sono sentito amato,
mi hai portato nel tuo Sacro Cuore.

Giancarlo Monzani,SCJ
comunità educativa | Barracas


Giornale di viaggio

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Saluto all’aurora

Da una settimana percorrevo con Jean, un amico prete, originario del luogo, questo paese magnifico e avvincente. Ci eravamo alzati all’aurora per celebrare la messa nel vicino convento. Ore 4 e 25: alcune piccole lampade rischiaravano l’entrata della cappella. Varcata la soglia, un’onda di luce investe il visitatore. Non meno di 250 vele issate nel silenzio e nella preghiera, 250 religiose Amantes de la Croix. Con passo felpato raggiungiamo la sacristia. Alcuni minuti più tardi, dopo aver preso posto all’altare, la musica si leva, limpida e coinvolgente; il giorno non si è ancora alzato ma il sole si scrolla nei cuori; non c’è dubbio, l’Amato si risveglia.
Dopo la prima colazione, facciamo il giro della casa: educandato (70 ragazze in formazione), cucine, laboratori di erboristeria, dispensario … ovunque vivacità nel lavoro, ovunque la stessa dignità nel sorriso. L’insegnamento cattolico non ha diritto di cittadinanza, ma chi non ha l’età per la scuola non interessa al governo. Le Suore hanno aperto un giardino per l’infanzia. Passando da una classe all’altra, la Madre generale, sorride ad una bambina dalla carnagione rosa. Si chiama Teresa, mi confida. L’hanno abbandonata e deposta davanti a casa nostra: è la nostra prima bambina trovata! Da allora, la piccola Teresa ha 250 suore per mamma …
La strada si fa accidentata e i paesaggi sempre più affascinanti: dopo la città e il suo ritmo frenetico, ecco risaie a perdita d’occhio, montagne a pan di zucchero che sembrano uscite da un vecchio dipinto, alcuni ciclisti col copricapo a punta fermi in basso alla discesa, che ridono, all’avvicinarsi della 4x4. La nostra corsa si ferma in cortile di una chiesa. I preti del circondario ci aspettano. Età media: 35 anni. Il benedicite viene cantato al microfono, per una dozzina di commensali. Ognuno pesca nei piatti. I miei bastoncini si ingarbugliano. E’ in quel momento che il mio dirimpettaio mi presenta Joseph Thuan.
Non l’avevo notato prima, benché si alzasse molto spesso per il servizio a tavola. Jean mi aveva sì parlato di un ragazzo di 22 anni interessato alla vita religiosa, ma mi era sembrato fuori dalla realtà: dopo 2 anni di parrocchia per sentire la chiamata del Signore, non unirsi ai numerosi candidati in seminario, essere animato da un ideale senza aver mai avvicinato una comunità, e chiedere al proprio parroco di essere orientato verso i religiosi! … Molto dispiaciuto, questi si rivolse a Jean, in vacanza, il quale lo informò del mio arrivo. Ed eccoci riuniti, all’ora dell’Angelus.
Nel pomeriggio, Joseph, Jean ed io, passiamo qualche momento insieme. Il primo esprime ancora il suo desiderio e la sua disponibilità con calma e convinzione. Alla domanda che mi brucia sulle labbra: Perché chiedere di entrare in una piccola Congregazione, sconosciuta, ancora inesistente in questo paese? Mi risponde: La mia sola ragione realistica è il fatto che tu sei qui … Jean traduce, e si ferma.  Siccome non c’è effettivamente nulla da aggiungere, lascio a Joseph tutto quello che avevo in materia di “documentazione betharramita”: due immagini che avevo nel breviario, una di San Michele con la preghiera del me voici, e l’altra della … Madonna di Bétharram, protettrice dei giovani. E gli prometto di trasmettere al Superiore generale la sua domanda scritta in cui chiede di iniziare un cammino vocazionale con noi.
Riprendo la strada, pensieroso, e contento di questo incontro inatteso. Una bella lezione di fede, emblema dei cristiani di questo paese: liberi nonostante gli ostacoli esterni, liberi e coraggiosi perché umili e fiduciosi, non in se stessi, ma solo in Dio! Ne ho una testimonianza viva un po’ più tardi nella Parrocchia del Perpetuo Soccorso. Venuti a salutare il parroco che è anche il vicario generale, siamo ricevuti da un uomo logorato dalla permanenza  nelle prigioni comuniste, ma di un vigore intellettuale e morale impressionante. Ad un certo punto della conversazione sulla pastorale, le persone del quartiere, ecc., P. Pierre si permette la sola allusione personale: «Alla mia liberazione, sono uscito da una piccola prigione per una prigione ancora più grande». Quella prigione è il suo stesso paese, preda del Partito. È la “società della menzogna”, come la definisce, passata in qualche anno dal materialismo ideologico al materialismo economico, dal totalitarismo marxista alla dittatura del mercato. E la Chiesa resiste, ancora e sempre, nel nome dei diritti di Dio e dei diritti dell’uomo, che sono inseparabili. Piccola sosta, prima di partire, davanti alle statue della Santa Vergine e del Sacro Cuore: in fretta, per affidare loro questa Chiesa e questo popolo! Ha così tanto sofferto. Ha così tanto da insegnarci …
Giunta la sera, eccomi a Eoson, paese natale di Jean. Con emozione ritrovo i suoi genitori e faccio conoscenza del resto della sua famiglia. Come non sentirsi onorati di entrare nella loro intimità? … Il tragitto dalla casa alla chiesa non è lungo. La giornata si concluderà come è iniziata: con l’Eucaristia. In un attimo, un giovane parroco passa da una polo variopinta a una talare di circostanza. I chierichetti fanno il loro servizio con quella concentrazione e con quella gioia che sono inconfondibili. La chiesa è piena, anche in settimana, anche in un villaggio dove i cristiani sono una minoranza. La Messa è celebrata per il nonno di Jean, agricoltore e catechista, morto durante la deportazione negli anni 80. All’uscita, tutti si ritrovano davanti alla grotta di Lourdes: rendimento di grazie sotto le stelle …
Sento nella tasca un foglio di carta piegato in quattro per P. Gaspar: la lettera di Joseph Thuan. No, non ho sognato. Ho vissuto tutti questi incontri lungo la stessa giornata, una giornata densa e bella come una nascita. Tutto questo in Vietnam: la terra – Viet - del sud  -Nam  - (per rapporto alla Cina), una terra che nasconde un nuovo germe, piccolissimo, per Bétharram … se Dio vuole!

