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Sessione 1
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01/05/2010

Notizie in Famiglia - 14 giugno 2010

Notizie in Famiglia - 14 giugno 2010


Summario

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La parola del Padre generale

Basilique du Sacré Cœur - Paris (France)

Il Cuore sacerdotale di Gesù

Il nostro amato Papa Benedetto XVI ha focalizzato l’anno sacerdotale sul Cuore di Gesù, citando il curato d’Ars : Il sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù. Come Religiosi del Sacro Cuore di Gesù, ci immedesimiamo in questa spiritualità. Il nostro padre San Michele Garicoïts si è immerso nella contemplazione del Cuore del Verbo incarnato, nell’amorosa obbedienza alla volontà del Padre, che gli chiedeva d’essere Figlio e null’altro che Figlio, e pertanto il dolce fratello di tutti gli uomini. Ispirandomi al ritiro predicato al Papa dal cardinale Vanhoye nel 2008 – Accogliamo il Cristo, nostro Sovrano Sacerdote  –  vi invito a penetrare nel Cuore sacerdotale del Cristo.
Il sacerdozio del Cristo non si identifica con le attività rituali esteriori, né con i sacrifici e gli olocausti, bensì con gli atteggiamenti e le decisioni del suo cuore, fin dal suo concepimento e nel corso di tutta una vita di cui ha fatto offerta, come atto di fraterna solidarietà: Così, venendo al mondo, il Cristo disse, come recita il Salmo: “Tu hai rifiutato sacrifici ed offerte, ma mi hai dato un corpo. Tu non hai accettato gli olocausti e nemmeno le espiazioni del peccato; allora ti ho detto: Eccomi, mio Dio, sono venuto per fare la tua volontà, perché è proprio di me che parlano le Scritture.” (Eb 10,5-7; Sal 40,7-9). Mistero dell’Incarnazione.
Il momento decisivo è la Passione di Gesù. In essa Gesù è vittima del peccato degli uomini. Innocente, lo si tratta da reo : viene perseguitato, tradito, venduto, rinnegato, umiliato, maltrattato, condannato, flagellato, coperto di sputi e messo in croce... E’ la conseguenza di una natura umana che Egli ha assunto sino alla fine.
La risposta fedele, per amore, nell’obbedienza al Padre e nella compassione per gli uomini, esprime un cambiamento radicale che conduce ad una nuova Alleanza, ad un nuovo cuore e ad uno spirito nuovo. “Interiormente tutto si trasformò, a partire dal cuore. Esteriormente, quello che maggiormente si presentava come l’opposto dell’amore è divenuto l’occasione per un amore più grande, grazie alla generosità del cuore di Gesù. Non si saprebbero immaginare circostanze più contrarie ad uno sviluppo dell’amore: ingiustizia, crudeltà, tradimento; eppure tutto ciò che si oppone all’amore dà origine ad un sovrappiù d’amore, in uno straordinario superamento. Il segreto di tutto ciò si trova nel Cuore di Gesù, e quindi nell’amore di Gesù.” (Card. Vanhoye)
Affermare che queste sofferenze fossero volute da Dio sarebbe falsare la verità. Un Padre non può volere la tragedia vissuta da Gesù nella sua passione. E’ piuttosto il Padre che, per amore del Figlio e soffrendo insieme a Lui, ha subito un’ingiusta sofferenza. Tuttavia, per impressionanti  che ci possano apparire, non sono le sofferenze esteriori che ci hanno redenti. “Non sarebbe stato altro che un evento tragico e scandaloso.” (ibi 179). E’ piuttosto la decisione filiale e fraterna che Gesù prende nel suo cuore nel corso di così atroci sofferenze a dar loro valore di redenzione, rendendole così occasione di “un amore fino all’estremo”. 
La volontà del Padre è tutt’altra cosa. Essa consiste nel fatto che un uomo, in queste tragiche circostanze, finisca con l’abbandonarsi all’amore che unisce e non  all’odio che divide, o alla vendetta che ulteriormente aggrava il male. Perfino in questa situazione limite, il Figlio non cessa d’essere obbediente : Padre, che non sia la mia volontà a compiersi, ma la tua ! (Lc 22,42) – e continua ad essere un fratello compassionevole e misericordioso verso ogni uomo : Padre, perdonali: non sanno quello che fanno (Lc 23,34). Non si ribella, non pensa soltanto a se stesso né  cerca, spinto dall’odio, di imporsi e di prevalere con la forza sui suoi persecutori. Era necessario rompere la spirale della violenza e della vendetta, per portare una risposta nuova, quella dell’amore fino al dono della propria vita. Una risposta  che inaugurasse una nuova maniera di vivere.
Siamo salvati dall’amore del Cuore di Gesù: a dispetto delle lotte e delle contraddizioni da Lui subite, nulla potrebbe impedirgli di decidere secondo l’amore ricevuto dal Padre, e con “l’amore vissuto come figlio di Dio nella sua natura umana, e con le sofferenze, i sentimenti e le decisioni degli uomini” (ibi 179).
Questa decisione presa nel suo cuore dall’amore è la prima volta che avveniva. E questo amore, in tale tragica circostanza, fu la sua risposta alla volontà di riconciliazione, d’unità e di comunione del Padre. Nessuno aveva potuto fornire tale risposta : il desiderio di alleanza, d’unità e di comunione restava allo stadio delle buone intenzioni, poiché nessun cuore d’uomo era capace di rispondere pensando al Padre e agli altri. Ciascuno infatti risponde in funzione dei propri interessi. Gesù invece risponde affrontando il rischio di perdere tutto, fiducioso nell’amore del Padre che terrà fede alle promesse e non potrà abbandonarlo.
La mediazione sacerdotale dell’amore del Cristo riunisce due atteggiamenti fondamentali: da un lato l’obbedienza filiale al Padre, dall’altro l’umiltà, la misericordia e la dolcezza fraterna con gli uomini. Obbedienza e solidarietà verso i peccatori piuttosto che separazione e severità nei loro confronti. Partecipando, con il battesimo e gli ordini sacri, al sacerdozio di Gesù Cristo, dobbiamo vivere col cuore sorretto da questo stesso amore che ci ha redenti : Che la loro unità sia perfetta; il mondo saprà allora che tu mi hai inviato, e che tu li hai amati come tu mi hai amato. (Gv 17,23).

