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14/09/2011

Notizie in Famiglia - 14 settembre 2011


Sommario

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La parola del Padre generale

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GESÙ ANNNIENTATO E UBBIDIENTE

Questo scritto di San Michele veniva comunemente chiamato il Manifesto del Fondatore. Dal 2011, la nuova Regola di Vita lo definisce il testo fondatore. Esso figura nel Cahier Cachica come la prefazione delle Costituzioni del 1838, e contiene la mistica sulla base della quale i Preti di Bétharram devono applicare le Costituzioni dei Gesuiti.È il documento nel quale il nostro padre San Michele Garicoïts ha riversato la sua esperienza carismatica.

 

In esso il fondatore esprime due grandi preoccupazioni: gli uomini guardano a Dio con cuore di ghiaccio e troppo pochi preti ubbidiscono. Si tratta di due problemi tipici della società e della Chiesa post-rivoluzionarie. Nella visione di San Michele, la Rivoluzione francese ha innescato un processo di scristianizzazione che allontana gli uomini da Dio. Per un altro verso, le ideologie liberali hanno ingenerato confusione e divisioni tra i preti, molti dei quali contestano il loro vescovo. Possiamo trovare la risposta a questi due dati di fatto in Gesù, umile ed ubbidiente.

Traendo chiaramente ispirazione dall’inno della lettera di San Paolo ai Filippesi (Fil 2, 6-11), San Michele contempla uno spettacolo prodigioso incentrato sulla persona, o sul cuore, di Gesù annientato ed ubbidiente. Gesù è il Figlio unico di Dio, modellato dalla stessa esperienza d'amore di cui vive la Trinità. Il Figlio è animato dallo Spirito del Padre, che l'ha inviato per rivelare agli uomini che egli è l'amore, e che ci ama perfino se ci comportiamo come suoi nemici. Entreremo così nella dinamica dell'amore, amandolo come lui ama noi.

Si raggiunge questo obiettivo attraverso l’incarnazione: il Figlio di Dio si è fatto carne. L'incarnazione copre l'intera vita umana di Gesù, il Figlio di Dio, dall'attimo del virginale concepimento fino alla morte, la morte sulla croce. L'umanità di Gesù si manifesta  in un unico atto di offerta, una vita che, nell'ambito di una dinamica missionaria, è da intendersi come una corsa, come un balzo straordinario (cf. DS 43). Questo atto trova la sua espressione nell’Eccomi del concepimento, si dispiega lungo l'intero corso della sua vita e culmina infine sulla croce. Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, una volta  per sempre (Eb 10,10).

Gesù, annientato al cospetto di Dio. Dio, tu sei tutto, io non sono niente! Svuotato di se stesso, sminuito, ridotto ad un nulla e cancellato, Gesù non si fa notare né si compiace della sua natura divina e rinuncia ai privilegi che dalla stessa gli derivano. Pur essendo Dio diventa uomo, cosa che costituisce un ovvio avvilimento, facendosi servitore e perfino vittima. Viene fatto oggetto degli stessi obbrobri e delle umiliazioni che così frequentemente gli uomini riservano a coloro che eccellono, soltanto perché si sentono disturbati dalla loro maniera di pensare e di agire, diversa e più nobile. Dal momento dell'incarnazione, l'annientamento rende Gesù solidale con gli uomini e le donne che subiscono umiliazioni. Schierato con questi emarginati, trascorre il resto della sua vita nelle condizioni di vittima.

Gesù ubbidiente, che nulla compie di sua iniziativa, che agisce sempre sotto l'impulso dello Spirito di Dio e s'abbandona a tutti i progetti che il Padre ha in serbo per lui: . non sia fatta la mia, ma la tua volontà (Lc 22,42). Fin dal primo istante dell'incarnazione, e nel corso di tutta la sua vita, Gesù grida: Ecco, io vengo… per fare, o Dio, la tua volontà (Eb 10,7). Alla radice della sua ubbidienza vi è la comunione che lo identifica al Padre: Gesù non opera secondo idee, propositi o progetti propri, bensì secondo quelli di Dio. Lo si vedrà in modo lampante allorché, consegnandosi sulla croce per amore degli uomini, Gesù accetta che il fallimento dei suoi progetti faccia emergere il progetto d'amore del Padre.

