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14/02/2013

Notizie in Famiglia - 14 Febbraio 2013


Sommario

 

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La parola del Padre Generale

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LA PASTORALE VOCAZIONALE BETHARRAMITA

Il lavoro vocazionale deve essere il nostro primo impegno pastorale. In effetti, se il carisma è stato per noi l’occasione di incontrarci con Gesù, e se questo incontro ha impresso un nuovo orientamento alla nostra vita dando un senso a tutte le cose e riempiendoci di gioia, non possiamo astenerci dal fare la medesima proposta ad altri perché facciano la nostra stessa esperienza.

Potremmo dire che la Pastorale vocazionale costituisce il primo passo della nostra missione, poiché è con essa che dobbiamo fare la proposta del Dio-Amore manifestata in Gesù Cristo annientato ed ubbidiente. Si tratta in primo luogo di questo e non di reclutare persone che continuino le nostre opere. Se non si ottengono frutti in questa prima tappa della formazione, non è possibile passare alle seguenti. Anche se il numero non è il fattore essenziale, è tuttavia certo che senza candidati non si potrà parlare di formazione e che, di conseguenza, in  futuro non si avranno religiosi.   
Se rileggiamo la storia dell’arrivo dei nostri religiosi in Italia, è impressionante vedere come la loro maggiore preoccupazione fosse quella di ottenere nuove vocazioni per la Congregazione. La stessa cosa si verificò anche altrove. Per molto tempo la cura di questa attività pastorale restò delegata al religioso espressamente incaricato delle vocazioni, mentre gli altri si disinteressavano della questione. Lo stesso succede ancor oggi. La preoccupazione vocazionale deve invece essere di tutti, se veramente crediamo nella nostra vocazione e nella nostra missione, e se veramente amiamo i giovani e la Congregazione.
In un mondo in cui continuamente si sostiene che vi sia una grande sete di Dio, dobbiamo trovare i mezzi adeguati per proporre il nostro carisma ai giovani, con serietà e con linguaggio appropriato.
 Non è mai stato facile vivere in maniera responsabile la vita cristiana. Neppure nel nostro tempo. Non credo però che oggi sia più difficile. Penso che sia diversamente difficile. Certo, accostarsi ai giovani ed accompagnarli non è cosa facile. Ma il  problema dell’evangelizzazione e della Pastorale vocazionale si riduce a questo? Lasciate che condivida con voi una riflessione che ho letto nella rivista spagnola “Vida Nueva” (n° 2.823, 10-16 nov. 2012, pag. 50):

«I primi gruppi di studenti che non sono stati catechizzati arrivano all’università. Alcuni di loro non hanno ricevuto nessuna educazione o formazione religiosa, conseguentemente di questo mondo ignorano tutto: linguaggio, strutture, racconti, riti e contenuti. Situazione aggravata da pregiudizi, luoghi comuni e stereotipi sulla religione, ricevuti e creati soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione audiovisivi, loro principale fonte di informazione.
Non che nutrano per l’argomento una specifica avversione; sono, in grande maggioranza, soltanto indifferenti o, come usano dire, appartenenti ad un’altra ondata. Mi sono ritrovato in aula con studenti che non conoscono la parabola del figliol prodigo, che ignorano tutto del contenuto delle Beatitudini o addirittura preghiere come il Padre Nostro o l’Ave Maria. La sparizione dei valori religiosi è un fatto evidente, anche se varia secondo i tempi e le zone del nostro Paese. Tutto ciò fa riflettere, ed è sintomatico. Forse questi studenti sono l’espressione della fine di un mondo oppure, chissà, la risultante di una colossale dimenticanza… .
La nuova evangelizzazione deve dunque essere un’occasione per ripensare la meccanica della trasmissione, e per indagare sul perché essa abbia rovinosamente fallito nel corso dell’ultimo mezzo secolo. Deve anche essere un’opportunità per riflettere sul linguaggio idoneo a trasmettere il Vangelo in un mondo reso saturo di immagini e banalità, ed estraneo al silenzio ed al valore della serietà». (Francesco Torralba, filosofo).
È certo che, come in ogni altra attività pastorale, si tratta ora di chiedere al Padrone della messe che mandi operai alla sua messe… . Sono convinto che questo percorso passi attraverso una pastorale giovanile nella quale si praticano gli Esercizi ignaziani  e l’accompagnamento spirituale con continuità. È anche certo che la cosa più importante è la testimonianza gioiosa della nostra vita e delle nostre comunità. Ma questo non basta. Come nell’evangelizzazione, la risposta all’inevitabile domanda «ma perché è così?» dovrà essere data in ragione della nostra speranza, con semplicità e dolcezza; e la proposta dovrà improntarsi a queste parole: «Da quando conosco Gesù annientato ed ubbidiente, incontrandolo mi sento felice. Anche tu puoi essere felice conoscendolo, amandolo ed incontrandolo». Come è possibile conoscere Gesù annientato ed ubbidiente se nessuno ne parla? Come saranno il mondo e la Chiesa senza uomini  e donne che chiedono, ad imitazione di Cristo, di vivere questo annientamento e questa ubbidienza? Che sarà di noi se non avremo avuto il coraggio di proporre lo stile di vita del Vangelo?
La nostra testimonianza di vita cristiana è tanto preziosa quanto fragile. La sua bellezza brilla nei martiri, lungo tutta la storia della Chiesa. Brilla ancora oggi, quando è autentica. La nostra testimonianza di vita cristiana non è qualcosa che si aggiunge al resto. È la nostra stessa vita, nella sua coerenza con Gesù, nei suoi tratti essenziali, nelle sue attitudini, azioni e parole che noi vogliamo riprodurre. L’intera nostra vita di religiosi è segno e annuncio di Gesù Cristo (RdV. 13). Tutto ciò che noi siamo e viviamo manifesta e parla di qualcun’altro più che di noi stessi, manifesta la persona di Gesù. La nostra principale preoccupazione non è tanto quella di rendere testimonianza, quanto di vivere autenticamente la nostra vita cristiana. Questo è già in se una testimonianza. Dobbiamo essere cristiani per ciò che Gesù Cristo significa nella nostra vita, non perché gli altri se ne accorgano. Lo vedranno, sicuramente!
Tutte le nostre testimonianze sono limitate, sono testimonianze di peccatori. Siamo in continuamente chiamati a convertirci, con un impegno ascetico, perché la nostra vita sia fedele alla sequela di  Gesù in tutta la sua portata. Inoltre, molte volte succede che le incoerenze degli altri tolgano ogni valore testimoniale alla nostra vita cristiana, anche se vissuta responsabilmente.
D’altra parte, se vissuta seriamente, la nostra vita cristiana vale di per se stessa e non per il valore che le attribuiscono gli altri. In questo modo, può essere significativa per certuni e lasciare indifferenti altri, oppure indurli alla violenza provocando così persecuzione invece di ammirazione. È quello che succede nella parabola del seminatore: semina la buona semenza in tutti i terreni ciascuno dei quali la riceve secondo le sue condizioni, dalle quali dipenderà il raccolto (cfr. Mc 4, 1-20).

