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01/05/2010

Notizie in Famiglia - 14 maggio 2010


Sommario

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La parola del Padre generale

Villa Betharram - Adrogué (Argentina)

Il sacerdote Michele Garicoïts

Ritengo che tutti i Betarramiti si siano sentiti onorati nel vedere Michele Garicoïts iscritto nella lista dei sacerdoti citati come esempio nel sito internet della Congregazione del Clero, in occasione dell’Anno Sacerdotale voluto da Benedetto XVI.
San Michele Garicoïts si sentiva pienamente prete. Era la sua ragione di esistere. Firmava le sue lettere: Garicoïts, prete. Esprimeva la sua identità sacerdotale con queste parole: essere uomo, essere cristiano, essere prete, prete di Bétharram, superiore di questa comunità. Essere tutto questo, esserlo completamente, voi comprendete come questo sia tutto, per me ! … tutto il resto, vanità, infelicità! (Corrispondenza II, pag.28, lettera 194, n°3). Ha esercitato il suo ministero ed è morto come prete della diocesi di Bayonne, poiché la congregazione venne riconosciuta dalla Santa Sede soltanto dodici anni dopo la sua morte. La sua vocazione si è delineata poco a poco, nel silenzio e nella solitudine della sua attività di pastore, a Oneix. Numerosi sacerdoti comparivano nei suoi ricordi, come i perseguitati nascosti nel fienile, che suo padre faceva fuggire in Spagna, nottetempo, seguendo sentieri segreti attraverso le montagne. Ascoltò sua madre raccontare come fosse stata obbligata a sposarsi in Spagna per evitare che il suo matrimonio  venisse celebrato da un prete ribelle all’autorità del Papa. Questi ricordi di famiglia, la sofferenza di non poter essere ammesso alla prima comunione prima dei quattordici anni, la consolazione di Oneix dove comprese tutto l’amore di Dio, contribuiscono a dar corpo alla sua vocazione. Al punto che egli potrà superare tutti gli ostacoli, fino al giorno in cui sarà ordinato nella cattedrale di Bayonne, il 20 dicembre 1823. Il primo incarico fu come vicario a Cambo. Il suo parroco, l’abate Hardoy, era molto malato. Garicoïts deve praticamente assumersi l’intera responsabilità pastorale della parrocchia. Si dedicò senza risparmiarsi alla predicazione, alla confessione, a visitare i malati e gli emarginati, fondando anche una confraternita del Sacro Cuore di Gesù. Nel 1825 il vescovo, Monsignor d’Astros, lo nomina professore di filosofia ed economo del Seminario di Bétharram. Con la sua testimonianza di vita e la sua dedizione agli allievi, trasformò il clima di comunità del Seminario di cui nel 1831 diventerà superiore. Nello stesso anno il vescovo comincia a spostare a  Bayonne l’insegnamento della filosofia, tanto che nel 1833 vengono ordinati gli ultimi teologi rimasti a Bétharram. Superiore di quattro muri, come gli stesso si definirà, rimane solo con P. Guimon (Corrispondenza I, lettera 10, p.90).
Passerà il resto della vita a Bétharram, come rettore del Santuario di Notre Dame e cappellano delle Figlie della Croce d’Igon. Ancora una volta il silenzio e la solitudine favoriscono una vita di intensa preghiera, ed è in questo clima che gli viene riservata la grazia di fondare la Congregazione dei Preti Ausiliari del Sacro Cuore. Da quel momento il suo ministero si esplica essenzialmente nella confessione, nella direzione spirituale e nella formazione sia dei suoi confratelli sia delle Figlie della Croce.
Altrove, la scristianizzazione della popolazione e la disubbidienza del clero feriscono San Michele Garicoïts. Se aveste visto, come ho visto io, vescovi che piangevano ! Questi fatti, messi a confronto con la Parola di Dio nella preghiera, lo preparano interiormente ad un’esperienza mistica: la contemplazione di Gesù, sacerdote eterno e servitore del Padre, umiliato ed obbediente, che nulla fa per se stesso, ma che sempre è mosso dallo Spirito di Dio, per soffrire e fare tutto quanto Egli vorrebbe. La grazia di questa contemplazione lo conduce a conformarsi a Gesù umile ed obbediente, e a farsi testimone del suo amore. Questo è il segreto di San Michele Garicoïts, il suo modo originale di vivere il sacerdozio.
Questa esperienza, che egli considera un carisma dello Spirito, è da lui offerta ad altri sacerdoti, che si sono sentiti portati a consacrarsi, per imitare Gesù umile ed obbediente, e per procurare agli altri la stessa felicità (DS 40-41). Nasce così la Congregazione nell’ottobre del 1835.
E il sacerdote Michele Garicoïts coglie l’essenzialità del Vangelo, e adotta un’obbedienza ricalcata alla lettera su quella di Gesù. La sua testimonianza sarebbe durata l’intera vita. Morì sulla croce dell’obbedienza, diviso tra la convinzione che il Dio dei piccoli lo aveva scelto per fondare una famiglia religiosa che vivesse i voti in comunità, e l’opposizione del vescovo, che rifiutava di riconoscere il suo progetto di Congregazione. Seguirono infinite difficoltà, ed un’incertezza che portò alla defezione di taluni membri. San Michele è morto in questa situazione nel corso della quale, ubbidendo al vescovo, assisteva alla lenta disgregazione della sua nascente Congregazione; come Abramo, era pronto a sacrificare suo figlio, sicuro tuttavia che Dio, che aveva voluto la Società dei Padri di Bétharram, avrebbe provveduto a far sì che essa vivesse.
L’obbedienza al Padre per amore è un tratto fondamentale di Gesù, il Verbo incarnato. Essa deve di conseguenza essere la caratteristica di ogni discepolo, di ogni prete. Per un Religioso del Sacro Cuore, padre o fratello, ciò che ci deve caratterizzare è lo spirito d’obbedienza… Se l’obbedienza manca, viene  meno anche la ragion d’essere (DS 196-197, RV.60). Quando è vissuta per amore l’obbedienza non esclude né la libertà né i diritti dell’uomo , e consiste nel non fare nulla da soli, ma sempre con lo Spirito di Dio… per soffrire e fare tutto ciò che Egli vorrebbe. (Cfr. DS 40-41). 