La contemplazione di Gesù annientato ed ubbidiente è fondamento e forza di vita per Padre Garicoïts e per i Bétharramiti, siano essi religiosi o laici. Gesù annientato ed ubbidiente è la nostra vita. Noi Religiosi del Sacro Cuore di Gesù siamo convinti che Dio Padre ci offra Gesù annientato ed ubbidiente perché sia l’attrattiva, il modello e il mezzo per vivere nell’amore di Dio e dei fratelli. L’annientamento e l’ubbi-dienza sono gli atteggiamenti del Sacro Cuore di Gesù che i Bétharramiti maggiormente amano. E allo stesso modo in cui li amano, li vogliono imitare. Tutto ciò costituisce uno sforzo di interiorizzazione che ha per obiettivo di configurarsi a Cristo, d’essere ubbidienti ed annientati con la stessa sua radicalità. E nel fatto d’essere annientati ed ubbidienti come Gesù, prende senso la vita dei Bétharramiti, la loro gioia e la loro felicità. Questa è la ragione per la quale San Michele Garicoïts e tutti i suoi discepoli si sono sentiti spinti a consacrare la loro vita al Signore con i voti di povertà, castità ed ubbidienza. In questo modo la vita di ogni religioso di Bétharram è la testimonianza vivente e gioiosa di Gesù annientato ed ubbidiente, per tutti coloro che siano disposti a vederlo.

I preti di Bétharram vogliono vivere la loro missione con il medesimo entusiasmo e con uguale passione. Non si accontentano di aver trovato il tesoro rappresentato da Gesù annientato ed ubbidiente, nonché la gioia e la passione che egli ha dato alla sua vita. Vogliono anche consacrarsi con tutte le loro forze e possibilità, perché tutti gli uomini riescano a trovare questo tesoro e ad orientare la loro vita in una nuova direzione, trovandovi gioia e felicità. La medesima felicità di Gesù annientato ed ubbidiente, la medesima felicità di San Michele Garicoïts e dei Preti di Bétharram: questa medesima felicità sarà alla portata di qualsiasi uomo cui sia dato di incontrare  missionari che lo aiutino a conoscere, ad amare e a seguire Gesù annientato ed ubbidiente.

San Michele Garicoïts ci presenta Maria, la Madre che veglia su di noi, unita nel mistero di Gesù annientato ed ubbidiente: Maria, sempre disposta a tutto ciò che Dio voleva (ubbidiente) e sempre sottomessa a tutto ciò che Dio faceva (annientata). È interessante notare che San Michele Garicoïts propone, quali patroni dell'Istituto, San Michele Arcangelo, di cui porta il nome,  e Sant'Ignazio di Loyola al quale, per organizzare la Congregazione, si è ispirato attraverso gli  Esercizi Spirituali e le Costituzioni.

Gaspar Fernandez,SCJ

 

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nef-etchecopar.jpg Padre Augusto Etchécopar scrive... 

a P. Magendie, 18 giugno 1893

Bisogna che la Croce resti sempre conficcata nel terreno della Congregazione ora in un punto ora in un altro, perché la linfa feconda scorra in tutte le parti dell’opera e diffonda la vita di Dio e produca frutti duraturi.
“Ho scelto questa Croce e l’ho piantata, qui, adesso, perché portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Cf Gv 15,16).
Senza la Croce, si raccoglie, al massimo, molto fumo, molto rumore, molto vento. Ma, il frutto della Croce, sono le anime del cielo.
Insomma, soffriamo, ma senza scoraggiarci; gemiamo, ma pieni di fiducia: gioiosi nella speranza! Pienamente convinti che Dio saprà   trarre un grande bene dalle nostre prove; e che il demonio curioso del bene operato nell’Istituto, sarà sconfitto a forza di umiltà, pazienza, amore per il Cristo Gesù.