Gaspar Fernández Pérez, SCJ

 


 

smichel.jpgSan Michele Garicoits scrive... 

Sant’Ignazio ha raccomandato l’obbedienza con un tale fervore! Regole, lettere sull’obbedienza e sulla perfezione religiosa. I motivi: 1°, perché se non si distinguono per questa virtù, che la Scrittura attribuisce in modo eminente a Gesù (Fil 6,38 2,8 Gv 6,38 e Sal 39,9.), coloro che professano di seguire come modello questo Salvatore non potranno sia pur lontanamente raggiungere la sua perfezione; 2°, perché non essendo le Regole vincolanti sotto pena di peccato, la disciplina verrebbe a perdere la sua forza se non fosse sostenuta da un grande rispetto nei confronti degli ordini dei Superiori; 3° perché solamente l’obbedienza  dà origine nell’anima a tutte le altre virtù e le mantiene vive dopo averle prodotte. Del resto, l’essenza della di vita religiosa è il voto di obbedienza, ex theologis post Thomam.    (M 400)

 



VITA DELLA CONGREGAZIONE

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Riunioni in Casa generalizia

CONSIGLIO DI CONGREGAZIONE
(21 - 28 gennaio)


Dal 20 al 27 gennaio si è riunito nella Casa Generalizia il Consiglio di Congregazione. Una settimana intensa in comunione con le diverse realtà della nostra Congregazione, rappresentate dai Superiori Regionali e dal Consiglio Generale. La Regola di Vita prevede che questo incontro si tenga almeno una volta ogni due anni, ma è ormai tradizione incontrarsi una volta all’anno, visto anche il numero più ridotto dei membri. Come ho detto, si tratta di una bella esperienza di comunione; francese, spagnolo, inglese, italiano: le quattro principali lingue parlate nella Congregazione erano presenti, ma ancor più in profondità la vita della Congregazione, con le speranze e le preoccupazioni di ogni vicariato.
Evidentemente il tema principale è stato il giubileo betharramita per i 150 anni dalla morte del nostra Santo Fondatore: tutti ci siamo sentiti coinvolti a fare di quest’anno un tempo di grazia. Il carisma per tanti anni è passato  dal cuore di Cristo fino al cuore del mondo, grazie all’ispirazione di san Michele e alla fedeltà di tanti religiosi e laici e possiede ancora la forza per continuare a crescere.
La Casa Madre di Bétharram sarà certamente il punto di arrivo e anche punto di partenza per molte attività: attualmente si sta rinnovando la cappella di San Michele, con una nuova ubicazione della sua statua e una ristrutturazione di tutto l’insieme. Si tratta del patrimonio più prezioso della nostra Congregazione e tutti ci sentiamo chiamati a fare il possibile perché sia sempre meglio valorizzato.
La principale responsabilità del Consiglio di Congregazione è la realizzazione pratica delle decisioni del Capitolo Generale. Tutto è stato avviato con molto entusiasmo e disponibilità. Si vanno formando comunità internazionali a Pau, Olton, Great Barr ... e si sta preparando il terreno per altre comunità a Mendelu, Droitwich ... e forse presto anche in Vietnam. La coscienza di internazionalità si percepisce con sempre maggiore chiarezza nei diversi Vicariati, specialmente tra i giovani religiosi: questo risponde ad un accurato discernimento, basato su progetti chiari e interessanti. È questo un modo per rinnovarsi e portare vita là dove a volte lo scoraggiamento e la stanchezza vogliono avere il sopravvento.
Abbiamo parlato anche dei laici e dei diversi modi di partecipare e bere al carisma di Bétharram, secondo lo stile e la cultura di ogni paese. Si vanno chiarendo i principali tratti che definiscono (senza uniformare) il profilo del laico betharramita. In alcuni paesi sono ben organizzati, in altri meno: però rimane sempre molto chiaro che tocca a noi religiosi aprirci a loro e permettere che il tesoro che abbiamo ereditato da San Michele appartenga anche a loro.
Dal cuore di Cristo al cuore del mondo ... Come non ricordare qui l’intuizione geniale del Concilio Vaticano II che definisce il laico: “Uomo della chiesa nel cuore del mondo e uomo del mondo nel cuore della chiesa” ... Sono trascorsi 50 anni dal Concilio, e ancora nella chiesa non si dà spazio sufficiente al laicato (non sempre, e non dovunque ha conquistato il suo cuore) ... Nel Consiglio di Congregazione siamo stati incoraggiati a far crescere o almeno a non soffocare i molti segni di vita e di speranza, presenti nei vari gruppi laicali in ogni Vicariato.
Molti altri temi sono stati affrontati in questa settimana di comunione congregazionale: il rafforzamento della cassa per la Formazione, l’animazione vocazionale, la partecipazione alla Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro, la preparazione alla Professione Perpetua, la situazione economica delle tre regioni (l’Europa condivide con gli altri la crisi economica, nei paesi emergenti sembra ci sia più ottimismo): nella grande e semplice famiglia di Bétharram siamo chiamati a vivere concretamente l’economia di comunione.
La condivisione della preghiera nella bella cappella della Casa Generalizia ha rinnovato la nostra fede e la nostra disponibilità: “Eccomi” abbiamo cantato il primo giorno, ed ora continuiamo a cantare nei nostri rispettivi luoghi di missione.