Gaspar Fernandez,SCJ


nef-etchecopar.jpgPadre Augusto Etchécopar scrive...
a P. Jean Magendie, 5 marzo 1896

Fratel Athanase si riprende dalla sua crisi di catarro, non dalla malattia degli anni, e nemmeno dalla gioia, sempre la stessa. L’altro giorno sono andato a trovarlo; abbiamo parlato dei vecchi tempi; e lui, animandosi per gradi: «Padre Garicoits! Com’era buono! Sempre pronto a prestare servizio, a darsi agli altri! Come incoraggiava i fratelli! Diceva all’economo: tu sei il loro direttore, sei mio amico, abbi dunque cura i questi bravi fratelli, essi fanno ciò che possono. Per noi, per i fratelli, avrebbe passato e ripassato il Gave cento volte. Un giorno mentre stavo vuotando i bidoni della spazzatura, è venuto ad aiutarmi. Io gli dico: lasci stare; rischia di sporcare la veste; egli mi risponde: lascia fare a me; le vesti non mi mancano; del resto, farò attenzione; e bisogna ingrassare queste terre così magre di Santa Maria». Oh! Quale semplicità incantevole, non è vero? Quanta carità verso i fratelli; che esempio di umiltà! Non è forse l’immagine del nostro sempre dolce Gesù, che diceva: «Io non sono venuto per farmi servire, ma per servire e per dare la mia vita»?


Il mio « eccomi » quotidiano, con San Michele

Limoges - 06/12/2009

Fr. Alfred, in qualità di animatore del gruppo di Limoges dei laici betharramiti, li ha invitati a riflettere insieme sul tema dell’anno : Nella vita di oggi, in quali passaggi della carta e degli scritti di San Michele i nostri differenti impegni di vita cristiana trovano sostanza e valide ragioni per essere portati avanti nonostante le nostre burrasche interiori ?  Come applicarli alla nostra vita? Ecco come Fr. Alfred avvia la riflessione.