Testimonianza

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TEMPI PERICOLOSI

P. Thomas Kelly scj ha festeggiato i suoi 50 anni di sacerdozio a Droitwich il 1° luglio 2011, festa del Sacro Cuore. Tra i familiari presenti c’era anche il suo fratello maggiore P. Peter Kelly, di 88 anni. Non l’avevo mai incontrato prima, ma avevo sentito parlare molto di lui lungo gli anni. Peter una volta era Betharramita, ma lasciò la Congregazione per incardinarsi nella Diocesi di Cardiff nel 1958, alla quale tuttora appartiene. Nel corso della serata mi ha raccontato la storia della sua ordinazione a Gerusalemme nel 1947.

P. Peter e il suo compagno Sauveur Londhaitzbehere dovevano essere ordinati preti il 15 agosto, dal Patriarca, che, però, essendo ammalato, sarebbe stato sostituito dal Nunzio Papale al Cairo. Questi, a sua volta, era impossibilitato ad arrivare dal Cairo a causa dell’instabilità della situazione politica. Il Patriarca, allora, malvolentieri, accettò di ordinarli alle 5 del mattino nella sua cappella privata a Gerusalemme. Il 15 agosto, i due scolastici e P. Duvignau partirono da Betlemme, in taxi, alla volta di Gerusalemme alle 2 del mattino.
Tutto questo accadeva nell’ultimo mese del Mandato Britannico e la pattuglia britannica li fermò al posto di blocco presso il monastero Mar Elias. Il giovane soldato, con tono irritato, li apostrofò: “Non sapete che c’è il coprifuoco? Abbiamo l’ordine di sparare a vista. Cosa ci fate qui nel cuore della notte?”. Peter allora a spiegare che erano religiosi e che andavano a Gerusalemme per essere ordinati, cercando di far capire al soldato, dall’aria scettica, il significato delle parole religioso e ordinazione. Ecco allora apparire il capitano che, molto arrabbiato, ricordò loro che aveva l’ordine di uccidere chiunque violava il coprifuoco; facendo anche presente che bande di Ebrei e Arabi stavano sparando in quella notte.
Mentre i tre religiosi erano trattenuti sotto la minaccia delle armi, il taxista preso dal panico, fuggì a Betlemme, lasciandoli appiedati. Una volta rilasciati dai soldati, i tre continuarono a piedi verso Gerusalemme, con questa raccomandazione dei soldati: “Fate attenzione, le nostre pattuglie hanno già ucciso tre persone questa notte!”.
Arrivati al Patriarcato un po’ in ritardo, alle 5.30, il portinaio si rifiutò di farli entrare dicendo che erano troppo in ritardo. Ma P. Duvignau rispose al portinaio: “Riferisci al Patriarca che se non li ordina oggi, dovrà trovarsi sette nuovi professori per il Seminario di Beit Jala lunedì mattina”. Puntualmente il portinaio riferì il messaggio e il  Patriarca scese ed ordinò i due scolastici nella sua piccola cappella privata. La cerimonia si concluse rapidamente e alle 6.30 i tre erano sulla via del ritorno verso Betlemme, senza altri convenevoli. Negli anni a seguire, Peter ha sempre raccontato alla gente che è stato ordinato prete solo perché il suo superiore aveva ricattato il vescovo!

Austin Hughes,SCJ



5 minuti con...

Padre Mongkhon  Camilo Chaorentham

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Nel primo semestre 2011, dopo anni dedicati alla formazione, P. Mongkhon  Camilo Chaorentham, giovane betharramita thailandese, è andato a dare una mano alle comunità scj d’Inghilterra afflitte dalla morte di Padre Colin Fortune, avvenuta il 1° dicembre 2010.
Abbiamo chiesto a P. Mongkhon come, a 10 000 km dal proprio paese di origine, ci si immerge in un nuovo campo di missione.

Nef: Quali sono stati i tuoi sentimenti quando i superiori ti hanno chiesto di andare per qualche tempo in Inghilterra?
- A dire il vero, mi sono sentito a disagio perché solo da un anno ero stato incaricato della nuova comunità di Garicoits House a Sampran. Ho sentito che non ero forse abbastanza adatto al mio ruolo di formatore e che quindi i superiori hanno cambiato la mia destinazione; ho accettato la decisione dando la mia disponibilità a partire. Non ho posto domande, ma ho riflettuto sul lavoro svolto nella formazione, settore in cui ho sempre lavorato dopo l’ordinazione e di cui conosco le difficoltà. Mi piaceva molto l’idea di lavorare in una parrocchia per un po’ di tempo, ma non avrei mai pensato all’Inghilterra! Considero questa decisione come un elemento del piano di Dio.
In primo luogo ero preoccupato per la lingua, perché non ho occasione di praticarla in Thailandia; inoltre non conoscevo né la gente né la cultura. Nella preghiera mi sono affidato alla Provvidenza di Dio perché tutto andasse bene.