Tobia Sosio, SCJ

 

 

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(PP. Laurent Bacho, Sylvain Dansou, John Chan, Jacky Moura, Gustavo Agín, Guido García, e due invitati: PP. Simone Panzeri e Stervin Selvadass)

SERVIZIO DI FORMAZIONE
(28-31 gennaio)

Da lunedì 28 fino a giovedì 31 gennaio, noi membri del Servizio di Formazione Betharramitha, con la presenza di P. Gaspar Fernandez Perez, abbiamo condiviso alcuni giorni di lavoro intenso, durante i quali abbiamo potuto prendere visione della realtà della formazione nella nostra famiglia religiosa, condividere le soddisfazioni e le fatiche, le gioie le speranze della missione che ci è stata affidata, e progettare insieme i passi da fare nel futuro immediato.
Gettando uno sguardo sul lavoro di questi giorni, nasce nel cuore un sentimento di gratitudine verso il Signore, soprattutto guardando la vita di tutti i nostri giovani in formazione che si sentono spinti a chiedere di consacrarsi totalmente al Signore secondo il carisma proprio di Bétharram. Essere testimoni privilegiati della chiamata che Gesù fa ad ognuno di loro ci rafforza e ci impegna a rinnovare la nostra missione.
Abbiamo anche potuto mettere in comune la vita delle nostre case di formazione di tutto il mondo, le attività realizzate dai giovani in ogni singola tappa della formazione iniziale, le sfide che ogni regione deve affrontare.
Insieme a P. Enrico Frigerio, presente per l’occasione, abbiamo fatto la valutazione della sessione di preparazione alla professione perpetua dell’anno scorso. In quanto formatori presenti alla sessione, abbiamo espresso il nostro parere ed evocato le preoccupazioni che gli stessi partecipanti alla sessione ci avevano fatto giungere, come pure i suggerimenti tesi a migliorare ulteriormente questa esperienza negli anni a venire.
Un aggiornamento della Ratio Formationis era necessaria, a partire dalla nuova edizione della Regola di Vita (febbraio 2012). La Ratio era stata recentemente arricchita con l’inclusione del punto 4 del capitolo 1, cioè, gli “elementi della pedagogia betharramita”, e con altre aggiunte suggerite dagli stessi formatori. Con tutto questo nuovo materiale, abbiamo lavorato a una nuova e definitiva redazione della Ratio, che sarà pubblicata a breve, dopo che saranno stati messi a punto alcuni dettagli di carattere redazionale.
In questi giorni, inoltre, grazie alla presenza dei tre maestri dei novizi dei tre noviziati regionali (Betlemme, Adrogué, Bangalore), abbiamo trattato più profondamente la tappa del noviziato. Abbiamo condiviso la realtà di ogni noviziato, e, inoltre, abbiamo potuto constatare l’importanza fondamentale degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio, come prezioso strumento proprio della nostra eredità carismatica. Il mese ignaziano viene proposto ai novizi come asse centrale di quella tappa della formazione che ha lo scopo di portare ad un’esperienza profonda dell’amore di Dio e della sequela di Cristo. Infatti, gli Esercizi Spirituali del Santo di Loyola aiutano il novizio a fare un passo importante verso la conversione al Vangelo, l’incontro personale con Cristo, l’esperienza del carisma, l’opzione della sua vocazione e la sua disposizione per la missione (Ratio Formationis 98).
Infine, P. Graziano Sala ci ha offerto una visione completa della situazione economica della Congregazione riguardo alla formazione. Dobbiamo sottolineare la solidarietà che esiste tra i vicariati, che vivono una vera economia di comunione. Tuttavia, è necessario che tutti i religiosi raddoppino gli sforzi in vista dell’aiuto da dare alla formazione.
Verso la fine del mese di gennaio abbiamo terminato il nostro lavoro. Ognuno di noi è rientrato nelle rispettive comunità per continuare la missione che ci è stata affidata. Che il Signore, per intercessione della Madonna di Bétharram, di San Michele, della Beata Miriam e del Venerabile Padre Etchécopar, continui a benedire il nostro lavoro e ci accompagni sempre. Avanti sempre!

Guido García, SCJ

 

 

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(P. Gustavo Agín, P. Gianluca Limonta, P. Jacky Moura, P. Graziano Sala F. Andrew Ferris)

INCONTRO DELLA COMMISSIONE PER IL RECYCLAGE 2015

Nella prossimità della festa della Presentazione del Signore, giorno di giubilo e di preghiera per la Vita Consacrata, si è riunita a Roma, presso la Casa Generalizia, la Commissione di studio per la sessione formativa per i religiosi con più di quaranta anni di età, che avrà luogo in Terra Santa nell’estate del 2015.
In sei giorni d’intenso lavoro, come membro di tale gruppo di studio, posso attestare che, in un autentico spirito di servizio e di fraternità, abbiamo cercato di progettare un itinerario, con un chiaro orientamento biblico - esperienziale, affinché possa aiutare i futuri partecipanti a tale incontro a rilanciare e rinvigorire la propria dimensione umana e vocazionale, per giungere a una nuova sintesi di vita tra esperienza e Vangelo, tra vocazione e vocazione a essere betharramita.
Attraverso un confronto, continuo e serrato, si è dato avvio alla costruzione di un percorso formativo che possa aiutare i partecipanti, a distanza di alcuni o molti anni dalla professione perpetua, dall’ordinazione sacerdotale, dall’ultimo periodo di “riposo ” o di sessione, a fare il punto sulla propria vita di uomo e di religioso di Betharram.
Alla luce di quanto afferma Papa Benedetto XVI, nel motu proprio Porta Fidei, al N°6: “grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita ”.
Inoltre, come ci ricordano gli Atti del XXVI Capitolo Generale, all’inizio della quarta parte, è necessario insistere “sulla priorità della formazione permanente, fondata sull’accompagnamento personalizzato di ciascuno che favorisca l’esperienza di Dio e l’approfondimento della vocazione” (n°4).
In quest’ottica e con tale spirito, i giorni di sessione in Terra Santa, saranno scanditi da momenti di riflessione e di condivisione a partire dalla ricchezza e dall’unicità offerta dai luoghi biblici (Betlemme, Nazareth, Gerusalemme e altri) per dare spazio alla rivitalizzazione di un percorso umano e di fede che avrà il suo culmine nei dieci giorni di Esercizi spirituali, secondo lo stile di S. Ignazio.
Nell’equilibrio e nell’omogeneità fra giornate di lavoro e giornate di riposo, assai preziose per interiorizzare ciò che si vivrà in quei luoghi, si darà l’opportunità ai partecipanti di incarnare nella propria vita e nella propria missione quelle parole tanto care a S. Michele: “Eccomi, senza ritardo, senza riserve .… solamente per Amore”.
 