Con un sincero spirito di condivisione , mi sembra importante offrirvi la mia piccola testimonianza : quando ripercorro gli scritti di San Michele, molti dei suoi consigli mi paiono di viva attualità. Servire Dio servendo i poveri e le persone semplici. Questo mi procura una gioia immensa ed indicibile!
Di fronte ad ostacoli come il silenzio che mi imbarazza, la solitudine che mi opprime, i desideri del corpo di donarsi ad una compagna e quelli del cuore di amare tutti senza trattenere nessuno, devo ripetere ogni mattina « Eccomi » Signore !
E’ esigente questo «Eccomi » quotidiano ; m’invita a trovare la mia pace e la mia gioia in Cristo ed in null’altro che in Lui. In una preghiera fervente, attraverso un esame di coscienza dei miei sentimenti, mi spinge a condividere le mie esperienze in comunità, a valutare ed obbedire. La mia preghiera di ogni istante è  « Signore, io non sono capace, non sono degno, forse sono perfino incapace ed indegno ; ma basta une tua parola e io sarò degno e capace. » (Lettere 46, Corrispondenza, tome 1)
Seguire (osservare) fedelmente l’opera di Dio senza anticiparla (sopravanzarla)… La confidenza in Dio… camminare con dignità secondo la propria vocazione e missione… Essere e dimostrarsi sempre ed in tutto umili, dolci, pazienti… Sopportare i caratteri più difficili con carità, operare con infinita attenzione per mantenere l’unità di spirito attraverso legami di pace... Operare la verità nella carità per vivere e far vivere gli altri, una carità prudente come quella del serpente e semplice ed amabile come quella della colomba. (Lettere 49, Corrispondenza, tomo 1)…
Queste sono le parole che mi danno la carica nei momenti di dubbio e d’incertezza, di fronte alla tentazione dello scoraggiamento e della dimissione per poter orientare diversamente la mia vita… Trovo gioia in ogni esperienza che mi aiuta a capire a che cosa mi chiama il Cristo: continuare a costruire la mia vita con i religiosi del Sacro Cuore di Gesù!

Alfred Christian Nandjui, SCJ


Carisma di San Michele Garicoïts: spunti personali di una coppia

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"Essere ciò che si è, essere pienamente ciò che si è, questo è importante, anzi è tutto;  il resto non è che vanità. Essere uomo, essere cristiano… essere tutto questo, essere pienamente tutto ciò (Lettera III). Restare serenamente in pace nella posizione in cui Dio ci ha collocati..."
Questi pensieri di san Michele attingono secondo me il vero significato dell’ "Eccomi". Se ogni giorno, con l’aiuto di Dio, cerco di vivere pienamente la mia vita di donna (sul lavoro, in famiglia e in ogni mia attività) e la mia vita di «  serva amata da Dio », se occupo il mio posto pienamente, solo il mio posto, forse arriverei a fare un poco la volontà di Colui che mi ama. Ma non è così facile prendere semplicemente il proprio posto, senza paura, senza orgoglio, con coraggio… questo comporta prendersi del tempo per pregare, per riflettere insieme ad altri ( la fraternità) e per celebrare il Signore. (Mado Bleynie)

In che modo la spiritualità di san Michele impregna la mia vita di ogni giorno?
"Sempre avanti!", è la parola che  pronuncio ogni mattino, alle ore 5,45, alzandomi. Questa parola sgorga da san Michele e dallo slancio che Egli ha voluto dare a tutte le azioni della sua vita.
E’ certamente innanzi tutto un atto di volontà questo “Sempre avanti”, un modo vivificante di tuffarsi in una giornata di lavoro ( o di riposo).  La Carta della Fraternità « Me voici » ci invita ad accogliere nella fede gli eventi del quotidiano: bisogna partire con il piede giusto e poi non farsi « schiacciare » dalle preoccupazioni, dagli imprevisti, da quella sofferenza che ci accompagna e che può assumere diverse forme. La vita di una famiglia non è un lungo fiume tranquillo, non più della vita di un medico generico o della vita in società. Dire “Avanti sempre” significa riaffermare che io voglio star in piedi, come ha sempre fatto san Michele Garicoits, da buon profeta qual’era.
Ma questo « Avanti sempre » vorrebbe essere ben più di un semplice atto di volontà : è l’aspirazione a fondersi addirittura nell’atto creatore di Dio. Con la sua morte e risurrezione il Cristo ci ha fatto coeredi dell’atto creatore del Padre, non perchè la Creazione sia un atto incompiuto che le nostre piccole umanità dovrebbero completare, ma attraverso una grazia divina con la quale Dio ci vuole innamorati di questo Mondo…e noi sappiamo che un amore autentico può trasformare la vita. Mi sembra che in tutta la vita di san Michele Garicoits cè qualcosa del genere. La traduzione più concreto di tutto questo fu il suo desiderio di fondare una Congregazione religiosa. Questo desiderio non fu dettato dall’ambizione di una piccola gloria personale, ma è nato da un  discernimento fatto con un Gesuita che gli indicò la via da seguire. Da quel momento…quale volontà nel profondo del suo cuore, quale perseveranza, quale abnegazione.. sempre con dolcezza e umiltà!  Come “sfiorare” un poco tale comportamento…? C’è un’unica soluzione, certo:  fondersi in carità (o in Amore) in tutti gli atti della nostra vita. Tutto ciò che posso fare non ha alcun senso se l’Amore non ne è l’anima. Questo dunque…e non facile! Al mio « Avanti sempre» del mattino non mi resta che rispondere. “Per Amore”. (Philippe Bleynie)