Come sei stato accolto dai parrocchiani, scioccati dalla improvvisa morte del loro parroco, P. Colin Fortune, lo scorso dicembre?
- All’inizio sono rimasto nel Priorato di Olton dove i parrocchiani mi hanno accolto con tanto calore ed affabilità. Per fortuna conoscevo già i Padri Austin, Dominic, Anton, Fr Gerard, i tre diaconi indiani nonché Bruce e Brede, due laici che vengono ogni anno in Thailandia ad insegnare la lingua inglese ai postulanti:  insomma mi sono sentito a casa mia. Inoltre i parrocchiani venivano volentieri a parlare con me, dimostrandomi amicizia e rispetto. In quel periodo mi alternavo con P. Austin nella celebrazione della messa a Great Barr. In seguito, mi ci sono trasferito: anche qui sono stato accolto molto bene dai parrocchiani che mai mi hanno fatto mancare la loro amicizia e il loro aiuto nell’organizzare le attività della parrocchia. Anche nelle tre scuole dove andavo a celebrare la messa sono sempre stato accolto molto bene.


Il tuo ministero a Great Barr ha segnato in qualche modo la tua esperienza come religioso-sacerdote di Bétharram?
- Ha senz’altro arricchito la mia vita personale e il mio ministero. All’inizio il mio coinvolgimento nella vita parrocchiale non andava oltre la celebrazione della Santa Messa. Durante la Quaresima è iniziato la mia piena partecipazione al ministero parrocchiale: visita alle famiglie, celebrazioni della Parola con distribuzione dell’Eucaristia, unzione degli infermi nell’ospedale, visita agli anziani, sempre con l’aiuto del Diacono Terry. Fr Gerard, Fr John, Tina, Bernades e Angela organizzavano l’orario del mio ministero nella parrocchia; la loro collaborazione ha reso il mio lavoro più efficace e piacevole. A Great Barr ho scoperto che i parrocchiani avevano bisogno del prete, bisogno di Dio; avevano bisogno di una guida nella loro vita spirituale per affrontare i diversi problemi. Durante la Quaresima, molte persone venivano a confessarsi perché prima avevano ricevuto la visita di uno di noi. Anche la loro partecipazione alla Liturgia ha arricchito la mia vita. Posso affermare che abbiamo condiviso la nostra cultura arricchendoci reciprocamente; ho trasmesso anche ai parrocchiani un po’ della mia cultura: stile di vita, modo di comunicare, rispetto reciproco, il prendersi cura dell’altro, cooperazione nella parrocchia e nel cammino di fede. Di ritorno in Thailandia ho anche cercato di trasmettere la ricchezza culturale dei parrocchiani ai miei fratelli cristiani.


Avevi trascorso alcuni anni in India durante il tuo percorso formativo. Avevi quindi già fatto un’esperienza all’estero?
- Confesso che in un primo tempo mi ero rifiutato di andare in India! Ma alla fine, dopo aver concluso i miei studi lì, mi sono accorto che la mia mente era più aperta e pronta a comprendere gli altri e me stesso. Mi sono reso conto che imparare la lingua era importante e questo mi ha dato più fiducia in me stesso per affrontare la missione. L’esperienza in India mi ha reso più forte spiritualmente e fisicamente, perché ho sentito la fraternità di confratelli di altri paesi e mi sono reso disponibile ad andare dovunque, secondo i bisogni della Congregazione e secondo le capacità che Dio mi ha dato. È sicuramente la mia esperienza in India ad aver reso  possibile oggi la mia missione nella parrocchia di Great Barr, sostenuto anche dall’aiuto dei fratelli e dei padri in Inghilterra.