Gianluca Limonta, SCJ 
 

 

Decisioni del Superiore Generale e Consiglio

  • Il 24 gennaio, il Superiore Generale con il suo Consiglio ha approvato la nomina di P. Mario Sosa come superiore del collegio e della parrocchia “San José” (Vicariato del Paraguay).

IN MEMORIAM

  • Il 23 dicembre, a Chéraute (Francia), è morto il fratello di P. Bernard Béhocaray scj, il Sig. Battit Béhocaray. La nostra preghiera di suffragio si unisca a quella della famiglia e di P. Bernard.


 5 minuti con...

... i tre Superiori regionali

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Dopo due anni di servizio svolto nelle Regioni e alla vigilia dell’anno Micheliano, abbiamo chiesto ai Superiori Regionali riuniti a Roma per il tradizionale appuntamento del Consiglio di Congregazione (21-27 gennaio), di raccontarci la vita e i progetti in atto nelle Regioni.
Dai racconti che ci sono stati fatti possiamo avere uno sguardo veloce, ma efficace, di quanto si vive, oggi, nella Congregazione...

NEF: Dopo due anni come Superiori Regionali, quale visione avete della Regione di cui siete responsabili? Quali sono i punti positivi? Quali le fragilità?

- Padre Jean-Luc: È difficile per me esprimere in qualche parola la mia visione della Regione San Michele Garicoïts, non fosse che perché è la prima in ordine cronologico e come numero di religiosi: una lunga e ricca storia, cinque vicariati, otto nazioni, una ventina di giovani in formazione, circa cento quaranta professi perpetui, con un’età media che è la più alta di tutta la Congregazione. Le due comunità più numerose della Regione sono rispettivamente la casa di riposo di Bétharram e la casa di formazione di Adiapodoumé. Un simbolo che esprime nello stesso tempo l’antichità sia del patrimonio spirituale e umano che rappresenta, sia delle speranze della giovinezza - della chiesa e del mondo - che avanza, in Africa soprattutto.
Chi dice antichità dice invecchiamento, difficoltà a proiettarsi verso il futuro, resistenza al cambiamento; chi dice giovinezza dice ricerca d’identità, crisi di crescita ... Altrettanti atteggiamenti che rivelano, in positivo, la forza delle nostre debolezze, a una condizione : ritrovare la verità, la bellezza e l’entusiasmo del nostro carisma. Allora l’età avanzata può condurre alla saggezza, al distacco dall’attivismo, ad uno sguardo benevolo e liberatorio verso gli altri. Allora, alla luce della Parola di Dio e nel contatto con i nostri fratelli, l’impazienza degli inizi si accompagna a una sete di apprendere e a una capacità di rimettersi in questione, a una freschezza e a una creatività che rendono tutto possibile.
Così, meno sono ottimista quando mi guardo e guardo le cifre, più sono pieno di speranza quando considero l’eterna novità dell’«eccomi» che custodiamo e dal quale siamo portati!  E quando mi perdo nelle domande, e perdo di vista il senso profondo delle mie funzioni, riprendo la lettera 253 del nostro padre san Michele: «Cosa ci è richiesto per attirare la benedizione di Dio su [Bétharram]? Una stima sincera per la nostra vocazione e la nostra missione, una disposizione interiore e abituale per adempiere (...) secondo le nostre regole, come veri strumenti del Sacro Cuore di Gesù, tutti i doveri di questa bella posizione.» Sì, «con un po’ di fede e di spirito religioso, niente [ci ] manca» per mandare avanti tutto, e per camminare tutti insieme, secondo la Sua santa Volontà.

- Padre Gustavo: A volte in solitudine, abbandonato alla Misericordia del Crocifisso, vicino a Cristo apparentemente sconfitto...
Altre volte in compagnia: guardando senza capire, camminando nell’oscurità della fede, ma unito ai fratelli.
Elementi positivi: la freschezza dei giovani religiosi e una loro “sana insoddisfazione” che ci sfida a lanciarci verso nuovi orizzonti nella costruzione del Regno.
La fame spirituale dei laici e il loro contributo alla missione condivisa.
La saggezza dei religiosi più anziani che accettano di lasciare da parte alcune visioni, le  opere proprie, gli affetti, per fare spazio alle sfide di una rinnovata vita religiosa in un contesto di incertezza ecclesiale.
La dimissione (purificazione) di alcuni membri che, seppur dolorosa, rappresenta un segno pasquale di fronte la proposta di vivere nella verità ciò che siamo: religiosi betharramiti.
Le esperienze di espropriazione ecclesiale cui recentemente siamo stati costretti da parte dei pastori della Chiesa, che ci permettono di rispondere senza conformismo, ma con obbedienza, come un “camp volant”.
Fragilità: Alcuni religiosi soffrono di stanchezza, di scoraggiamento, di disunione e, senza volerlo, diffondono amarezza (forse perché non capiscono alcuni progetti..., forse perché si sentono soli ... o perché la costruzione del Regno a partire da un nuovo modo di pensarsi betharramiti li lascia perplessi..., o per altre ragioni non espresse...).
 Le nuove sfide ecclesiali, a volte, ci vedono nella penombra per la necessità di mantenere strutture di grandi dimensioni o attività gratificanti. Da qui la nostra timidezza ad impegnarci con i poveri e gli esclusi.
Il rischio di imborghesirci con il materialismo imperante, sia come sacerdoti sia come religiosi. L’ideologia dominante alla quale ciascuno appartiene, la propria cultura, o la propria età, non ci mettono al riparo da questo rischio.
La mancanza di un reale impegno nell’aver cura di vivere una rinnovata esperienza interiore dell’Amore di Dio. Poco tempo viene dedicato alla vita interiore. Alcuni sono molto attratti dai mezzi di comunicazione, dai computer, ecc... 