Jean-Luc Morin,SCJ

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POST SCRIPTUM
1. In Vietnam ci sono 26 diocesi, 3.000 preti, 12.000 religiosi e 6,5 milioni di cattolici su 83 milioni di abitanti.
2. Il nome Thuan significa “volontà di Dio”.
3. Il 2 ottobre 2010, il Consiglio generale ha dato il suo assenso perché Josph Vu van Thuam continui il suo discernimento in vista della vita religiosa a Bétharram. Il 12 novembre, Mons Joseph Nguyen chi Linh, vescovo di Thanh Hoa, si rallegrava per questo passo, e si augurava che il nostro carisma attiri altri giovani del Vietnam.


5 minuti con.. Brede & Bruce Vaughan

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Ogni anno da settembre a novembre, una coppia di Birmingham dedica una parte della propria pensione alla nostra comunità in Thailandia. Non si limitano soltanto ad insegnare gratuitamente l’inglese ai postulanti, ma condividono tre mesi della loro vita a Chiang Mai, dove si svolge la sessione, e altro. Questo è un incontro con laici, collaboratori nella formazione betharramita: Brede e Bruce Vaughan.

Nef: Potete dirci chi siete e cosa fate a Ban Bétharram Chiang Mai?
- Siamo entrambi professori in pensione e animatori dei movimenti giovanili a Birmingham, in Inghilterra, abbiamo tre figli maggiorenni e uno minorenne. Nel 2006, un padre di Bétharram, p. Dominic Innamorati, cercava dei professori d’inglese volontari per gli studenti thailandesi della Congregazione, e noi ci siamo resi disponibili: era una sfida personale, un cambiamento di vita. Oggi, dopo cinque anni, ci sentiamo come a casa nostra. Nella mia vita personale, ho insegnato letteratura inglese, ma ho seguito un corso speciale di inglese per stranieri, che mi è stato di grande aiuto!

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Concretamente, come si svolge?
- Ogni anno proponiamo corsi ad un gruppo di 10 postulanti: giovani tra i 18 e i 23 anni, che hanno appena terminato la secondaria e fanno un’esperienza pastorale prima di scegliere se continuare o no al seminario maggiore. I corsi sono al mattino e alla sera, privilegiando l’espressione orale. I nostri studenti hanno già imparato inglese a scuola, con una buona conoscenza di vocaboli e di grammatica, ma non hanno occasione di fare pratica. Dal primo momento del primo corso, chiediamo a loro di alzarsi dalla loro sedia e di parlarsi tra di loro: un vero choc dopo un apprendimento piuttosto teorico. All’inizio sono timidi ed esitanti, ma prendono presto confidenza, si divertono e ridono dei loro errori, correggendosi a vicenda.