nef-100509.jpgCapitolo generale G - 365 Betlemme, 14-31 maggio 2011

Spirito Santo, fermento incessante, maestro interiore,
vieni dentro di noi.

Riuniscici in un solo corpo, fa’ che ci rivolgiamo
a Colui che è la nostra Testa e il nostro Cuore.

Egli è la Parola che ci chiama ad incarnare,
nel mondo e nella Chiesa di oggi, la sua oblazione e la sua dolcezza.

Ci ha scelti per manifestare, con i nostri limiti,
l’immensità della sua tenerezza e la bellezza della verità.

A Betlemme, dov’è nato, Tu ci riunisci
per rivedere chi siamo e cosa facciamo.
Tu vuoi rianimare la nostra identità e il nostro ardore apostolico.

Dona a tutta la nostra famiglia il gusto del bene;
donaci la saggezza per sceglierlo e la forza per compierlo.

Rendici docili alla tua grazia, sempre uguale e sempre nuova.
Fa’ di noi dei buoni strumenti nelle mani del Creatore, dei testimoni contenti, misericordiosi, piccoli, costanti, di Gesù Salvatore.

Insegnaci a vivere sotto la duplice legge che tu scrivi nel nostro cuore: l’amore per unirci al Signore nel servizio dei nostri fratelli uomini; l’obbedienza per essere uno e fare la Sua volontà, con gioia e volontariamente.

La Regola sia il nostro ottavo Sacramento, traccia e mezzo
per vivere la tua beatitudine e per procurarla agli altri.

Le nostre comunità siano sempre di più luogo di dono e perdono, centro di comunione, trampolino per la missione, nella vicarìa, nella regione, nella Congregazione.

Le nostre stesse miserie ci rendano più umili, più generosi, più forti,
in Cristo e per Cristo.

Non abbiamo che un desiderio e una preghiera per questo Capitolo, come per ogni giorno della nostra vita:
metterci sotto la tua protezione, far parte del tuo slancio, dire senza sosta «Eccomi» alla scuola di Nostra Signora di Bétharram, di san Michele Garicoits, della Beata Miriam e di Padre Augusto Etchécopar.
Amen. Fiat. Fiat.


5 minuti con... padre Daniel Ramon Martín

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Incontro con P. Daniel Martín, della comunità di Adrogué, curatore di un foglio di spiritualità nato per volontà dei laici betharramiti d’Argentina.

Nef: Come hai conosciuto la Congregazione?
- I padri di Bétharram, Angel e Luis Carraro, erano amici di mio nonno e venivano spesso a casa nostra; fu così che uno dei due divenne mio padrino di cresima. P. Luis, che aveva sempre un viso sorridente e accogliente, ha saputo dove lanciare l’amo… 

Com’è nata la tua vocazione?
- Questa domanda, naturale presso i giovani e i formatori d’oggi, fa sorridere le persone della mia generazione, perché l’epoca era completamente diversa. La chiamata è stata percepita in me osservando mio nonno che si alzava alle 5 del mattino per la sua meditazione; vedendolo lavorare assiduamente nelle diverse attività d’apostolato parrocchiale (sto parlando del 1947). Inoltre c’è stato l’impatto del servizio all’altare durante gli anni in cui facevo parte del coro. Quando a 10 anni ho attraversato l’imponente portico dell’apostolicato di Barracas, il mio cuore ardeva già di un desidero ardente: essere sacerdote.

Durante il tuo ministero, qual è l’esperienza che ti ha segnato?
- Nella mia vita movimentata, a secondo dei diversi ministeri, il mio desiderio è stato quello di accom-pagnare i giovani: aiutarli a far esperienza dell’incontro con Gesù, individualmente e nella Chiesa, attraverso i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia.