- Padre Austin: La nostra Regione, Beata Miriam, è giovane e in piena crescita, con l’entusiasmo, le gioie e i dolori propri di ogni nuova vita.
Dei 57 professi perpetui della Regione, 41 sono giovani religiosi dall’India o dalla Tailandia; i giovani in formazione sono il doppio.
Alcuni tra i giovani preti hanno dato prova di essere capaci di assumersi responsabilità importanti sia nel loro paese sia altrove. Penso a P. Chan in India, a P. Wilfred e a P. Mongkhon in Inghilterra a P. Stervin e a P. Pornchai in Francia. Hanno portato nel Vicariato “attempato” di Inghilterra un senso di dinamismo e di efficienza, che rappresentano una grande benedizione per tutti. Hanno anche messo in luce il carattere di internazionalità nella nostra Congregazione.
Le benedizioni e gli scambi spirituali hanno preso diverse direzioni. I due vicariati più giovani ci hanno dato energia e entusiasmo, mentre il vicariato “fratello maggiore” ha fornito stabilità, aiuto finanziario, un legame con la tradizione ed una prospettiva di più ampio respiro. Per quanto riguarda la Tailandia, tra i “fratelli maggiori” bisogna includere Italia, Francia e Spagna.
La storica testimonianza dei betharramiti europei più anziani è stata particolarmente importante in Tailandia dove grazie alla loro generosità e al loro spirito missionario hanno fondato la Diocesi di Chiang Mai e hanno lasciato un esempio che altri potessero seguire.
Ho sentito Vescovi sia in India sia in Tailandia dirmi: “Ti prego, dammi alcuni dei tuoi giovani religiosi perché facciano nella mia diocesi lo stesso lavoro che hanno fatto a Chiang Mai”.
Come in tutti i nuovi impegni missionari, le finanze sono un problema, specialmente per la formazione (in particolar modo in Tailandia), ma questo può costituire uno stimolo per la ricerca dell’ auto sostentamento e un aiuto per operare un discernimento circa le opere da sostenere e quelle da lasciare.
Se c’è un punto debole in tutto questo, riguarda il legame con la spiritualità di San Michele, legame non così sicuro non solo in Tailandia e India, ma anche in Inghilterra. Ho l’impressione che nel periodo cruciale della metà del XX secolo, quando c’era la necessità di una re-interpretazione dello spirito di San Michele per il nostro tempo, semplicemente non avevamo abbastanza persone preparate per questo compito, come invece hanno fatto i Francescani o i Gesuiti.
Ringrazio il Signore per la generosità dei religiosi che,  in diversi paesi, in tempi recenti hanno cercato di colmare questa lacuna. Nei tre vicariati sono stati fatti passi da gigante con la reintroduzione degli Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio. 

La Regione, in quali progetti è impegnata in questo momento? 

- Padre Jean-Luc: Il Capitolo Generale del 2011 ha indicato la direzione attraverso un progetto-guida per la vita e la missione: la creazione di comunità internazionali destinate a ridare linfa al vecchio tronco, e mettere in campo nuove energie per l’animazione spirituale e per l’evangelizzazione. Tre luoghi sono stati identificati per la Regione: Pau, Nazareth e Mendelu. Il primo progetto, stimolato dall’arrivo di giovani religiosi dall’India e dalla Tailandia, è in fase di realizzazione; il secondo in fase di ricerca; il terzo in corso di discernimento.
Naturalmente, secondo il suo alto coefficiente storico e affettivo, Bétharram non poteva restare ai margini di questo movimento. Dall’autunno scorso, su richiesta del Superiore generale, e con l’aiuto di un esperto e di amici laici, una commissione di lavoro riflette sulla situazione presente e sul futuro della casa-madre. La posta in gioco non è soltanto di carattere economico e materiale, anche se questo è l’aspetto che più balza all’occhio. In gioco c’è anche un modo di essere comunità in missione. Ne va della nostra fedeltà al passato, ma soprattutto della nostra coerenza con il progetto del Fondatore, nell’attenzione ai segni dei tempi.
In questo senso, quello che vale per il sito Bétharram è significativo per l’insieme. La domanda di fondo è la seguente: «Vogliamo vivere? Cosa vogliamo vivere?». A partire da qui, siamone certi, il «come» troverà una risposta, a Betharram e altrove.

- Padre Gustavo: Una ripresa della Pastorale Vocazionale (dopo l’esodo di alcuni fratelli in crisi, e due anni di vacche magre), nel 2013 chiedono di entrare nell’aspirantato del Vicariato del Brasile cinque giovani e nell’aspirantato del Vicariato del Paraguay quattro giovani per un totale di 9 giovani.
Formazione dei formatori: due religiosi nel Vicariato del Paraguay e due religiosi nel Vicariato del Brasile iniziano a fare corsi specifici e ad assumersi la responsabilità nelle case di formazione.
I progressi della nuova esperienza di Missione Regionale in Uruguay, che è un’opzione del Capitolo Regionale del 2010.
Una rinascita dello spirito missionario tra i giovani delle opere betharramite.
Imprimere, mediante l’elaborazione del progetto comunitario-apostolico, uno spirito più fraterno nelle comunità.
Un crescente coinvolgimento e collaborazione dei laici nell’evangelizzazione attraverso la Pastorale Educativa (abbiamo 15 collegi nella Regione animati dai laici!).
Costituzione di commissioni regionali di: Formazione Permanente; Pastorale Vocazionale e formazione; Pastorale Educativa; Animazione Missionaria; Economia di Comunione. Poi ci sono incontri annuali e attività regionali.
Progressiva regolarizzazione amministrativa del progetto economico. Comunione dei beni a livello regionale e di congregazione.
Accompagnamento dei giovani religiosi mediante incontri, dialoghi e la delega di alcune competenze.