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Ogni lezione inizia con una preghiera e un canto in inglese. Noi abitiamo sopra la sala delle lezioni, e i giovani sopra di noi, di modo che abbiamo sempre occasione di incontrarci e di parlarci al di fuori delle ore di lezione. Ogni venerdì, dopo pranzo, è dedicato alla visita di un luogo di interesse turistico di Chiang Mai e dintorni: elefanti, fabbriche di ombrelli, palazzi in montagna, ecc. In questo modo abbiamo occasione di comunicare in inglese. A volte, con i giovani, trascorriamo un fine settimana in un villaggio Kariano, da dove provengono e dove siamo sempre ben accolti. Questo stare accanto per gli studi, la Messa, la preghiera e anche la ricreazione, crea tra di noi una vera amicizia. L’entusiasmo, l’immancabile sorriso e l’umiltà che caratterizzano questi giovani, sono ammirevoli ... e non così frequenti tra di noi in Inghilterra.

Più in generale, quale idea avete della Chiesa e di Bétharram in Thailandia?
- Nella Diocesi di Chiang Mai, la maggior parte dei sacerdoti servono vari villaggi, fino a 70 per ogni parrocchia; perciò devono fare molti chilometri per assicurare la messa, e contare sull’aiuto dei catechisti locali per assicurare una presenza di Chiesa per il resto del mese. La devozione del popolo kariano è meravigliosa e di commovente semplicità per Occidentali “sofisticati” come noi. Siccome quasi tutti i villaggi non sono abbastanza ricchi per far fronte ai bisogni, ricevono aiuto dai cattolici più benestanti, di Bangkok e dall’estero. per quanto riguarda Bétharram, quando noi siamo arrivati nel 2006, c’erano nove sacerdoti europei, in età pensionabile. Attualmente sono solo cinque. Il lavoro pastorale, quindi, ricade sui più giovani, circa 15 sacerdoti, in maggior parte kariani (come i postulanti), che operano prevalentemente tra i Kariani o gli Akha.

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Quando tornate in Inghilterra, cosa vi portate di questa esperienza?
- Innanzitutto speriamo che i nostri allievi apprezzino le lezioni e progrediscano nell’inglese. Ritorniamo segnati dalla loro generosità e dal loro buon umore: essi posseggono poche cose e praticamente non hanno denaro, mentre noi, in paragone, siamo molto ricchi; perciò essi sono più fortunati di noi. Atterrando in Inghilterra, il freddo dell’inverno e le spese superflue di Natale sono lontani mille miglia dai tre mesi di calore e semplicità thailandese. Vorremmo portarne a casa una buona quantità, e diffonderla intorno.

Avete mantenuto dei legami con i  vostri ex alunni?
- Ne ritroviamo alcuni nella casa di formazione di Sampran; quelli che hanno lasciato la Congregazione li incontriamo a Chiang Mai, quando vengono a Messa o passano a salutarci. Che gioia, quando li incontriamo, costatare che hanno conservato un buon livello di inglese e che hanno fatto un loro cammino (in seminario o in famiglia, come catechisti, agricoltori o guide turistiche)!

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Per finire, cosa vorreste dire ai vostri alunni e a tutti?
- Le due cose che nella nostra vita contano di più, sono la fede e la famiglia. Speriamo di aver condiviso qualcosa di questi tesori con questi studenti, ed essi con noi, durante i nostri soggiorni in Thailandia. E sempre abbiamo la convinzione di aver ricevuto da loro più di quanto abbiamo dato ... Dobbiamo chiudere qui: un ex alunno è appena arrivato con due noci di cocco da gustare freschi!


