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14/11/2017

In memoriam...

Padre Raimondo Perlini scj

P. Raimondo Perlini scj

Padre Raimondo Perlini scj
Desco 23 ottobre 1937 - Albiate 27 ottobre 2017

Un missionario dal cuore grande.

Qualcuno ha scritto: “La morte, ultima messa del
sacerdote”.
P. Raimondo Perlini ha “celebrato” l’ultima sua “messa” all’ospedale di Lecco venerdì 27 ottobre 2017. Dopo 80 anni su questa terra ha reso la sua anima a Dio.
Vorrei applicare a lui le parole che san Paolo scriveva al suo discepolo Timoteo ormai al termine della sua vita: “Figlio mio, io sto per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno”.
Quel giorno per P. Raimondo è arrivato: ha terminato la corsa di questa vita terrena, ha combattuto la buona battaglia del vangelo, ha versato, ha dato la sua vita in offerta a Dio. Ora il Signore certamente lo ricompenserà perché è stato un servo fedele.
Abbiamo celebrato il suo funerale nella chiesa di Paniga lunedì 30 ottobre, con la partecipazione di 22 suoi confratelli betharramiti, del parroco don Battista, del cappellano della casa di riposo di Morbegno don Riccardo, e di tantissima gente che gli ha voluto bene. Ora riposa nel cimitero di Paniga vicino a sua mamma Maria.
P. Raimondo Perlini era nato a Paniga di Morbegno il 23 ottobre 1937. Da piccolo ascoltò la voce del Signore che lo chiamava a servirlo in modo particolare nella vita religiosa e sacerdotale. Anche lui disse: “Eccomi, Signore” come fece il Signore Gesù facendosi uomo, come fece S. Michele Garicoits, il quale diceva a se stesso: “Eccomi, o Dio, senza ritardo, senza riserva, senza rimpianto, per amore. Eccomi!”. E Raimondo nel 1948, seguendo l’esempio di P. Pierino Donini di Desco e P. Celeste Perlini di Paniga, entrò da ragazzino, come tanti di noi, in seminario a Colico. Maturò la sua vocazione, nella preghiera e nello studio.
P. Raimondo diventò religioso betharramita nel 1955 e poi venne consacrato sacerdote il 13 giugno 1963. Subito dopo partì per la nostra missione in Thailandia (Siam, come si chiamava allora). Io ho vissuto con lui in seminario per 3 anni dal 1960 al 1963. L’ho ammirato e invidiato per il grande passo che faceva: donare la sua vita al Signore portando l’annuncio del Vangelo a tante persone lontane. Da quando era andato in missione sua mamma Maria lo chiamava semplicemente: il Padre. E fu davvero un buon padre per tante persone che hanno avuto bisogno della sua testimonianza, della sua parola e del suo aiuto anche materiale per crescere come uomini e cristiani. Ha fatto tanto del bene in Thailandia del nord, nella provincia di Chiang Mai, nei 50 anni e più che vi trascorse. Si dedicò anima e corpo a educare i bambini, a celebrare i sacramenti, a catechizzare gli adulti, a dare da mangiare soprattutto ai piccoli, ad aiutare i seminaristi a crescere nell’amore di Dio e dei fratelli, a costruire chiese e scuole per dare a quella gente un luogo dove pregare e imparare a vivere. Era talmente padrone della lingua, era talmente entrato nella mentalità e nella cultura locale che gli fu chiesto di collaborare a livello nazionale alla traduzione della Bibbia in thailandese.
Più di una volta fu anche l’intermediario, me lo diceva lui stesso, tra le autorità civili e alcuni giovani italiani che erano finiti in carcere per la droga. Conosceva meglio il thailandese che l’italiano.
Era talmente imbevuto di quella cultura e mentalità orientale che quando tornava a casa per le vacanze, si sentiva a disagio, faceva fatica a parlare italiano, ma soprattutto a capire i cambiamenti sociali, culturali, politici e anche religiosi di questa nostra civiltà occidentale.
Quando mi scriveva mi raccontava della sua vita, dei suoi progetti, dei suoi impegni.
Come sacerdote e missionario è stato davvero uomo di Dio e uomo per gli altri. Si era donato totalmente alla sua missione, perché, come diceva san Paolo: ”Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo”. Anche a lui il Signore ha donato la forza di fare tanto del bene.
Scriveva Giovanni Papini: “Non temete la morte, ma soltanto l’inutilità della vita”.
La sua vita non è stata né vuota né inutile. Ha voluto imitare, sull’esempio di san Michele Garicoits, il Sacro Cuore di Gesù che ci ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Il Cuore di Gesù è stato un cuore aperto verso tutti, soprattutto verso chi è stanco, sfiduciato, povero e peccatore. E P. Raimondo come Gesù ha avuto un cuore mite perché si è messo a disposizione in un atteggiamento misericordioso, tollerante, generoso verso tutti. Come Gesù ha avuto un cuore umile perché si è messo a disposizione facendo la volontà del Padre e servendo i fratelli.
P. Raimondo è stato davvero un sacerdote secondo il cuore di Cristo. Un uomo di poche parole, ma di parola, un uomo dal cuore grande.
P. Raimondo ora è vivo presso Dio. Perché come scriveva il frate servita, Padre David Maria Turoldo riguardo ai defunti: «Non chiamiamoli morti, perché essi sono più vivi dei vivi, e ci sono vicini e presenti, e ci vedono dal di dentro. Chiamiamoli “coloro che ci hanno preceduti” e che attendono anche noi nell’incontro con il Signore». Tu, Padre Raimondo ci hai preceduti. Arrivederci in cielo.
E grazie per il bene che hai seminato su questa terra.

Alessandro Paniga, scj

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