Gaspar Fernandez,SCJ


nef-etchecopar.jpgPadre Augusto Etchecopar scrive...
ai Religiosi del Collegio San José di Buenos Aires, 18 giugno 1882

Sono convinto, cari Padri e cari Fratelli, che lungo questo mese, esprimerete a questo divin cuore la vostra riconoscenza e la santa fierezza di portare il suo nome e di essere i ministri della sua misericordia. Alla vista di questa ferita visibile che ci manifesta la ferita invisibile dell’amore, ripetete spesso: "O amore! senza inizio e senza fine e senza misura! Il mio debole amore di un giorno sospira e grida verso di voi: Eccomi! Ecce venio!…"


Crescere nella fede e nella vita

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Il 9 maggio, Mons Vincent Landel,SCJ arcivescovo di Rabat, è stato invitato a Roma per cresimare 36 giovani del Liceo Chateaubriand nella chiesa San Luigi dei Francesi. La sua omelia, di cui pubblichiamo ampi stralci, può essere luce per i confermandi  e per i cristiani … confermati.

Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv 14,26).

Le parole che abbiamo appena ascoltato sono il  regalo più bello da parte della Chiesa, da parte del Signore: «il Padre mio lo amerà, noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23)! Sentirsi dire che il Padre che è nei cieli ci amerà; quante persone vorrebbero sentire questa parola d’amore e non la sentiranno mai … Sentirsi dire che il Padre che è nei cieli verrà a casa nostra (…) Cosa c’è di più bello che la persona amata accetti l’invito di venire a casa mia! Fareste di tutto per abbellire la vostra casa! Sentirsi dire «abiteremo presso di lui»; non così, tanto per venire, ma per dare un senso più pieno alla vostra vita! Tanti di voi me l’avete scritto nelle vostre lettere: ricevere la cresima non è solo per essere più praticanti, ma anche per mettersi al servizio dei propri fratelli come esseri umani!
Tali parole sono un bellissimo dono che ricevete, cari cresimandi, (…) ma sono anche un bellissimo dono per me, arcivescovo di Rabat, che desidera potervi dire come il Padre che è nei cieli ami non soltanto i pochi cristiani che siamo, ma tutti gli uomini di buona volontà, e in particolare i musulmani che sono la quasi totalità dei miei diocesani. L’amore di Dio è veramente senza limiti … Dio ama tutti questi musulmani; con loro faccio delle esperienze meravigliose!
Ricevendo questo regalo, desidero ricordare alcune parole che mi avete scritto nelle vostre lettere. Praticamente tutti mi avete detto che dovete diventare «adulti nella fede»; che avete ricevuto il battesimo quand’eravate bambini e prendete consapevolezza che ora la vostra vita cristiana, non fa più parte della storia dei vostri genitori, ma è la vostra storia, ed anche che avete bisogno della guida di persone adulte! Adulti nella fede, è molto bello, ma lo diventerete a condizione che accettiate nello stesso tempo di diventare sempre più adulti nella vostra vita umana; grazie allo studio acquisirete delle competenze, assumerete delle responsabilità, farete delle scelte nella vostra vita … non sono forse gli stessi passi che siete chiamati a compiere nella vostra vita di fede?  La vostra fede non può essere ridotta alla messa della domenica: è a tutta la vostra attività umana, familiare, sociale, economica, politica che siete chiamati a dare una colorazione cristiana. Lo Spirito che riceverete tra poco vi darà questa sapienza, questa forza, questa intelligenza, questo consiglio, per progredire come uomini e donne cristiani.
Mi avete molto parlato di dubbi nella vostra vita cristiana; ci sono momenti in cui uno si pone delle domande, ed è normale per voi (…) come lo è per me. Avere un dubbio, non significa rifiutare di credere, ma cercare di comprendere meglio qualche cosa che oggi ci sembra oscuro. Non abbiate paura di questi dubbi, vi aiuteranno a crescere nella vostra fede. Lo Spirito vi darà la luce di cui avete bisogno.
Però è importante non installarsi nel dubbio, ma ascoltare il Cristo che ci dice «non abbiate paura», come ce lo hanno ripetuto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Non ho ricette da darvi, ma quando siete presi dal dubbio, non esitate a pregare, a contemplare COLUI che vi ama; non esitate a tuffarvi nella parola di Dio con altri. (…) Il Vangelo è un messaggio che si rischiara giorno dopo giorno, soprattutto se accettiamo di essere aiutati da altri … i fratelli maggiori nella fede non sono più santi di noi, ma possono aiutare a farci le vere domande che ci faranno progredire.
Molti di voi mi hanno parlato di impegno; è vero, uno che ha ricevuto la confermazione non può restare a braccia conserte e guardare una chiesa e un mondo in via di costruzione. Ci sono diversi impegni da assumere: la catechesi, lo scoutismo, i senza fissa dimora, e molte altre realtà (…) C’è anche un aiuto umanitario da vivere, ma non svolgetelo soltanto come «umanitari», fatelo da cristiani. Questo aiuto umanitario ci supera, ma può riempire di senso le nostre esistenze …