- Padre Austin: Piccoli e grandi progetti non mancano nei tre vicariati. In Tailandia abbiamo cercato di concentrarci nel ministero a favore dei rifugiati Kariani provenienti dal Myanmar sull’area di confine in tre Diocesi, mentre in India abbiamo iniziato una missione presso le tribù del nord-est con una comunità situata in una zona prevalentemente mussulmana. I tre vicariati hanno comunità internazionali, e in Inghilterra abbiamo dato il via alla creazione di tre comunità internazionali, assegnando posti di responsabilità a giovani religiosi dell’Asia. Il loro desiderio e la loro abilità nel lasciarsi coinvolgere nel ministero in un ambiente europeo ha costituito una grande benedizione in questi ultimi anni.
Nei tre vicariati, l’aiuto dei laici si è rivelato importante. In Inghilterra, i Compagni di Bétharram sono un prolungamento significativo della famiglia betharramita, mentre in India i laici associati hanno insegnato la lingua inglese agli studenti più giovani, ed hanno aiutato a raccogliere fondi per la costruzione del nuovo seminario. I laici betharramiti tailandesi sono meno organizzati, ma il loro aiuto, la loro amicizia e il loro sostegno finanziario è stato molto forte soprattutto per i seminari di Sampran.

Quest’anno sarà inaugurato il 150° anniversario della morte di San Michele: le comunità, i vicariati e la Regione, come vivranno questo avvenimento?

- Padre Jean-Luc: La geografia gioca a favore della nostra Regione, almeno nella parte settentrionale. Bétharram sarà l’epicentro di molti tempi forti per la nostra famiglia; apertura del Giubileo da parte del Cardinale di Bordeaux, il 14 maggio, con in «prima mondiale» la Messa di San Michele Garicoïts cantata dal «Piccolo Coro» che porta lo stesso nome; ritiro dei religiosi della Regione, predicato da P. Gaspar Fernandez, seguita dalla Festa della Madonna il 28 luglio; sessione internazionale per i Fratelli che trova il suo seguito nella Festa della Santa Croce, presieduta da Mons Vincent Landel, SCJ...
A Pau come a Roma e ad Albiate, un’esposizione di foto sulla culla della Congregazione permetterà di raggiungere un pubblico più vasto. Il 1° giugno, una corale di 60 giovani giordani legati alla nostra comunità di Zarka inizierà a Pau la sua prima tournée in Europa per celebrare la Beata Miriam. Nella città eterna, una Messa solenne sarà celebrata il 23 giugno a San Luigi dei Francesi, preceduta da una veglia di preghiera nel Santuario di Santa Maria dei Miracoli.  Ritiri per laici, proposte in vista della GMG, pomeriggi per ragazzi del catechismo a Bétharram sono in programma.  In Costa d’Avorio raduni per giovani e iniziative musicali (CD, festival di corali) sono pure in programma. Impossibile citare tutto!
L’importante, però, non sta nella successione degli eventi e delle celebrazioni. È da ricercare piuttosto nello spirito che li motiva: questa preoccupazione di ravvivare in noi il dono che abbiamo ricevuto; questa volontà di valorizzare quello che ha suscitato e continua a suscitare nella Chiesa; questo desiderio di «procurare agli altri la stessa gioia».
Ogni vicariato dovrebbe approfittare delle assemblee e dei ritiri per approfondire la condivisione e l’impegno apostolico nella linea dell’«eccomi»; ogni comunità, attenta alla qualità della sua vita di preghiera e della vita fraterna, aprendo un po’ di più la cappella e la mensa ai laici, giovani e adulti, diventerà testimone della gioia e della disponibilità del Verbo incarnato. Insomma, essere il meglio possibile secondo la volontà di  san Michele Garicoïts, niente di più. Ma niente di meno, sicuramente!

- Padre GustavoA livello di Comunità: Un rinnovamento nel carisma che sia rispecchiato nei loro progetti di comunità.
Feste popolari e celebrazioni nei collegi e nelle parrocchie insieme con i laici.
Facendo proprio nelle comunità lo slogan e il logo proposto dalla Congregazione e proponendo il carisma con delle catechesi mirate.
Nei Vicariati: Il ritiro annuale sarà ispirato a temi legati al carisma di San Michele Garicoïts (Vicariato del Brasile).
Visita e / o processione con le reliquie di San Michele Garicoïts che si trovano a La Plata (Vicariato di Argentina e Uruguay).
Pellegrinaggio dei Laici ai “luoghi santi” di Betharram e del Carisma (Vicariato di Argentina e Uruguay e Vicariato del Brasile).
Nella Regione: Edizione spagnola della corrispondenza di San Michele Garicoïts nei tre volumi.
Incontro Regionale dei Laici e degli educatori.
Giornate precedenti alla GMG in Brasile.
Incontro dei giovani religiosi della Regione.
Giornate dedicate a San Michele nelle missioni e prima delle ordinazioni sacerdotali (tre). 