Thailandia, India, Inghilterra: sei uno dei pochi che hanno avuto l’opportunità di vivere per un certo periodo nei tre Vicariati della Regione Beata Miriam. Come giudichi questa nuova struttura assunta dalla Congregazione?
- La mia opinione personale? Tale struttura favorisce l’aiuto reciproco, la condivisione tra i confratelli, lo scambio di religiosi; questo è molto utile. Vivere in paesi diversi apre la nostra mente, favorisce la comprensione reciproca, la conoscenza delle difficoltà presenti nei diversi paesi; inoltre ho sperimentato una maggiore attenzione reciproca. Ogni paese ha le sue bellezze, la sua meravigliosa cultura: se facciamo questa esperienza ameremo di più i confratelli e Dio. Ma ho qualche riserva. Perché l’attuale struttura della Congregazione funzioni meglio dobbiamo dedicare tempo alla comunicazione, lavorare molto e condividere tutto. In tutto siamo chiamati ad avere fiducia nella Provvidenza di Dio e prenderci la nostra responsabilità.


Un’ultima parola per i tuoi confratelli più giovani della Regione Beata Miriam …?
- Ecco cosa direi loro: abbiate fiducia nella Provvidenza di Dio, studiate con impegno, date importanza all’apprendimento della lingua, amate il sapere, leggete le notizie betharramite, la NEF: questo ci porterà ad una conoscenza reciproca più profonda, se, però, sarà accompagnato dall’iniziativa personale, dall’apertura del cuore e della mente, dall’accettazione delle differenze. Infine, siamo membri della  stessa congregazione, abbiamo lo stesso carisma, siamo uno in Cristo, pur appartenendo a nazioni diverse ed avendo lingue diverse. Coraggio dunque! Camminate insieme nella congregazione, condotti dallo Spirito Santo e con l’intercessione della Madonna di Bétharram e di San Michele; pronti ad andare a proclamare la buona novella ai poveri. Eccomi, io vengo per fare la tua volontà. Che Dio vi benedica.

 

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 In memoriam | Pau: P. NICOLAS AYERZA,SCJ

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Laurgain 29 ottobre 1924 - Pau 9 luglio 2011 

Il Signore ha chiamato a sé Nicolas!

Siamo rimasti insieme quasi 80 anni. Il nostro primo incontro risale ai tempi del seminario minore di Mendelu nel 1936: aveva undici anni e io dieci.
Da allora abbiamo camminato insieme attraverso il mondo di Bétharram: Mendelu (sei anni), Balarin (tre anni), Betlemme (tre anni), Bel Sito (un anno), Mendelu (due anni), America (dieci anni), Azpeitia (nove anni), Mendelu (35 anni). Oggi lui vive in Dio, mentre noi siamo ancora in cammino per raggiungerlo.
Adesso, la cosa più bella che possiamo fare è quellla di volgere lo sguardo verso Gesù nostro Signore, nostro Maestro, nostro fratello maggiore, fratello universale. Abbiamo appena sentito Pietro tracciare il ritratto di Gesù: “Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazareth, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui”.
Ebbene, nonostante le debolezze, gli errori, le miserie dei quali in questa vita nessuno è esente, bisogna dire che anche Nicolas ha trascorso la sua vita facendo del bene: come educatore nei collegi d’America, di Azpeitia, di Mendelu, o nel ministero pastorale nelle cappellanie, il servizio domenicale nelle cappelle di campagna.
Infatti, è relativamente facile mostrarsi buono e gentile con chi ci è vicino, è invece più delicato e problematico con le persone ai margini della società. Ora, tengo a sottolinearlo, Nicolas aveva una sensibilità particolare, un debole direi, per gli emarginati, i senza tetto, i clochard … tanto che bisognava a volte invitarlo ad avere più prudenza in questo apostolato così difficile.
Ecco perché, l’omaggio migliore che possiamo rendere al nostro fratello Nicolas, è quello di condividere con quelli che ci circondano le cose buone che Dio ci ha date.
E quando arriverà la nostra ora, possano risuonare alle nostre orecchie queste parole che il nostro fratello Nicolas ha già udite: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Vado a prepararvi un posto perché anche voi siate dove sono io”.