Mons. Vincent Landel, SCJ


Santa Maria dei Miracoli | Nostra Signora di Bétharram

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Colei che salva dalla acque (1)

Questi due santuari, pur distanti nel tempo e nello spazio, sono accomunati da un prodigio analogo e commovente: un bambino e una fanciulla salvati da sicuro annegamento nel fiume. Prima parte: Nostra Signora dei Miracoli a Roma, 485 anni fa …

Roma, 20 giugno 1525. Era l’anno del Giubileo. Nel Tevere in piena, le acque vorticose trascinavano sulle sponde sterpi e ramoscelli. Per procurarsi della legna da ardere, una donna molto povera, tenendo per mano il suo bambino di pochi anni, scese fin sul greto del fiume, vicino al porto di Ripetta, nei pressi di Piazza del Popolo. Il bambino, mentre la madre era intenta a far legna, si mise a goicare sulla riva. Un’ondata improvvisa gli fece perdere l’equilibrio e in un attimo la furia del fiume lo travolse. La donna si accorde subito che il figlio stava per annegar e gridò disperatamente, ma sulla riva del Tevere in piena non c’era nessuno che potesse accorrere in aiuto. D’istinto si volse verso un antico arco posto lì vicino e da cui sorrideva l’immagine di Maria con il Bambino Gesù. Gli occhi pieni di lacrime della madre si fissarono in quelli della Madre di Dio: / - Madonna santissima, salva il mio bambino! – implorò fra le lacrime.
Il piccolo rischiava ormai di essere sommerso in un gorgo, quando apparve accanto a lui una luminosa figura di donna. La bellissima Signora, tutta vestita di bianco, tese le braccia e, sollevando il bambino dell’acqua, lo condusse a riva, mentre l’eco delle invocazioni della mamma giungeva fin sulla strada. Accorse gente, quando il piccolo era ormai in salvo e la misteriosa signora non c’era più. Il bambino, però, raccontò tutto quello che gli era accaduto e la madre mostrò l’immagine di Maria alla quale aveva chiesto soccorso.
L’impressione fu enorme, e il racocnto del miracolo si diffuse in poco tempo in tutta Roma. Il luogo divenne meta di una intensa devozione popolare: la Madonna apparse sulla riva del Tevere attirava ogni giorno tanti pellegrini che andavano a chiedere grazie. Il Papa Clemente VII fece costruire una cappella per custodire l’affresco, e in quel piccolo oratorio di Santa Maria dei Miracoli fu oggetto di una grande venerazione. L’oratorio, però, era stato eretto in una zona dove le ricorrenti piene del Tevere l’avrebbero un pochi anni distrutto.
La custodia della cappella era stra affidata nel 1529 ai Padri Cappucini: fu la loro prima sede in Roma; ma essi ben presto furono costretti a cercare un luogo più salubre e al riparo del fiume. Fra i custodi della Madonna dei Miracoli vi fu anche S. Camillo De Lellis, che verso il 1580 cominciava il suo apostolato tra gli infermi nel vicino ospedale di S. Giacomo. L’8 settembre del 1584, proprio in quella chiesetta, assieme a quattro compagni, vestì l’abito talare e si consacrò al servizioe degli infermi, fondando in tal modo l’ordine dei “Ministri degli Infermi”. La chiesetta e i modesti locali annessi rappresentarono di fatto la prima sede del nuovo ordine religioso.
Ma il sito della cappella, sulla riva del Tevere, non prometteva nulla di buono. L’affresco originale, per volere del Card. Salviati, fu staccato e trasferito nel la chiesa di San Giacomo, che intanto egli stava facendo ricostruire. Per la cappellina, lo stesso Cardinale provvide una copia su tela: è interessante notare come la devozione continuò non tanto in S. Giacomo, quanto davanti a questa nuova immagine; i prodigi si moltiplicarono e la devozione si diffuse anche fuori di Roma. L’immagine venne successivamente spostata nella chiesa di S. Orsola; ma una sede ben più maestosa era destinata ad essa: infatti lo splendido Santuario che prese il nome, appunto, di Santa Maria dei Miracoli, era ormai in costruzione. Gemello, per la prospettiva archittetonica, della vicina Santa Maria in Montesanto, il Santuario fu progettato su disegni di artisti illustri: Carlo Rainaldi, Carlo Fontana e Gian Lorenzo Bernini. Nel 1679 fu solennemente inaugurato dal Cardinale Gastaldi, e il quadro con l’effigie miracolosa da secoli continua a testimoniare con grazie straordinarie la presenza materna di Maria.