- Padre Austin: L’anno Giubilare di San Michele sarà contraddistinto nei tre vicariati dalle tradizionali Solenni Liturgie con i vescovi locali, con i laici amici e quelli che lavorano con noi, ma a parte questo, abbiamo le nostre speranze e i nostri progetti per il Giubileo. In India ci ripromettiamo di inaugurare il nuovo Seminario a Mangalore; in Tailandia speriamo di lanciare in modo adeguato una nuova missione a favore dei rifugiati nella diocesi di Ratchaburi; mentre in Inghilterra vogliamo progredire nella crescita del Gruppo di Spiritualità Betharramita e condividere maggiormente la nostra spiritualità con i gruppi della parrocchia e delle scuole.
L’Inghilterra ha un numero significativo di Religiosi Fratelli e saremo molto contenti di unirci al Pellegrinaggio della  Regione San Michele, previsto per i Religiosi Fratelli a Bétharram e Ibarre nel mese di Settembre.
L’entusiasmo per le Giornate Mondiali della Gioventù è stato un po’ smorzato dal pensiero dei costi e della logistica, ma stiamo lavorando ad un progetto alternativo per Giovani Betharramiti per i tre vicariati, progetto che si realizzerà in Tailandia all’inizio del 2014 prima che finisca l’anno Giubilare.
Da ultimo, con uno sguardo retrospettivo sugli eventi a partire dalla creazione della Regione nel 2008, sono sorpreso e ammirato per quanto siamo stati benedetti, protetti e sostenuti.
Mai mi sarei aspettato di essere nominato Superiore Regionale e mi sono sempre considerato inadatto per questo compito, ma questi ultimi quattro anni rappresentano una lezione di come Dio venga in aiuto del debole e del non adatto. La mia immagine preferita è la parabola evangelica del contadino che ha gettato il seme nel terreno, seme che è cresciuto anche quando lui dormiva … “ Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa” (Mc 4,27). Dio ha fatto crescere le cose per noi, perfino quando (specialmente quando?) il Superiore Regionale stava dormendo! 




IN MEMORIAM

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Padre Daniel Ramón Martín

Rosario - Santa Fé, 7 gennaio 1939 - Buenos Aires, 2 febbraio 2013

Il 2 febbraio 2013, giorno della Vita Consacrata, P. Martin si è presentato al Padre insieme a Gesù. La breve convalescenza gli ha permesso di vivere consapevolmente il momento sublime dell’ultima donazione di se stesso al Signore, donazione iniziata 55 anni fa con la sua prima professione a Villa Bétharram (Adrogué).
Martin è nato a Rosario il 7 gennaio 1939; fin da bambino è stato orfano di madre. Il padre, i nonni e soprattutto le zie Ana e Marta, gli hanno dato un’educazione cristiana e, poiché conoscevano il P. Carraro, missionario betharramita in Cina e, per suo tramite, i religiosi del Collegio Sacro Cuore, a dieci anni è stato accolto nell’Apostolicato di Barracas.
Era un ragazzino piccolo di statura, studioso, vivace e birichino, ma ha potuto ben approfittare della seria educazione che veniva impartita in quel centro betharramita. Da Barracas è poi andato ad Adrogué, dove ebbe come Maestro dei Novizi il P. Permasse e, infine, nello scolasticato dove ebbe, tra gli altri, i “benemeriti” Padri Craviotti, Rodriguez, Cerutti e Camy.
È stato ordinato nel 1962, “L’Anno del Concilio”, come ha messo sull’immaginetta - ricordo. Pur essendo formato nella teologia tradizionale, accolse, assimilò e trasmise le novità nella cristologia, nell’ecclesiologia, nella teologia pastorale, nella teologia della vita religiosa. Le classiche espressioni di Martin erano: “una evangelizzazione e una catechesi kerigmatica”, “il mistero pasquale di Cristo”, “la Chiesa è il Corpo vivente di Cristo oggi nella storia”, “i laici, i battezzati, sono tempio vivente di Gesù Cristo”, “Il sacramento del matrimonio è come il noi dell’amore”.... Oltre ad essersi appropriato di tutto ciò che ha portato il Concilio, Martin seppe mantenere quell’amore per la vita interiore che era frutto dell’educazione tradizionale ricevuta.
Ha sempre vissuto l’anelito postconciliare con la stessa passione: Medellín, Puebla... E le incomprensioni del momento lo portarono ad allontanarsi per qualche anno da Bétharram per essere parroco a La Paz, provincia di Entre Rios, Diocesi di Concordia, dove ha sempre lavorato con lo stesso zelo pastorale e spirituale. Proprio a La Paz lo andò a cercare il P. Echeverría, con il quale ritornò nella comunità del Collegio S. José di Asunción, senza rancore e con una buona dose di umiltà. Nella Parrocchia di S. José si entusiasmò del Cammino Neocatecumenale, visitava gli infermi e cercava di coinvolgere i laici nella vita della parrocchia.
Martin era un appassionato della vita e della sua vocazione religiosa e sacerdotale. Aveva un animo missionario. Martin ha preso sul serio la sua missione di Maestro dei novizi e lavorava principalmente sull’interiorità, valorizzando gli Esercizi Ignaziani come uno strumento eccellente per poter incontrare Cristo e per il discernimento. Lo ricorderanno sempre uno stuolo di giovani betharramiti, formati in Adrogué, per i suoi consigli, i suoi “libriccini” e per il sacramento della riconciliazione.
Martin è stato parroco di Martin Coronado. Anche in questo era appassionato. Con lui, la Parrocchia riprese in mano il Centro Pastorale Familiare. Tutti ricorderanno ancora le sue prediche appassionate e le chiassose Feste Patronali nel quartiere: “La nostra Madre, la Madonna di Bétharram, passa per le strade di Martin Coronado...”. Ricorderanno anche l’entusiasmo che ha avuto per rinnovare la parrocchia, organizzando il SINE (Sistema Integrale per una Nuova Evangelizzazione). Tutti questi entusiasmi gli hanno anche causato grandi arrabbiature, perché non tutti erano convinti dei suoi progetti. E le arrabbiature gli causavano grandi depressioni che lo facevano soffrire molto.
Era convinto della propria vocazione consacrata e della sua identità betharramita. Ammirava la persona di San Michele Garicoïts, “una figura significativa”. Conosceva  profondamente il carisma che ci ha trasmesso perché leggeva, meditava e pregava i suoi scritti, e affermava che: “mediante un’ispirazione dinamica aveva scoperto il cuore del Vangelo”. Ne sono testimonianza il suo saggio “prova kerigmatica del carisma nell’ottica della Nuova Evangelizzazione” e i “Foglietti di spiritualità”, che ha sviluppato per più di un decennio, come un servizio per i laici, nella cui vocazione ha creduto e che vedeva realizzata, non tanto sui pulpiti o nelle sacristie, quanto nelle diverse “posizioni” in cui la vita e l’esperienza del sacramento del matrimonio li ha posti.
Non possiamo smettere di pensare al fascino di Martin nel contemplare a tu per tu il Signore Gesù risorto che tanto ha conosciuto, amato, seguito ed annunciato... Avrà ricordato nel profondo del suo cuore quanto ha ripetuto molte volte nel salmo: “Il Signore è fedele alle sue promesse, misericordioso nelle sue opere. (...) Non delude le attese di chi gli è fedele. (...) Il Signore veglia su quanti lo amano. (...) Canti la mia bocca le lodi del Signore. Ogni creatura benedica il Dio santo, per sempre.” (Salmo 145 (144), 13, 19, 20, 21).

