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Gustavo Papa 01
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14/10/2014

Vita della Congregazione (2)

Dalla Costa d’Avorio alla Francia, con la gioia dell'obbedienza

Vita della Congregazione (2)

Nel mese di settembre 2014, dopo 25 anni trascorsi nella formazione dei giovani africani alla vita religiosa, eccomi chiamato a un’altra missione nel Vicariato di Francia. Prima di tutto, vorrei sottolineare il fatto che i diversi superiori maggiori hanno creduto alla nascita e alla crescita del “Betharram africano”; non si sarebbe potuto fare nulla in loco senza questo sostegno.

Sento in me un profondo senso di riconoscenza verso il Signore per questo periodo della mia vita trascorsa nella formazione iniziale, nella nascita e nello sviluppo del “Betharram africano”.

Ero un formatore improvvisato e il Signore mi ha dato la grazia di essere un vaso d’argilla attraverso il quale far giungere il tesoro del carisma di San Michele Garicoits in un terreno lavorato e arricchito dai predecessori. Ho potuto beneficiare di una liturgia quotidiana ben curata e di una vita fraterna caratterizzata da quella cordialità rispettosa di cui parla san Michele. Gli scoppi di risa e la gioia permettevano di superare i difetti legati alla condizione umana e alle diverse culture che generano valutazioni diverse. Le esigenze proprie della responsabilità del formatore hanno rappresentato un sostegno valido per la mia propria fedeltà.

Sono rimasto ammirato nel vedere quanto il carisma di san Michele rispondesse alle attese di questa terra dove Dio è reso presente in tutte le circostanze, anche nell’indossare la “chemise-pagne” (tipo di pareo) con un messaggio del vangelo, testimoniato e accolto senza complessi. L’annuncio di questo Dio d’amore e di tenerezza è accolto come una ventata di ossigeno in mezzo a tutte le paure alimentate da una fede tradizionale dove alcune forze spirituali sono sempre in agguato per seminare disgrazie e distruggere la gioia! I laici associati, la gioventù betharramita, i bambini di san Michele ne sono i testimoni.

Sono stato molto contento di vivere questa spiritualità della gioia nel quotidiano, cercando di apportarvi un benessere concreto. Nella formazione dei nostri candidati, la maturazione umana occupava un posto importante, e si raggiungeva uscendo da se stessi. Questo aspetto è molto significativo nell’iniziativa della “ferme pédagogique Tshanfeto” che vuole dare una formazione professionale e umana che permetta ai giovani di appropriarsi della loro esistenza ed essere persone in grado di “stare in piedi”, al seguito del Risorto.

Insieme ai miei fratelli, mi sono sempre impegnato a offrire il mio contributo per rendere le comunità cristiane più missionarie, attente a queste numerose “periferie”, e non preoccupate solo dell’aspetto organizzativo. In parrocchia, la nostra identità di religiosi ci permette di vivere relazioni più fraterne senza che il sacerdote occupi una posizione di dominio. I fedeli hanno alimentato nella mia vita di sacerdote il gusto e il desiderio di trasmettere la vita di Dio attraverso i sacramenti che trasformano la loro vita e che mi interpellano circa l’attaccamento ai sacramenti.

Sofferenze e fallimenti non sono mancati. Il mio discernimento non è stato infallibile, a volte troppo severo, a volte troppo indulgente. Ci sono state separazioni dolorose nella casa di formazione, che accoglie già due tombe, quella del primo professo, Anatole, morto a 30 anni, e quella di P. Omer morto a 33 anni, mentre si preparava a diventare formatore. La croce è stata presente, ma una croce che noi sappiamo essere gloriosa. La benedizione della casa di formazione di Adiapodoumé ha avuto luogo il 14 settembre 1993; la benedizione della casa di accoglienza, il 14 settembre 2014.

Ho lasciato la Costa d’Avorio con molta serenità, perché alcuni fratelli sanno prendere il testimone con molto coraggio. Sarei dovuto restare più a lungo per impregnarmi maggiormente delle ricchezze dei miei fratelli e delle mie sorelle, in particolare della pazienza vissuta in Africa. Non sono partito gioioso, con la pretesa di aver compiuto una missione, ma con la gioia di obbedire perché chiamato a una nuova missione; devo questa gioia ai giovani e ai meno giovani che mi hanno espresso molta riconoscenza e affetto, una grazia di Dio.

Laurent BACHO, scj

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