Come ti è nata l’idea di una pagina di spiritualità in internet?
- La pagina detta di “spiritualità betharramita” è entrata nella fase dell’adolescenza: ha ormai 14 anni. Ma non è nata sul Web. Per lunghi anni, abbiamo distribuito circa 500 fogli ciclostilati in tutte le nostre opere e movimenti, come la Juventud Betharramita (Gioventù betharramita), la Falabe (Famiglia dei laici betharramiti), presso i nostri collaboratori in pastorale educativa e parro-cchiale. Attualmente ogni comunità la riceve per posta e la fotocopia. Il contenuto non varia: una pagina di spiritua-lità attuale, il suo corrispondente presso san Michele, un invito alla preghiera sulla vita… Avanti, sempre!

Cosa suggerisci per vivere più profondamente lo spirito della nostra Congregazione?
- Seguendo l’invito dei nostri Capitoli generali, la Regola di Vita e i suggerimenti del Superiore generale, smettiamola di riempirci di parole. Riempiamo la nostra vita quotidiana con le intuizioni del carisma e della spiritualità del nostro padre san Michele. Non dobbiamo smettere di “renderli attuali”. Perché si ama solo ciò che si conosce, si vive solo per ciò che si ama, ci si identifica solo in ciò che si vive, si annuncia solo ciò in cui ci si identifica.

Quali sono, secondo te, i punti fondamentali della spiritualità betharramita?
- Guidati da san Michele, si conosce Gesù, Verbo annientato e obbediente, ci si abbandona alla sua volontà proprio per lasciarsi riempire della pienezza di Dio-Amore – la legge interiore della carità. Guidati da san Michele, si viene chiamati a diventare Kerigma, vivendo come testimoni di Dio-Amore, attraverso il Vangelo della libertà, forza salvifica di Dio donata a tutti gli uomini.
In che modo questa spiritualità può riunire e nutrire la fede dei laici fedeli di oggi? - Mi rifaccio al documento di Base della Famiglia dei laici betharramiti (1997). Ciò che sembra carismatico, come elemento integratore e motore nella Chiesa, è il legame con Gesù Cristo, parola eterna-mente umanizzata, nel mistero di Dio-Amore, Uno e Trino; il legame con la Chiesa, quale mistero di comu-nione, e alla sua missione; il legame con il mondo, con le realtà quotidiane e temporali, come lievito nella pasta; il tutto, con uno stile betharramita. L’intuizione di san Michele è proprio quella di aver scoperto l’essenziale della Rivelazione di Dio-Amore in Gesù, nel suo stile di vita (il Vangelo) e nella sua missione liberatrice, questo Gesù del Vangelo, annientato e obbediente, adoratore del Padre – eccomi per realizzare il tuo progetto di salvezza -, servo degli uomini – eccomi per realizzare il tuo disegno di misericordia e di liberazione -, in relazione vitale con la comunità - la Chiesa –, con un ardente desiderio missio-nario: procurare agli altri la stessa gioia (Manifesto).


 Progetto solidale: Costa d'Avorio 2009

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Il punto sul campus di Dabakala

L’anno scorso, nell’ambito del Progetto solidale 2009, la Congregazione era invitata alla condivisione con le nostre comunità della Costa d’Avorio in generale e con la comunità di Dabakala in particolare. P. Luc-Martial Kouadio, superiore della nostra comunità  nel paese djimini, mette a punto gli interventi.

Vogliamo ringraziare tutti i donatori e i benefattori della Congregazione. Un grazie particolare a coloro che hanno sostenuto il progetto del campus di Dabakala. Col loro apporto, ciò che rimaneva da fare per migliorare le condizioni di vita dei giovani è progredito bene. I doni ricevuti (per un totale di 4.259,300 franchi CFA, 6500 euro) hanno finanziato la ristrutturazione di quattro docce e di quattro toilettes, la costruzione di un  nuovo “appatam” (un locale per il riposo e lo studio) e il rifacimento di un altro, l’acquisto di dieci letti a castello e il ripristino della recinzione.
I giovani sono contenti di tutto ciò che facciamo per loro. Non smettono mai di ringraziarci. Sono trentasei giovani provenienti da tutto il dipartimento  per poter frequentare la scuola a Dabakala. Tre di loro sono all’ultimo anno, dodici sono in terza e gli altri nelle classi intermedie.
Quest’ anno ci siamo sforzati di andare oltre nell’accompagnamento dei giovani. Due volte alla settimana, due professori di francese e di filosofia propongono loro dei corsi particolari. Queste prestazioni sono pagate con la retta dei giovani che ammonta a 2000 franchi CFA al mese (circa 3,2 euro).
Inoltre, due farmacisti dell’ospedale di Dabakala, insegnanti volontari al Liceo, offrono corsi di recupero di matematica e fisica agli alunni delle classi che hanno esami ( terza e terminale). In qualità di cristiani della parrocchia essi prestano gratuitamente il loro servizio. Risultato : nel primo e secondo trimestre i voti dei giovani sono in netto progresso rispetto all’anno precedente. Quattro o cinque sono i primi della loro classe. La maggioranza dei giovani del campus hanno un rendimento medio.
Dal punto di vista materiale, occorre trovare un finanziamento di 1.200.000 franchi CFA (1850 euro) per potere ristrutturare « l’angolo cucina » del campus, dove i giovani si preparano da sè i pasti. Ancora una volta, un grande grazie a coloro che ci sostengono e…che continueranno a farlo !