José Gogorza,SCJ


In memoriam | Brasile: P. ILLINI LINO,SCJ

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Padre Lino Illini è nato nel 1916 a Isolaccia, in Provincia di Sondrio, Italia. Ha fatto la prima professione nel 1936. In Terra Santa ha fatto gli studi di Filosofia, a Nazareth (Galilea), e di Teologia a Betlemme (Giudea), vivendo momenti di grandi sconvolgimenti, fino a sperimentare le sofferenze del campo di concentramento in Palestina, a ca usa della guerra che nel frattempo era scoppiata. Anche la sua ordinazione sacerdotale e la sua prima messa hanno avuto luogo in Terra Santa
Nel 1948 il giovane sacerdote, rispondendo all’Eccomi, attraversa l’Atlantico e si dirige verso il Brasile, venendo ad aggiungersi al gruppo di fratelli betharramiti, già presenti sul suolo brasiliano. In settembre, il nuovo missionario arriva nel porto di Rio de Janeiro, accolto dal compatriota P. Francisco Dante Angelelli.
Arrivando in Brasile, P. Lino va ad abitare nel Ginnasio San Michele in Passa Quatro, casa madre di Bétharram in Brasile. In quel periodo era ancora funzionante, a Conceição do Rio Verde, nello Stato di Minas, l’Istituto san Giuseppe, scuola primaria per alunni interni ed esterni, sotto la direzione dei padri betharramiti, P. Eduardo Mièyaà, P. Domingo Rodriguez e P. Francisco Darley. L’istituto è stato aperto fino al 1951, anno in cui sono entrato come aspirante. A Conceição, nel 1952, fu trasferito il seminario minore di Passa Quatro, insieme alla equipe di professori-formatori: i Padri Henrique Lasuén - direttore, Lino Illini, Emanuel Calvarin e altri … Dei 63 anni vissuti in Brasile, P. Lino ne ha trascorsi la maggior parte a Conceição. In un primo periodo, dal 1952 al 1968, P. Lino insegnava matematica e disegno. Nella comunità ha sempre avuto la re
sponsabilità di economo, economo senza soldi… Con i seminaristi, che in un certo periodo hanno raggiunto il numero di 110, la presenza di P. Lino garantiva la vigilanza in dormitorio. Quando veniva in ricreazione era sempre allegro ed era amico di tutti. Si dilettava, dando prova anche di una buona abilità, nei lavori manuali. Confermano questa sua propensione la quantità di utensili presenti nella sua camera. Ha dato un contribuito significativo alla costruzione della cappella san Giuseppe, del dormitorio dei padri, delle nuove aule e delle piscine, ecc.
Dopo il 1968, quando il seminario minore ritorna a Passa Quatro, P. Lino trascorre un periodo nel Ginnasio, un periodo nella tua terra natale, e un lungo periodo a Conceição, facendo compagnia a P. José Maria Ruiz. In quell’occasione, P. Lino diventa agricoltore, e coltiva nella nostra proprietà una importante quantità di caffè. Tra noi circolava questa battuta: “caffè fino (cioè di qualità) è il caffè di P. Lino”.
P. Lino aveva molta facilità nel dialogare con le persone, nel ricordare i nomi e nel saper guidare gli altri per strade e labirinti che aveva percorso anche una sola volta, come per esempio, le vie di una megalopoli come San Paolo, etc. Un’altra s
ua caratteristica era la puntualità. Nel ministero sacerdotale, che svolgeva sempre con gioia, assisteva gli ammalati e recava conforto alle famiglie in lutto.
Una volta, P. Lino, tornando dalle vacanze, preferì restare a Passa Quatro, ospite della famiglia Schianni, che lo accolse fraternamente e lo curò con molta amorevolezza fino alla mattina del 20 luglio 2011, quando tornò alla casa del Padre, a 95 anni di età e 69 di sacerdozio.