Gustavo Agín e Gaspar Fernández Pérez, SCJ

 


 

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2. LA REGOLA DEI GESUITI 

 

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 Sant'Ignazio di Loyola

Le regole di Hasparren, adatte per animare la pietà di un gruppo di missionari, si rivelarono sempre più insufficienti mano a mano che Padre Garicoïts condivise con i suoi discepoli l’idea di una vita prettamente religiosa, come l’aveva concepita durante il suo ritiro a Tolosa nel 1832. L’autore de La Vita di san Michele Garicoïts, il P. Bourdenne, descrive così quei primi momenti della comunità:
“Padre Garicoïts aveva ricevuto da Padre Leblanc una copia del Thesaurus sei Gesuiti. Rimase talmente entusiasta delle regole di questo codice ascetico, che, volendo conoscere meglio l’opera di Sant’Ignazio, studiò anche le Costituzioni della Compagnia di Gesù. Ne ebbe la stessa impressione. Poco tempo dopo distribuiva ad ognuno dei suoi preti una copia del thesaurus e delle costituzioni. Nell’attesa di poter prescrivere loro la lettera, cercava di instillare in loro questo spirito”.
Trascorsero così gli anni 1836 e 1837. Sotto l’influenza del Fondatore, la giovane comunità fu perfettamente modellata secondo queste nuove regole:
“Nel 1838, continua il biografo, questi regolamenti erano già talmente radicati nelle abitudini della Comunità che P. Garicoïts pregò Mons Lacroix, che era stato appena nominato vescovo di Bayonne, di volerle ratificare, perché assumessero ormai forza di legge”.
Il Vescovo diede il suo assenso in questi termini: “ Impregnatevi bene dello spirito di questo riassunto delle costituzioni e osservatele in attesa delle regole che vi saranno date in conformità alle costituzioni succitate. 6 settembre 1838”.
Ben più ricca di quelle di Hasparren, questa Regola comprendeva i 52 articoli del Sommario dei Gesuiti e i 49 articoli delle Regole comuni della Compagnia, salvo qualche paragrafo che era stato tralasciato, in quanto non adatto alla piccola società.
Questo testo, con relative correzioni, è stato conservato in un quaderno di P. Cassou, che sarebbe morto prematuramente il 2 novembre 1846. Lo stesso quaderno contiene un altro documento di grande importanza. Padre Garicoïts non si limitò a piccole cancellazioni nel testo gesuita per adattarlo a Bétharram. Fece  precedere tale testo da un manifesto scritto di suo pugno che esprimeva quanto c’era di più profondo nel suo animo e che era destinato a guidare l’interpretazione betharramita di queste regole.  Questo testo fondamentale ci fa conoscere meglio di ogni altro il “carisma” del Fondatore.

“È piaciuto a Dio farsi amare, e, mentre noi eravamo suoi nemici, egli ci amò a tal punto da mandarci il suo Figlio unico: ce lo diede perché fosse l’attrattiva che ci avvince all’amore divino, il modello che ci manifesta le regole dell’amore e il mezzo per giungere all’amore divino: Il Figlio di Dio si è fatto carne.
Al momento della sua entrata nel mondo, mosso dallo Spirito di suo Padre, s’abbandonò a tutti i suoi disegni a suo riguardo, s’offrì al posto di tutte le vittime: “Tu non hai voluto, disse, né sacrificio, né offerta, un corpo invece mi hai preparato... Non hai gradito né olocausti, né sacrifici per il peccato; allora ho detto: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà!”.
Entrò nel mondo con questo grande atto che non ha mai interrotto. Da quel momento rimase sempre nello stato di vittima, annientato dinanzi a Dio, senza far nulla da se stesso, ma sempre operando mosso dallo Spirito di Dio, costantemente abbandonato ai voleri di Dio per soffrire e fare tutto ciò che avesse ordinato: Exinanivit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem crucis.
A questo punto Dio ci ha amato; così Gesù Cristo, nostro Signore e creatore è divenuto attrattiva ineffabile per il cuore, un modello perfetto e un aiuto onnipotente. Tuttavia gli uomini sono di ghiaccio verso Dio! Ed anche tra i sacerdoti pochi affermano, sull’esempio del divino Maestro: “Eccoci!... Ita, Pater! ”
Di fronte a questo spettacolo prodigioso, i Preti di Bétharram si sono sentiti spinti a impegnarsi per imitare Gesù annientato e obbediente e a consacrarsi interamente per procurare agli altri la stessa gioia, sotto la protezione di Maria sempre disposta a tutto quello che era volere di Dio, e sempre sottomessa a ciò che faceva Dio.
Essi hanno scelto, come patroni, S. Michele e S. Ignazio di Loyola”.

Dei tre paragrafi di cui si compone questo manifesto, il primo esprime lo scopo e il fatto dell’Incarnazione del Verbo al quale la Congregazione deve essere associata; il secondo, l’ideale e le disposizioni del Cristo - proposto come modello -, e il terzo, l’ideale e le disposizioni dei preti di Bétharram, modellati su quelli di Cristo.
Non si nomina ancora esplicitamente il Sacro Cuore; ma nel manifesto si trova tutto il contenuto che il santo darà presto a questa parola. Lo stesso vale per l’ecce ancilla: anche se non nominato espressamente, vi è già implicitamente incluso, poiché Maria ci viene presentata “sempre disposta a tutto quello che era volere di Dio, e sempre sottomessa a ciò che faceva Dio!”.
Questa fu la seconda regola della Congregazione.

Pierre Duvigneau, SCJ

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