Giuseppina Sciascia
"Madre di Dio", luglio 1990


 

Sessione internazionale per i voti perpetui

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Du Dal 24 aprile al 21 maggio, ho vissuto nella nostra Casa Madre con 8 “giovani germogli” pieni di vigore e di promesse per il Bétharram di domani. Otto in più tra le “forze nuove”, che non soltanto fanno propria l’eredità conservata con cura e affinata dalle generazioni precedenti, ma apportano un nuovo stile, un nuovo slancio. E aprono un nuovo capitolo della nostra storia che, con la sua novità, si pone in continuità con il passato. Infatti, questo passato, i giovani lo amano e lo rispettano.
Li ho visti parlare con emozione della loro vocazione, dei loro modelli di religiosi e di sacerdoti, del loro ideale di vita consacrata e comunitaria. Li ho visti gioire dei «luoghi santi» del carisma (scoperti nella realtà e non più attraverso le immagini). Hanno giocato con la neve (era la prima volta per la maggior parte di loro). Ho potuto constatare l’impronta lasciata in loro da quei Padri e Fratelli che con grande dedizione li hanno accompagnati nel loro cammino di formazione, Religiosi di Bétharram o di altre famiglie religiose, maschili e femminili.
Ho apprezzato l’apertura di spirito, il senso del servizio e la disponibilità dei Padri anziani e dei più giovani, delle comunità della Casa Madre e altrove. Ne ho fatto tesoro per la mia vita spirituale, un po’ bistrattata dal culto del lavoro, inaridita e assetata di elisir betharramita e, grazie a questo, inconsciamente, assetata dell’Amore di Dio …
Infine, lo riconosco, ho cambiato opinione circa la necessità della mia presenza: perché lasciare un’intera Regione, per un mese, con problemi e questioni in sospeso? Per essere con questi giovani, per accompagnarli e bere con loro alla sorgente del nostro carisma. Dopo qualche settimana, grazie al sito della Congregazione rivivo questi momenti condivisi. L’emozione e la speranza riemergono, intatte.
Come è buono il Signore con noi Betharramiti! Per costruire il Regno tra i poveri e gli esclusi, ci dona dei giovani fratelli scelti. Hanno visi nuovi e diversi colori. Non meritavamo tanto…

Gustavo Agin,SCJ


5 minuti con... padre Mario Sosa

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La conclusione dell’anno sacerdotale ha visto confluire a Roma in generale, e in via Brunetti in particolare, preti da tutto il mondo: hanno risposto all’appello del Papa a ritrovarsi e rinnovarsi nel sacerdozio. Tra loro P. Mario Sosa, Paraguayano di nazionalità e betharramita grazie alla professione. Abbiamo voluto conoscerlo più da vicino.

