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13/04/2016

Un messaggio del Vescovo di Roma

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Un messaggio del Vescovo di Roma

Nel libro-intervista Il nome di Dio è misericordia, Francesco confida al suo intervistatore: «Il Papa è un uomo che ha bisogno della misericordia di Dio.»  San Michele stesso non ci invitava forse ad «abbandonarci alla misericordia infinita del Signore …» e a «intrattenere questo sentimento di profonda umiltà» ?

Come lo sottolinea il nostro Superiore generale, è sorprendente ritrovare nelle riflessioni del Papa alcuni punti sui quali san Michele non si stancava di insistere.  Al di là della sorpresa, c’è di che meditare sotto una nuova luce la parola del nostro Papa e quella del nostro fondatore.

Dio tutto, io nulla! Io non sono altro che putredine! È questo un principio base, una buona regola per le idee, i sentimenti, la condotta. Questo grande principio deve aiutarci a spazzare via quella farragine di concetti e di opinioni contrastanti, che avvelenano la vita dell’uomo, profanano la vita divina e sfociano, per le infernali macchinazioni del demonio, in un paganesimo pratico e nell’empietà.
Dio tutto, io nulla! Dio tutto! Ch’Egli sia l’inizio, il cuore e il coronamento di ogni nostra azione! Nella preparazione di un’omelia, è a Lui che dobbiamo attribuire tutto quello che c’è di buono nell’impostazione e nello sviluppo del tema; e poi, contare solo su di Lui per il successo, cioè per il bene delle anime.  
(San Michele Garicoits, DS § 52)

« Paolo VI [...] aveva confidato: «Per me è stato sempre un grande mistero di Dio, che io mi trovo nella mia miseria e mi trovo davanti alla misericordia di Dio. Io sono niente, sono misero. Dio Padre mi vuole molto bene, mi vuole salvare, mi vuole togliere da questa miseria in cui mi trovo, ma io sono incapace di fare questo da me stesso. Allora manda il suo Figlio, un Figlio che porta proprio la misericordia di Dio tradotta in un atto d’amore verso di me. Una volta che io ho riconosciuto questo, Dio opera in me tramite suo Figlio. (Il nome di Dio è Misericordia, pag. 55).

« E che dire dell’omelia con cui Albino Luciani iniziava il suo episcopato a Vittorio veneto, dicendo che la scelta era ricaduta su di lui perché certe cose, invece di scriverle sul bronzo o sul marmo, il Signore preferiva scriverle sulla polvere: così se la scrittura fosse restata, sarebbe stato chiaro che il merito era tutto e solo di Dio. Lui, il vescovo, il futuro papa Giovanni Paolo I, si definiva «la polvere. (Ibid, pag. 56)

« Quanto è più viva la consapevolezza della nostra miseria e del nostro peccato, quanto più sperimentiamo l’amore e l’infinita misericordia di Dio su di noi, tanto più siamo capaci di stare di fronte ai tanti “feriti” che incontriamo sulla nostra strada con uno sguardo di accoglienza e di misericordia. (ibid. pag. 80).

« [Consigli per una buona confessione:] Che [il penitente] pensi alla verità della sua vita davanti a Dio, che cosa sente, che cosa pensa. Che sappia guardare con sincerità a se stesso e al suo peccato. E che si senta peccatore, che si lasci sorprendere, stupire da Dio. Perché lui ci riempia con il dono della sua misericordia infinita dobbiamo avvertire il nostro bisogno, il nostro vuoto, la nostra miseria. Non possiamo essere superbi. (Ibid. p.58-59).

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