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14/05/2014

Le comunità internazionali

Le comunità internazionali

Al termine di quest’anno giubilare che cosa ci rimane? Forse ci rimane l’idea originaria di San Michele che ha voluto, per sé e per la Congregazione nascente, che fossimo un “campo volante”, non tanto preoccupati di “mantenere le posizioni”, quanto invece di sapersi “reinventare” per “rispondere alle richieste degli uomini, nei termini in cui il Papa e i Vescovi hanno la missione di portarle a nostra conoscenza.” (cfr. RdV 17). La formazione di nuove comunità internazionali non rientra in questa prospettiva?

Alla stesso modo ogni Regione, ogni Vicariato ed anche ogni comunità sono vincolati “strutturalmente” ad un continuo discernimento (cfr. RdV 18). Così potremo dire di aver ricevuto dei benefici dall’anno giubilare in onore di San Michele che stiamo chiudendo in questo 14 maggio…

Il Capitolo Generale del 2011 che si è svolto a Betlemme ha chiesto che si formassero delle comunità internazionali. Ciò ha messo in evidenza lo spirito missionario che ci caratterizza sia a livello regionale che interregionale. Devo dire con grande gioia che ogni volta che ho proposto ad un giovane religioso di lasciare la propria terra, il proprio Vicariato o la propria Regione, come Abramo, per andare a vivere e svolgere la sua missione in un’altra cultura, ho avuto una risposta positiva.
Come ha voluto il Capitolo Generale, ho chiesto la collaborazione, per la comunità di Pau, ai Padri Stervin (India) e Pornchai (Thailandia) e, per Mendelu, al diacono Davi (Brasile). Non è stato ancora possibile costituire la comunità di Nazareth, a causa della complessità della situazione politica, sociale ed ecclesiale delle nostre comunità in Terra Santa.
Tuttavia occorre ricordare che nelle varie Regioni ci sono molte comunità internazionali. Nella Regione Beata Miriam le comunità di Olton, Droitwich e Great Barr (del Vicariato di Inghilterra) sono composte da religiosi che provengono anche dall’India (P. Wilfred e P. Vincent) e dalla Thailandia (P. Mongkon). Ad essi è stata affidata la responsabilità delle parrocchie. Inoltre a P. Wilfred è stato chiesto il servizio di Vicario regionale dello stesso Vicariato. Questa collaborazione sottolinea alcuni elementi: innanzitutto che il Vicariato d’Inghilterra raccoglie i frutti della sua collaborazione per sostenere la nascente presenza di Bétharram in India; inoltre che il Vicariato d’Inghilterra, che prima era molto disperso a causa di ministeri pastorali più numerosi rispetto alle proprie capacità, si è riorganizzato in nuove comunità. Per fare questo, si è chiusa la presenza a Whitnash, si è potuto mantenere la presenza a Droitwich che stava per essere chiusa e che, invece, è stata una realtà molto significativa per il Vicariato dal punto di vista missionario, poi perché è una nostra proprietà e infine perché c’è il cimitero del Vicariato. Ci sono anche progetti di scambio di religiosi tra India e Thailandia.
Possiamo dire lo stesso per la Regione San Michele Garicoïts. Le comunità di Terra Santa sono sempre state internazionali. In Francia quasi tutte le comunità sono internazionali: oltre a Pau, ci sono religiosi del Vicariato della Costa d’Avorio a Pibrac (P. Emmanuel Congo), Anglet (P. Arsène Noba) e Betharram (P. François Tohonon). Questa collaborazione del Vicariato della Costa d’Avorio è anche un modo per ringraziare e compensare dell’aiuto ricevuto dal Vicariato di Francia in persone e risorse economiche per dare inizio alla presenza della Congregazione in Costa d’Avorio. Due religiosi di questo Vicariato, P. Marius e Fr. Gilbert, lavorano con grande dedizione nella comunità “S. Michele” di Bouar in Centrafrica. Il Diacono Martial Mengué (della Repubblica Centrafricana) presta il suo servizio nella comunità di Montemurlo.