Nef: Ci parli della sua vocazione di religioso e prete:
- La mia vocazione, come tutte le vocazioni religiose e sacerdotali, è un miracolo dell’amore personale del Cristo. Ci rende partecipi gratuitamente della sua vocazione, dell’appello del Padre suo. Ci coinvolge nella sua offerta generosa: Non hai gradito né sacrificio né offerta, allora ecco, io vengo per fare la tua volontà … (Salmo 39). E’ così che nei lontani anni Cinquanta, sono entrato in seminario su invito di un vecchio amico di scuola, per curiosità più che altro. E poco tempo dopo, curiosamente, questo amico, che era stato lo strumento del mio primo contatto con la famiglia betharramita, ha lasciato il seminario,

Quale sentimento suscita in lei il guardare a questo percorso?
- Dall’alto dei miei 70 anni, e in questo anno sacerdotale, rendo grazie a Dio per la mia vocazione. Non rimpiango di aver seguito questo cammino segnato dalla Provvidenza. Mi sento realizzato in quanto persona, in quanto cristiano e in quanto prete. Ho assunto responsabilità nel collegio e nella parrocchia, ho vissuto diverse esperienze. Insomma, sento la gioia e la soddisfazione di chi ha servito e continua a servire con amore e per amore.

Qual è il suo attuale ministero?
– Sono rientrato per la seconda volta nella comunità del Collegio apostolico San José; il mio incarico di cappellano mi permette di continuare ad arricchire con il carisma di Bétharram il lavoro educativo, e di vivere pienamente la mia vocazione di religioso-prete.

Bétharram in Paraguay è molto impegnato nell’educazione. Qual è la posta in gioco per il suo paese, per la Chiesa e la Congregazione?
– I Preti di Bétharram sono arrivati in Paraguay nel 1904, su esplicita richiesta del vescovo: era suo desiderio che si facessero carico dell’educazione dei giovani. Con questo, voleva contrastare lo spirito laicista e anticlericale che pervadeva l’insegnamento pubblico. Attualmente più di 5000 alunni fanno i loro studi nei cinque collegi diretti da Bétharram in questo paese. In questo modo, la Congregazione rimane fedele alla missione ricevuta dall’autorità ecclesiastica 106 anni fa. L’educazione è l’obiettivo principale, ma non unico, della nostra presenza in Paraguay.

In quali circostanze si è interessato ai movimenti delle sètte?
– Quando ero parroco del Sacro-Cuore di Ciudad del Este, negli anni Ottanta, ho dovuto affrontare questo problema. Mi sentivo disarmato di fronte al proliferare delle sètte e alla confusione religiosa che alimentavano nella mia parrocchia. Ho avuto allora la fortuna di incontrare un vecchio Padre gesuita, che aveva una lunga esperienza in materia. Grazie ai suoi consigli, ho potuto mettere a punto una catechesi per adulti semplice e pratica, ripresa poi anche dalle parrocchie vicine. Al mio rientro nella capitale, l’arcivescovo di Asuncion mi ha nominato coordinatore dell’equipe di promozione della fede cattolica nella sua arcidiocesi. Già il documento finale della conferenza del CELAM a Santo Domingo aveva domandato di istruire la gente sulla problematica delle sètte.

Cosa si aspetta dall’incontro internazionale di sacerdoti che l’ha condotto a Roma?
- L’anno sacerdotale ci offre una magnifica occasione per rinnovare il nostro impegno di religiosi-sacerdoti di Bétharram. Questa iniziativa della chiesa si rivela tanto più urgente in questo periodo di crisi e di scandali che sta attraversando. D’altronde, la nuova organizzazione della nostra Congregazione in Regioni e Vicarìe ci incoraggia anche a rifondare la nostra vocazione e la nostra vita religiosa, personalmente e in comunità.

Cosa direbbe ad un giovane che le confiderebbe il suo desiderio di consacrare la sua vita al Signore?
– Gli direi che gli apostoli non si sono mai pentiti di essere stati fedeli alla loro vocazione. Se questo giovane ha avuto la chiamata, che continui malgrado le difficoltà. L’obiettivo è nobile e buono, di conseguenza: avanti sempre, come direbbe san Michele Garicoïts.

Un’ultima parola?
– Sul retro dell’unica immagine-ricordo che conservo della mia ordinazione, si può leggere: «Prete per la grazia di Dio – ordinazione sacerdotale – Padre Mario Sosa Gamarra – 10 dicembre 1966 – Asuncion, Paraguay». Dio mi ha scelto senza alcun merito da parte mia. Nei limiti della mia esistenza umana, mi ha fatto la grazia di associarmi alla vocazione di Gesù Cristo stesso. Ringrazio anche la Congregazione di Bétharram per avermi dato l’opportunità di vivere la mia vocazione di religioso e di prete. Da Roma, la città dei santi e dei martiri, vorrei far giungere questo messaggio a tutti i miei fratelli betharramiti: Avanti sempre!