P. Paulo V. Campos,SCJ


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8. LA CAPPELLANIA BETHARRAMITA DI BETLEMME 

Sr Maria, che aveva ricevuto nel luglio 1877 l’aiuto di P. Chirou, Bétharramita, per la cappellania e anche per i lavori, non si accontentava. Secondo le informazioni ricevute dal cielo, voleva una comunità di Betharramiti. Si rivolse al Patriarca Bracco che, consapevole dello stretto monopolio francescano, oppose un rifiuto. Si rivolse allora a Propaganda Fide. Il Cardinale rispose, solo dopo 7 mesi, con un rifiuto, adducendo la stessa ragione del Patriarca: bisognava abbandonare un simile progetto! Ma, forte della rivelazione del cielo, Sr Maria scrisse al Papa, allora Leone XIII, che inoltrò la lettera a Propaganda Fide. La risposta negativa arrivò dopo la morte della Suora, morta il 26 agosto. Ma prima di morire aveva scritto alla sua amica Berthe invitandola a recarsi lei stessa dal Papa a perorare la causa. Ripeteva con certezza a P. Chirou: “È  fatto in cielo, si farà anche in terra”.
In ottobre arrivarono a Betlemme Padre Estrate e la Sig.na Berthe per prendere il cuore di Suor Maria, destinato al Carmelo di Pau. Sulla strada del ritorno, passarono per Roma e la Sig.na Berthe ottenne un’udienza da Leone XIII, al quale espose la richiesta di Sr Maria, rassicurandolo che lei stessa avrebbe provveduto a far fronte a tutte le spese di questa comunità così tanto desiderata. Il Papa ne fu convinto… In conclusione, il rescritto con l’accettazione arrivò a Bétharram alla fine di dicembre dell’anno 1878.
Sull’onda di questo successo di origine celeste, il Consiglio generale del M.R.P.Etchécopar nominò P. Chirou come superiore della futura piccola comunità composta dai Padri Estrate e Abbadie, con il fratello Hilaire. Arrivarono a Betlemme il 31 maggio 1879, la vigilia di Pentecoste. Ancora una volta, Sr Maria aveva vinto la sua battaglia.
Dietro suo ordine e di quello della Sig.na Berthe, si era provveduto all’acquisto della collina vicina a quella del Carmelo e si erano richiesti alcuni progetti per la residenza al capitano Guillemot, raccomandato dal Console. Padre Chirou li giudicò troppo grandiosi e aveva espresso le sue riserve a Sr Maria, che incontrava continuamente sul cantiere del Carmelo. Sr Maria gli chiuse la bocca con una profezia: “Lascia fare! Vedrai che da Bétharram verranno in grande numero”. La profezia iniziò a compiersi nel 1890, con l’apertura dello scolasticato; prese ulteriore slancio nel 1903 con l’arrivo del Noviziato e dei Padri espulsi dalla Francia, e ancora di più, dal 1922 al 1948.

La causa di beatificazione
Tutti coloro che avevano avvicinato Sr Maria in vita erano unanimi nel proclamarne la santità. A cominciare da Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, sempre positivo e prudente. In effetti fu lui ad assicurare molti elementi per condurre questa causa, dando ordine alle Carmelitane di annotare fedelmente per scritto i fatti e le parole di Sr Maria.
La prima guerra mondiale ha ritardato l’iter della Causa. Il promotore fu Padre Denis Buzy, di Bétharram, subito approvato e sostenuto da Mons. Barlassina, patriarca di Gerusalemme dal 1920 al 1947. Padre Buzy pubblicò nel 1922 e nel 1926 la sua Vita di Sr Maria, programmata in vista della Causa, insistendo sulle virtù. Il Processo informativo, di cui è stato il principale artefice, si aprì a Gerusalemme il 9 aprile 1919. Si ascoltarono 76 testimoni, di cui 31 avevano conosciuto bene la Serva di Dio. Il Processo terminò il 20 aprile 1922, con la ricognizione dei resti della Religiosa. Padre Buzy ne aveva pubblicato anche I Pensieri nel 1922. Il grande numero di quaderni dove le Carmelitane avevano annotato, su ordine del vescovo, i fatti e le parole di Sr Maria, furono consegnati a Roma, che li giudicò impeccabili, il 19 novembre 1930.

Pierre Médebielle,SCJ
Jérusalem (1983, pp. 201-239)

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La redazione è a cura del Consiglio Generale.

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