In memoriam | Inghilterra : P. COLIN FORTUNE,SCJ

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Solihull, 3 novembre 1949 | Birmingham, 1° dicembre 2010

Nella fine degli anni Settanta si è prodotta un’inversione di tendenza nelle vocazioni religiose in Inghilterra dopo dieci anni di declino. Ispirati dal Cardinale Basil Hume e incoraggiati dalla elezione di Giovanni Paolo II, molti giovani hanno cominciato a udire ancora la chiamata al sacerdozio o alla vita religiosa. Fu così che nel 1979, due insegnanti sono entrati nel noviziato betharramita, Colin Fortune e Terry Langman. Il loro maestro di noviziato, P. Frank Dutton, li ha accompagnati nella formazione a Worcester, in una dipendenza della Casa Garicoïts, allora troppo piccola per accogliere il crescente numero di studenti.
In capo a un anno, tutta la comunità si era trasferita al Convento di Olton che era la parrocchia di origine di Colin. È là che Colin nacque il 3 novembre 1949, da Olive e Cecil Fortune, umili commercianti che gestivano un panificio. Come i suoi due fratelli maggiori, Alan e Ron, Colin era dotato di una intelligenza brillante: dopo gli studi secondari a Solihull, ottenne una laurea in Inglese a Lampeter, una modesta facoltà dell’Università del Galles, scelta inusuale per qualcuno che possedeva vaste conoscenze in letteratura, arte e musica. Ma Colin non dimenticò questo periodo gallese, del quale conservò diversi amici.
Le sue amicizie della giovinezza erano parte integrante della sua vita, sia quando era professore nelle scuole cattoliche di Birmingham sia quando insegnava, ormai prete, nel collegio di Droitwich.  Fino ai suoi ultimi giorni, li incontrava regolarmente per condividere la musica, l’arte, la conversazione nonché la buona tavola e vini raffinati.
In Colin si fondevano l’antico e il moderno: i suoi gusti culinari e di abbigliamento lo avvicinavano a un Gentleman Vittoriano; nello stesso tempo era sempre aggiornato circa i più recenti sviluppi in materia politica, economica, didattica e di spiritualità.  Negli anni Settanta, il rinnovamento carismatico lo aveva fortemente segnato; più tardi, una volta ritiratosi da una partecipazione attiva in questi gruppi di preghiera, si mostrò però sempre riconoscente per quello che aveva ricevuto: un profondo sentimento di essere stato toccato da Dio attraverso l’amore di Gesù. È questa esperienza che lo ha orientato verso Bétharram. Suo fratello Alan era stato un missionario gesuita in Guyana per 10 anni, ma Colin preferì la mite spiritualità di san Michele alle dure esigenze di Sant’Ignazio.
Dopo un inizio incerto al seminario Oscott College di Birmingham, Colin, che era consapevole di essere più anziano dei suoi compagni e preoccupato di vedere la sua vita sfuggirgli via, fu messo su una ‘corsia preferenziale’ e fu ordinato prete a Olton alla fine di giugno 1986. Trascorse i 5 anni seguenti nel Collegio Sacro Cuore come insegnante di Inglese e di Religione ed ebbe parte attiva nel lanciare la nuova formula del GCSE (nuova maturità). Svolgeva il suo ministero in parrocchia ed era cappellano degli studenti.
Lasciò Droitwich nel 1991 per la Parrocchia di Leigh e trascorse 4 anni come cappellano a St Mary’s Astley, il più grande plesso scolastico della diocesi di Liverpool. È qui che sviluppò un ministero particolare per persone in difficoltà. Persone di tutte le età, tormentati da spiriti cattivi, feriti nelle relazioni o orientamenti personali bussavano alla sua porta. Per molti, che si sentivano lasciati ai margini dalla Chiesa o dimenticati da Dio, fu il testimone dell’amore incondizionato del Cuore di Gesù verso ciascuno di loro: un ministero del tutto betharramita.
In questi ultimi 15 anni, Colin è stato parroco al Santo Nome di Gesù, a Great Barr, una grossa parrocchia nella parte settentrionale di Birmingham. Ma la maggior parte delle sue energie erano profuse nel consiglio di amministrazione del Collegio Stuart Bathurst, di cui era il presidente e dove era molto apprezzato sia dal personale che dagli alunni. La sua passata esperienza nel mondo dell’insegnamento gli fu qui di grande aiuto.
In tutti questi anni, la presenza di Colin ha avuto un’influenza fuori del comune, in parte per la sua briosa convivialità, la sua erudizione e la sua voce poderosa, ma anche per la sua stazza fisica. Già ventenne la sua obesità era causa di preoccupazione per i suoi amici, e lungo gli anni molti hanno cercato di incoraggiarlo e persuaderlo a perdere peso. Tutte le nostre comunità hanno tentato più volte, ma invano. Verso il suo sovrappeso, Colin ostentava una certa indifferenza, ma i suoi confratelli sapevano che era spavalderia, infatti era spesso preoccupato dei rischi causati dalla sua obesità. Nel momento in cui fu colpito da un infarto che gli è stato fatale, nella Symphony Hall di Birmingham, il 1° dicembre, aveva raggiunto 191 kg. Ecce sacerdos magnus.
Nonostante i crescenti problemi di salute, e consapevole che suo padre e i suoi due fratelli erano morti all’età di 62 anni, Colin accettò la carica di Superiore di Vicariato all’età di 59 anni. In soli due anni, si è aperto alla dimensione internazionale della Congregazione,  ha guidato il fragile Vicariato d’Inghilterra ed ha profuso le su migliori energie in questo ministero.
La sua morte improvvisa, mentre l’orchestra da camera di Birmingham suonava il concerto per violoncello di Elgar, ha profondamente impressionato chi gli era vicino e i suoi confratelli della Congregazione di Bétharram, ma è così che avrebbe desiderato morire.
Ora si trova con il Signore, in un luogo di felicità dove ogni preoccupazione e malattia sono state bandite. Sicuramente sta godendosi il banchetto  messianico, la compagnia dei santi e la musica delle sfere celesti! La sua morte lascia un grande vuoto qui in terra, e sentiranno la sua mancanza non soltanto i suoi fratelli e la sua matrigna Esther, ma anche tutti coloro per i quali è stato un testimone dell’amore del cuore di Gesù.