Luc-Martial Kouadio,SCJ


Birmingham - Lourdes 

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Un indimenticabile pellegrinaggio pasquale

Pendant Durante la settimana di Pasqua ho avuto il privilegio di partecipare al pellegrinaggio a Lourdes dell’HCPT (Handicapped Children Pilgrimage Trust – Associazione dei pellegrini bambini portatori di handicap). L’HCPT è stata fondata nel 1956 da un medico, Michael Strode, che aveva accompagnato 4 bambini portatori di handicap in pellegrinaggio nella città mariana. Il suo obiettivo principale era di far vivere a loro quest’esperienza in modo pieno; li fece alloggiare in un hotel e non all’ospedale, e li trattò come gli altri pellegrini.
Ancora oggi, tutti gli anni a Pasqua, l’HCPT accompagna a Lourdes circa 2.000 bambini portatori di handicap. Questi bambini sono di origini etniche e religiose diverse. Divisi in piccoli gruppi con accompagnatori, quest’anno venivano dalla Gran Bretagna, dall’Irlanda, ma anche dalla Croazia, dalla Romania, dalla Slovacchia, dagli Stati Uniti e dalle Antille. L’HCPT organizza uno dei più grandi pellegrinaggi dei bambini dalla Gran Bretagna.
Io ho avuto la fortuna di far parte del gruppo 204 del West Midlands, che P. Austin Hughes, SCJ accompagna come cappellano dal 2002. Il nostro gruppo era composto da 19 persone di cui 6 bambini portatori di handicap e un adulto con difficoltà motorie.
La mia esperienza al Centro Sainte-Élisabeth di Muchhadam, nell’estate 2008, con bambini con gravi difficoltà di apprendimento, mi ha permesso di raggiungere il gruppo e di partecipare alle diverse attività, con animo sereno. Molte erano incentrate sul tema del pellegrinaggio dell’anno: «Chiamati a servire». Abbiamo apprezzato molto il giro sui passi di Bernadette e la vecchia Lourdes, il ballo in montagna, i giochi sul prato, i momenti di pausa e di canti nei caffè, le visite senza preavviso alla grotta per la preghiera, le piscine, la processione con le candele e la Messa speciale per l’HCPT.
Mercoledì 7 aprile, P. Austin ci ha guidati a Bétharram; ha raccontato al gruppo la storia del nostro fondatore san Michele Garicoïts e le umili origini della nostra Congregazione. Il Sacramento dell’unzione degli infermi e la Messa sono stati celebrati per noi nella cappella di san Michele. Dopo il pic-nic, abbiamo visitato il santuario della Madonna e meditato sulle stazioni della Via Crucis. Tutti i membri del gruppo ci hanno detto di aver apprezzato il momento spirituale vissuto a Bétharram.
Fare un lungo cammino con questo gruppo è stata, per me, una magnifica esperienza; è stata una delle più belle settimane della mia vita, piena di risate, di relax, di incontri con persone incredibili e dei bambini meravigliosi, senza dimenticare la forte dimensione spirituale del pellegrinaggio a Lourdes. Essi mi hanno onorato della loro accoglienza, ed io ho potuto condividere con chi non ha tutte le fortune che ho io. Come accompagnatore, ho percepito un profondo legame con i membri del gruppo, e mi sono fatto dei grandi amici.
Durante il pellegrinaggio, mi sono reso conto che è nel dono di sé che si riceve l'affetto e l'amicizia dei bambini e altri volontari. Posso dire con orgoglio che il pellegrinaggio HCPT a Lourdes mi ha arricchito umanamente. Il tema dell’anno, «Chiamati a servire», mi ha ricordato la spiritualità del nostro fondatore san Michele, quando dice di «procurare agli altri la stessa gioia». Dico che ho cercato di fare del mio meglio per rendere gli altri felici, sia i membri del gruppo che le persone incontrate in quei giorni a Lourdes.