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Progetto solidale: India 2010



Il progetto della nostra missione in India si è concretizzato nel settembre del 1995 con l’inaugurazione di Shobhana Shaakha, per la formazione dei primi giovani indiani che alcuni anni prima avevano bussato alla porta di Bétharram e che erano stati temporaneamente accolti in residenze di altri religiosi.
Attualmente Bétharram in India può contare su un piccolo drappello di religiosi sacerdoti ed un nutrito gruppo di giovani in formazione. Ormai i loro visi e le loro attività ci sono abbastanza familiari grazie alle notizie pubblicate su betharram.net.
“L’India è un crogiolo di religioni… Malgrado le sue ricchezze culturali e religiose, l’India di oggi è ferita, ha bisogno di una liberazione interiore.” Così scriveva sulla Nef n° 22 del 2007, P. Biju Alappat, attuale Superiore della Vicarìa - che sottolineava come “la missione di Bétharram è di rivelare la giustizia e la compassione di Dio verso i poveri e i diseredati, con l’opzione per i poveri, la semplicità di vita, una forte esperienza di Dio, la santità personale e la vita fraterna.” Un vero programma di vita. Dove e come lo sta vivendo Bétharram in India oggi?
Con due case di formazione, una parrocchia affidata ai Betharramiti e una serie di progetti in cui a vario titolo e a vari livelli i nostri confratelli sono coinvolti (Bidar, India meridionale e alcune diocesi dell’India nel nord-est).
La casa di Bangalore, Shobhana Shaakha, accoglie i novizi della Regione Beata Miriam (Indiani e Tailandesi) e alcuni aspiranti. Nella casa di Mangalore troviamo invece gli studenti di Teologia, di Filosofia e anche alcuni “College Students”, impegnati nell’ottenimento di un titolo statale.
Una nuova comunità si è appena inserita nella Diocesi di Bangalore assumendo la responsabilità di una parrocchia nei sobborghi della città. Tre giovani padri e due giovani in formazione stanno facendo esperienze di missione nell’India del nord-est, (Arunchal Pradesh e Assam) accompagnati dai Missionari di San Francesco di Sales. A Bétharram, nel maggio scorso, durante la sessione in preparazione alla professione perpetua, ho potuto constatare l’entusiasmo di coloro che erano appena tornati da queste esperienze: mettevano in luce la ricchezza che ne avevano tratto per la loro vita spirituale, senza nasconderne le difficoltà, ma indicando in questa parte dell’India la presenza di un possibile campo di missione per Bétharram. Nel mese di maggio, grazie alle ultime ordinazioni, il numero dei religiosi sacerdoti betharramiti sale a 9.
Quest’anno la nostra Congregazione è invitata a sostenere questi nostri fratelli impegnati nella missione di evangelizzazione in India. Lascio l’ultima parola a p. Biju Alappat: Dio non ci chiede di avere successo. Ci chiede semplicemente di fare un tentativo giorno dopo giorno. Il Padre del Cielo conosce le nostre necessità, veglia sulle nostre iniziative, ci invia le sue abbondanti benedizioni. Colma i nostri limiti e ci indica la strada con una dolce fermezza. Facciamo di tutto perché in coloro che incontriamo possiamo vedere Gesù e a loro volta possano vedere Gesù in noi.
Sosteniamo con la preghiera, l’incoraggiamento e l’aiuto concreto questo loro sforzo!

Enrico Frigerio,SCJ


In memoriam | Francia: P. HENRI NADAL, SCJ

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Bayonne, 22 maggio 1920 | Bétharram, 12 maggio 2010