Austin Hughes,SCJ


In memoriam | Francia : P. PAUL FOURCADE,SCJ

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Lons, 14 dicembre1923 | Bétharram, 3 dicembre 2010

Padre Paul Fourcade nacque il 14 dicembre 1923 a Lione, in una famiglia di cinque figli. All’età di dodici anni, il 7 luglio 1935, si ritrova orfano di padre. La sua famiglia soffre molto per la perdita di un padre tanto amato. Ed è portando il lutto che sua madre continuerà a crescere i suoi figli (quattro maschi e una femmina, Yvonne).
Paul si incammina molto presto verso vita religiosa. Dopo l’apostolicato a Bétharram, a 17 anni entra al noviziato di Balarin, nel Gers, dove emette i suoi voti temporanei il 15 agosto 1941. Poi è il momento degli studi ecclesiastici a Nazaret e a Betlemme, e infine il sacerdozio, ricevuto a Bordeaux il 29 giugno 1949.
Gli elogi, meritati, a padre Fourcade non si contano, ma vorrei, da parte mia, insistere sul suo ruolo di professore e di educatore. Inviato al collegio di Bétharram dal 1953, sia come professore di francese e di latino, sia come sorvegliante in dormitorio (infatti, a quell’epoca, i Padri, che erano molto numerosi, facevano di tutto); sia come educatore di modellismo d’aerei e di navi. I meriti, il rispetto, l’influenza della sua azione e della sua opera in questi diversi ambiti, le testimonianze di tutti quelli che ne hanno beneficiato o hanno potuto apprezzarli direttamente, sono uniti in una unanime gratitudine.
Inoltre, padre Fourcade si è dedicato, senza volerlo (lui così discreto) e dando il meglio di sé nella sua missione di professore ed educatore.  Questa era basata sull’amore e quindi sulla carità – una carità accompagnata da questa fermezza, questa energia decisamente indispensabili per guidare gli alunni di 4a e di 3a. Per molti, questo Religioso di Bétharram, ha saputo essere la roccia solida, il padre forte, che, forse, ai più poveri di essi, la natura aveva rifiutato.
Questo sacerdote, questo religioso era coinvolgente; anzi, era un trascinatore per molti. Quanti pendoli riparati con le sue mani di abile tuttofare, quanti mobili restituiti al loro stato originale! Se si comportava male e in mala fede con l’altro, in compenso, aveva il dono della sincerità, a volte, brutale. Aveva anche, allo stesso tempo, la generosità del cuore e il dono dello spirito. La sua emotività si rivestiva, a volte, con una maschera di moneta romana. Uomo di responsabilità, uomo di preghiera, non concepiva che il suo servizio fosse misurato, e che si contassero le sue visite per controllare le acque della scuola e del liceo di Bétharram. Assoluto nel suo lavoro, lo era anche nella simpatia perché lui aveva bisogno  della libertà di azione per dare la sua vera misura di amicizia e di fraternità. Grazie, Padre Fourcade.