La comunità internazionale di Pau con due Suore del Carmelo Apostolico

 

Nella Regione P. Etchecopar sono state fatte molteplici esperienze di scambio di religiosi nel periodo della formazione tra comunità dei tre Vicariati. Questo ha favorito la fondazione della comunità missionaria di Montevideo-Tacuarembó formata da un padre uruguaiano, P. Gavel, un padre italiano, P. Recalcati, un religioso paraguaiano, Fr. Victor e un religioso brasiliano, Fr. Wagner. Così si garantisce la continuità della presenza centenaria nel collegio e nella parrocchia di Montevideo e si avvia un progetto più missionario. Si deve anche evidenziare la collaborazione di questa Regione che ha risposto positivamente alla costituzione della comunità di Mendelu, contribuendo con la propria povertà, mediante la disponibilità e l’obbedienza del diacono Davi Lara.

Questo progetto non è affatto facile da realizzare a causa della lingua, delle differenze di cultura, di formazione e di carattese pastorale, oltre alle difficoltà di rapporti personali che, se già sono un problema nel proprio paese, si ingigantiscono con le differenze culturali. Ma i missionari betharramiti di tutti i tempi e di tutte le nazioni hanno sempre vissuto queste difficoltà, è una costante. Inoltre non possiamo pensare che il progetto si realizzi quasi magicamente, solo per il desiderio o la convinzione che sia un percorso irrinunciabile. Le cose grandi e quelle di Dio iniziano umilmente, sembrano non andare mai avanti (DS 183 - 184). Tuttavia si evolvono con pazienza e dedizione. Richiedono ai religiosi coinvolti molte rinunce alle proprie idee, ai propri progetti e alle aspirazioni personali, per far convergere la propria vita e la propria consacrazione sull’essenziale: l’esperienza dell’amore di Dio, manifestato nella persona di Gesù, che ci riempie di gioia e ci spinge a procurare agli altri questa stessa gioia. Questo è il luogo teologico dove i religiosi maturano la propria vocazione, il proprio ministero e la propria missione.
Questo progetto delle comunità internazionali contribuirà a dare un nuovo volto alla Congregazione, che da tempo sta diventando dall’essere uniculturale all’essere multiculturale. Le comunità d’America, di Terra Santa e della Thailandia hanno mantenuto per tanto tempo uno stile francese, ciò è normale ed è un bene: la maggioranza dei religiosi che formavano le comunità erano di nazionalità francese o con una formazione francese. Non si può rinunciare a ciò che si è sia a livello personale sia a livello culturale. È a partire dalla propria identità che ciascuno di noi vive, fa il bene, pratica la carità e compie la missione adattandosi il meglio possibile.
Oggi dobbiamo accettare che la realtà sia cambiata. In quasi tutti i Vicariati i religiosi sono di quel Paese e vivono con lo stile culturale del proprio Paese. Oggi, quando si chiede ad un giovane religioso di integrarsi in una comunità nei Paesi di antica presenza, egli vi giunge con la propria cultura e deve integrarsi in comunità e missioni molto strutturate per tradizione, per la secolarizzazione, per lo stile di Chiesa che convive con una società fortemente laicizzata. Non è facile, ma non impossibile.
Tutti dobbiamo collaborare per garantire questo percorso attraverso una cordiale accoglienza dei religiosi che hanno risposto generosamente con il loro coinvolgimento missionario. Queste comunità internazionali stanno dando un nuovo volto alla nostra famiglia. Sono un frutto della celebrazione del Giubileo del 150° anniversario della morte del nostro Padre San Michele Garicoïts. A Lui dobbiamo affidare questo progetto affinché risponda al rinnovamento della Congregazione desiderato da Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, all’urgenza della missione e alla felicità di tutti i nostri fratelli betharramiti.

Gaspar Fernández Pérez, scj
Superiore Generale

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