Chi era Padre Henri Nadal? Nasce il 22 maggio 1920, a Bayonne, in una famiglia di militari, di 11 figli, profondamente cristiana: il 24 maggio è battezzato nella Chiesa di Saint-Pierre-d’Irube.
Nel 1930 entra nel collegio Notre-Dame di Bétharram. Nel 1937, fa il noviziato a Balarin, nel dipartimento del Gers, e parte per la Terra Santa nel 1938; fa la professione perpetua a Emmaus, il lunedì di Pasqua del 1942.
E’ ordinato sacerdote il 20 febbraio 1944, nel Carmelo di Betlemme. Rientra in Francia nel 1946, dopo aver svolto il servizio militare in Siria, in un collegio gestito dai Fratelli delle Scuole Cristiane.
Giunto in Francia, è chiamato ad una serie di servizi nel campo dell’educazione: alla Scuola Apostolica; al Collegio Saint-Affrique, nell’Aveyron; all’Ecole Ozanam a Limoges.
Nel 1952, Padre Henri arriva all’Union des Oeuvres, via de Fleurus, a Parigi. Vi rimane fino al 1968, quando diventa responsabile della comunità della cappellania di Nostra Signora del Rifugio presso le Ancelle di Maria, ad Anglet.
E’ difficile seguire le tracce della sua attività apostolica di questi anni attraverso la Francia: partecipa a Congressi, a Settimane Sociali, anima Ritiri per Sacerdoti, Religiosi e Religiose … ; senza che questo gli impedisca di condividere i numerosi eventi gioiosi e i lutti della sua numerosa famiglia..
Nel 1976, ritrova il Collegio Ozanam e la Diocesi di Limoges: dapprima come parroco della parrocchia di Saint-Léonard-de-Noblat, fino al 1995; in seguito al servizio della Diocesi …
Per gli ultimi anni della sua attività, collabora con la comunità di Pibrac, in seguito con la comunità del Santuario di Bétharram.
Questo lungo percorso rivela un prete aperto a tutti, che rivela la misura della sua grandezza nel lavoro nella formazione e nell’accompagnamento spirituale.
Ha vissuto l’”Eccomi” del Sacro Cuore di Gesù come vero discepolo di san Michele Garicoïts. La sua richiesta di esercitare il ministero sacerdotale fino agli ultimi mesi della sua vita, mette in luce anche la sua disponibilità nutrita nel silenzio, la lettura della Parola di Dio e anche di autori spirituali, in particolare P. Varillon, che sapeva proporre agli altri; sapeva condividere le sue scoperte.
Ho vissuto 8 anni con lui presso le Ancelle di Maria: posso testimoniare che se la comunicazione non era invadente, la comunione fraterna era genuina e profonda: la sua fedeltà era un sostegno per molte persone incontrate lungo la sua vita.
Durante gli ultimi giorni di malattia, è passato dalla fiducia filiale all’Abbandono totale al Padre, condividendo le parole del Cristo: «Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito».

Gaston Gabaix-Hialé,SCJ


In memoriam | Francia: P. BEÑAT SEGURE, SCJ

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Itxassou, 25 maggio 1933 | Bétharram, 31 maggio 2010

Padre Beñat Segure nasce a Itxassou il 25 maggio 1933, in una famiglia di tre figli. Compie gli studi secondari al Collegio Notre-Dame di Bétharram e il Noviziato a Pau: si consacra al Signore con la Professione religiosa nel 1953. Gli studi di filosofia e di teologia subiscono un’interruzione di 26 mesi per il servizio militare: 4 mesi in Germania e 22 in Algeria; questa lunga esperienza lascia un segno in lui e conferma la sua audacia e il suo coraggio …
Termina la sua formazione per il sacerdozio ed è ordinato prete il 29 giugno 1967, a Bordeaux. Da vero figlio di san Michele Garicoïts, parte per l’Africa, segue una formazione pastorale in Alto Volta (l’attuale Burkina Faso), prima di andare in Costa d’Avorio, dapprima a Ferkessedougou e poi a Katiola fino al 1971.
Rientra in Europa per terminare una laurea in spagnolo. In questo periodo, in quanto cappellano del Collegio Ozanam a Limoges, incoraggia la fondazione del Movimento Eucaristico Giovanile. Con il suo entusiasmo e il suo carisma di sportivo, diventa una figura di punta per numerosi alunni. In seguito riparte per l’Africa dove è nominato direttore del Collegio-Seminario di Katiola.
Dal 1979 al 1984, è direttore del Collegio Notre Dame di Bétharram, poi dal 1984 al 1990 è direttore del Centro Etchecopar di Saint-Palais. Riparte per la Costa d’Avorio fino al 1994, nonostante una complicazione cardiaca.
Dal 1994 al 2002, fa parte della comunità dei cappellani delle Servante de Marie a Anglet.  Da persona che ama prendere il largo, saprà apprezzare la vicinanza dell’oceano…
Arriva alla Casa di Riposo a Bétharram nel 2003 dopo un breve periodo in America Latina. Al suo arrivo, P. Beñat sostiene la corale di Montaut con generosità e entusiasmo. Riceveva il programma dei canti il lunedì e lo studiava con assiduità lungo tutta la settimana; ha lasciato numerosi quaderni dove annotava l’accompagnamento dei canti.
Tutti i venerdì, regolarmente e in anticipo, andava alla chiesa di Montatut per la prova di canto. Il sabato o la domenica, era lui a salutare  parrocchiani con la sua voce squillante, tendendo la mano con generosità.
In occasione di feste e anniversari dei membri della corale, sapeva infondere la sua gioia contagiosa, e sprigionava con voce chiara e poderosa il forte  irrintzina che risuonava ben oltre le mura del presbiterio.
* Irrintzina : grido proprio dei Baschi, pastori e tutti coloro che vivono in montagna, per esprimere un sentimento: la gioia alla vista della casa lasciata dall’inizio dell’alpeggio, il dolore per la perdita di una pecora, la manifestazione di un sentimento amoroso o un grido di collera ..
La vigilia delle esequie, il gruppo della corale al completo è venuto ad esprimere la sua gratitudine a Beñat. Il giorno stesso delle esequie, erano tutti presenti per dirgli che contano sul suo sostegno per aiutarli a perseverare in questo bel servizio della comunità cristiana.
Uomo di relazione, fedele al Paese Basco, è stato cappellano dei Baschi di Pau «Lagunt eta  maïta» (Aiuta e ama! in basco) per dieci anni … e dal 2007, era anche cappellano della confraternita della Cerise d’Itxassou...
Uomo di relazione, Beñat, quando richiesto dal responsabile del santuario, si rendeva volentieri disponibile per l’accoglienza dei pellegrini ed era felice di aiutarli a scoprirne la bellezza.
Uomo di relazione, sapeva essere vicino alle persone disabili alla Casa di Riposo … Non temeva la morte, aveva preparato la celebrazione delle sue esequie: è restato vivo in mezzo a noi fino alla sua partenza il 31 maggio, festa della Visitazione di Maria.