foto    Wilfred Pereppadan,SCJ


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4. LE NOSTRE MISSIONI DURANTE LA GUERRA

a cura di
Jean-Baptiste Magenties,SCJ

L’Écho de Bétharram
gennaio 1946

Alla sua erezione nel 1929, la Missione indipendente di Tali era composta di 1.281 cristiani. Questo numero aumentò di anno in anno lentamente ma costantemente: 1.281, 1.574, 1.739, 2.052, 2.243, 2.400 circa. Nel 1938, grazie alla conversione dei Lau, la curva ascendente si alzò bruscamente a 5.038; nel 1939, il numero era di circa 11.600 e, nel 1940, non era lontano dai 20.000 su 5 milioni di abitanti. Per contro, la Prefettura apostolica disponeva di 16 Padri, 2 o 3 sacerdoti cinesi, 3 fratelli e 7 Figlie della Croce.

Nel momento dello scoppio della guerra in Europa, le nostre opere avevano bisogno di svilupparsi. Nonostante le nostre risorse fossero insufficienti perché potevamo contare solo sulle offerte che arrivavano dalla Francia, andavamo avanti con fiducia. Ma il temporale scoppiato ha rivoluzionato tutto. Che disastro!
[La guerra arriva nello Yunnan con le truppe giapponesi. La residenza di Pao-Shan viene distrutta dai bombardamenti; P. Saint-Guily e le Suore che se ne occupavano dovettero raggiungere Tali. Con la mancanza di risorse, tutti i nostri missionari subirono dure privazioni; furono obbligati a chiudere il “probatorium”, le scuole, i dispensari e a licenziare catechisti e professori, non potendoli più pagare… (Nef, sett. 1944)].
Con la mancanza di risorse, a poco a poco tutte le opere scomparvero! Le scuole, ad eccezione di tre, furono chiuse. I catechisti ci lasciarono, perché non potevamo più assicurargli uno stipendio. La scuola preparatoria al Seminario fu chiusa. La vita subiva aumenti di proporzioni allarmanti; le nostre risorse, anch’esse, diminuivano sempre… nelle stesse proporzioni. La quantità di riso che veniva venduta a 0,80 franchi nel 1939, ora veniva pagata 2.400. Il cotone che ci costava 2.000 fr. quattro anni prima, ora costava 1.600.000. E bisognava nutrire e vestire tutti! Di conseguenza, all’inizio del 1944 non avevamo più niente. Per fare economia, inviavo quattro missionari a lavorare in altre missioni e io andavo ad offrire aiuto in altre missioni più fortunate della nostra.
I nostri Padri della regione dello Ten-Yuch furono molto provati. Rimasero prigionieri dei giapponesi per due anni, di cui un mese di prigionia effettiva, ma sempre nell’angoscia del domani, esposti ai capricci degli invasori, che potevano, da un momento all’altro, inviarli nei campi di concentramento. Se sono riusciti a scampare, lo attribuiscono alla speciale prote-zione di san Giuseppe e del nostro Beato.
Ma sono i Padri del Sud che soffrirono le privazioni più grandi. Per due anni io non ho potuto rifornirli e non avevano più niente. Temendo per la loro salute, avevo loro scritto di raggiungere Tali, dove avremmo condiviso ciò che avevamo, nell’attesa di tempi migliori. Ecco ciò che mi rispose p. Trezzi che si trovava in quella regione dall’assassinio di P. Bart: «Noi dobbiamo restare con i nostri cristiani a tutti i costi, per evitare l’apostasia di tutti i nostri Lau. Sarà duro: a tal proposito non mi faccio alcuna illusione; ma mi piacerebbe sapere qual è oggi il paese fortunato dove gli uomini non conoscono le difficoltà della vita. È forse più difficile imporre una simile situazione ad altri. Ma è necessario».

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Nef è il bollettino ufficiale della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù di Betharram.
La redazione è a cura del Consiglio Generale.

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