Henri Marsaa-Poey,SCJ

Omelia dei Funerali

OMMAGIO A PADRE PAUL FOURCADE | BÉTHARRAM, 06/12/2010

Padre Fourcade ha consacrato tutta la sua esistenza a Gesù svolgendo la missione di sacerdote insegnante durante tutta la sua vita al collegio e al liceo Notre-Dame di Bétharram. È lì che abitava e che si sentiva «a casa sua».
Memoria storica della scuola, a 86 anni, era sempre al servizio di questa istituzione. Fino alla settimana scorsa, come ogni giorno, ci portava la posta che andava a ritirare all’ufficio postale. Discretamente, ma sempre con dignità ed efficacia, bastava chiamarlo per un servizio e si rendeva subito disponibile.
Padre Fourcade era «la vita»: la vita attraverso l’acqua, attraverso le sorgenti, che conosceva come le sue tasche. Se ne prendeva cura con responsabilità. P.Fourcade era anche il desiderio di trasmettere: Aiutare un alunno in francese o in latino, era sempre pronto!
Inoltre sapeva tutto di Bétharram, della sua Storia. Archiviava tutti i documenti da anni. Bastava domandargli un’informazione a proposito di un ex-alunno e ritrovava tutto! Sempre bendisposto, con grande umiltà si accertava che tutto filasse liscio durante i week end o le vacanze.
Padre Fourcade, da parte dell’insieme della comunità educante del collegio e del liceo Notre-Dame di Bétharram, ti rendiamo omaggio. Ci rattrista vederti partire, ma sappiamo anche che dall’altra parte della riva, ci sono persone che ti attendono e che hanno bisogno di te.

Éric Didio
direttore del Collegio Notre Dame de Bétharram


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11. IL COMUNISMO E LA MISSIONE DI TALI (dicembre 1950-dicembre 1951)

a cura di 
Arnaud Pucheu,SCJ

L’Écho de Bétharram
marzo 1952

Nonostante la pressione sfrontata della polizia, non sembra che il movimento progressista riesca a prendere piede a Tali. Dopo la costituzione di un comitato riformista, Monsignore continua come prima a chiedere i permessi alla polizia, il Parroco a sottoporre la traccia delle sue prediche alla censura governativa. «Il potere spirituale non ci riguarda» hanno risposto a Monsignore i capi del comitato riformista. Ma nei primi giorni di gennaio, uno dei capi riformisti, si installava con la sua famiglia nel convento delle Suore, su ordine della polizia: è il soprintendente della missione. Monsignore come gli altri Padri e tutti i cristiani, devono rendere conto a lui, come pure sottoporre tutta la corrispondenza.

Situazione attuale della missione
Nella Diocesi di Tali rimane solo Mons. Lacoste, i Padri Toucoulet e Spini a Tali, che continuano bene o male ad esercitare l’essenziale del ministero; Padre Barcelonne a Tchou Khoula e Padre Londaitzbéhère a Hia Khouan: è loro proibito di esercitare qualunque tipo di ministero con i cristiani; due Padri cinesi, i Padri Liou e Fou, confinati nel loro distretto di Kouti e di Pe Pei lou, preferiscono morire piuttosto che seguire le orme dei riformisti. Suor Albina St-Michel, la sola delle undici Figlie della Croce che resta ancora in Cina, trattenuta a Hian Kouan dalla polizia, per avervi fatto troppo bene senza dubbio.
Partiti i Padri dalla frontiera birmana, come pure i quattro Padri dallo Yunnan-Sud, ci hanno raggiunto a Kunming l’8 gennaio in ottima salute e vestiti come abitanti della savana! Ci seguono in Francia due settimane più tardi.
E’ così che questa missione di circa dodici mila cristiani, di cui tre quarti sono neofiti, distribuiti su un territorio grande come la metà della Francia, e parlanti quattro o cinque lingue, resterà, dopo la partenza di tutti i Betharramiti, tra le mani di due Padri cinesi, aiutati da sette o otto religiose del posto! Dal punto di vista umano, nella nostra Missione come in tutta la Cina, è la catastrofe. I cristiani potranno resistere?
Cari amici e confratelli, vi rivolgo la preghiera che mi ha indirizzato questo giovane di Tali mentre mi abbracciava al momento della partenza del mio aereo: «Padre, Padre, prega per noi, perché la lotta è terribile e non sappiamo se saremo abbastanza forti per resistere alla tempesta. »

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