Gaston Gabaix-Hialé,SCJ


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4. LE NOSTRE MISSIONI DURANTE LA GUERRA

a cura di
Jean-Baptiste Magenties,SCJ

L’Écho de Bétharram
gennaio 1946

Seguito della lettera di P. Trezzi: «Ritengo che i confratelli della nostra comunità siano in grado di sopportare [le attuali privazioni] e anche di più grandi. Abbiamo ancora un po’ di riso: i nostri cristiani, invece, ne sono ormai privi. Ormai da molto tempo hanno finito di raschiare il fondo delle loro scorte … Ogni giorno l’uno o l’latro viene a portarmi alcuni pomodori selvaggi o alcune erbe della foresta in cambio di un po’ di riso, non per lui, ma per i piccoli che ancora non sanno cosa sia la guerra e perché non ci sia riso nel piatto. Vado allora in magazzino, chiudo gli occhi e cerco di attingere il riso alla superficie per non sentire il fondo;  e mentre lo porgo, dico a me stesso che rimane certamente ancora molto riso nel cestino.»
Da parte sua, P. Etchaïde mi scriveva: «Non siamo nell’abbondanza, questo è sicuro; ma chi tra noi potrebbe esigere una dieta migliore?» Una dieta migliore? Senza mostrarsi esigenti, avrebbero potuto augurarsi un miglioramento, loro che molto spesso avevano soltanto un po’ di erbe per condire il riso, consumato per di più con estrema parsimonia per farlo durare più a lungo. P. Etchaïde potrebbe arrivare a dirvi che un giorno non avuto niente da mangiare. Erano anche costretti a diradare le visite reciproche, per confessarsi, perché non avevano più scarpe e le strade sono accidentate in quella regione.
P. Oxibar mi scriveva: «Ogni giorno sono più felice del giorno precedente.» Grazie all’aiuto degli Americani, ho potuto approvvigionarli un poco. La loro situazione, tuttavia, non è brillante. E siccome un giorno esprimevo il mio dispiacere di non poter fare di più: «Non si preoccupi – mi dicsse P. Etchaïde – fin tanto che ci sarà una radice sulle nostre montagne … » quando poi non erano le foglie degli alberi, con cui gli abitanti nutrono i loro maiali. Questi Padri sono veramente in gamba, sono degli eroi, dei “Garicoïts redivivi».
Le condizioni dei loro cristiani li preoccupa molto più della loro situazione materiale. Eppure vivono in capanne che non sono in grado di proteggerli dalle intemperie. Fortunatamente piove soprattutto nella stagione calda e la pioggia, anche di notte, è più facile da sopportare. Le loro cappelle, una trentina, cadono in rovina. Tuttavia, il loro rammarico più grande è il fatto di non poter organizzare l’istruzione di tanti cattolici, di lasciare migliaia di catecumeni senza la possibilità di una catechesi che li conduca fino al battesimo.
D’altronde, queste sofferenze sono condivise da tutti i Padri nei loro distretti. E adesso che possiamo contare sugli aiuti dalla Francia, cominciamo a riprendere le nostre opere. Tra alcuni giorni, indirizzeremo alcuni ragazzi verso il Seminario. P. Lacoste ha riaperto due scuole. I padri Trezzi e Oxibar aspettano un segnale e qualche aiuto per aprirle a loro volta. P. Pirmez sta prendendo iniziative analoghe (…) Le Suore, tra poco, riprenderanno la loro opera di Pao-Shan; a Tali, già ingrandiscono l’orfanotrofio. E’ una vera primavera dopo i freddi dell’inverno. Basta una pioggia rigeneratrice per far rifiorire le piante che sembrano morte. Speriamo che sia lo stesso per le nostre opere della missione di Tali.

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